di Enrico Flamini*

PERUGIA - Il governo italiano ha confermato il proprio profilo classista, antipopolare e antidemocratico. La lettera che Berlusconi ha consegnato a Merkel e Sarkozy accellera e candelarizza i tempi di realizzazione di misure pesanti, in verità già previste dalle due manovre di luglio e agosto, con un peggioramento nei contenuti: libertà di licenziamento, privatizzazioni, attacco alle pensioni e al pubblico impiego. Ovviamente fra i punti programmatici di un governo in agonia non c'è traccia di patrimoniale e lotta all'evasione fiscale, non c'è traccia di un qualche elemento di giustizia sociale.

L'Europa salva le banche che hanno causato la speculazione finanziaria e Berlusconi obbedisce ai dettami della lettera d'agosto della BCE, firmata da Draghi e da Trichet. In altri termini il commissariamento del nostro paese è oramai un fatto incontrovertibile, esattamente come lo è la resa agli interessi dell'Europa delle banche e delle speculazioni. Ma cosa c'entra la libertà di licenziamento con la crescita e lo sviluppo? Nel nostro paese in caso di crisi aziendale esiste già una legge, la legge 223. La verità è che si vuol dare alle imprese mano libera di licenziare, che si vuole cancellare l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, in linea con quanto previsto dallo Statuto dei Lavori di Sacconi. Si continua dunque a colpire il lavoro, le lavoratrici e i lavoratori, in modo particolare le donne con l’innalzamento dell’età pensionabile. Il governo continua a colpire i più deboli, coloro che soffrono la crisi e che da sempre sostengono l’economia di questo paese.

Certo, destano stupore le dichiarazioni e i commenti di gran parte delle opposizioni parlamentari che criticano il documento del governo, come a dire che servirebbero misure meno inconcludenti soprattutto sul versante delle pensioni.Lo stato attuale di crisi della nostra economia non dipende dai lavoratori, dai precari, dai pensionati o dai disoccupati, ma dal capitalismo neoliberista e famelico delle banche e dei gruppi finanziari. Noi pensiamo che le forze sindacali, i movimenti e la sinistra politica, anche a partire dalla nostra regione, debbano unitariamente intensificare le iniziative e le mobilitazioni per impedire che questo governo porti al massacro il nostro paese e scarichi i suoi fallimenti sulle lavoratrici e sui lavoratori. Mobilitazioni contro il governo, ma anche contro l'Europa delle banche e dei speculatori. Esattamente come abbiamo fatto il 15 ottobre. Per impedire la libertà di licenziamento, per la democrazia nei luoghi di lavoro, contro l'innalzamento dell'età pensionabile, contro le privatizzazioni e la svendita del patrimonio pubblico è necessario proseguire la lotta: sciopero generale subito.

*Segretario Provinciale Prc Perugia

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