Terza puntata di "Cosa resta del Pd Umbro". Sull'argomento abbiamo intervistato l'On. Valter Verini

A suo giudizio “cosa resta del Pd umbro”? -  Il Pd umbro, come quello nazionale, ha evidenti problemi. E deve al più presto ritrovare e rinnovare le sue radici, il suo insediamento, le sue ragioni e proposte di futuro.Lo può fare, perché rimangono - anche qui - un bisogno e una domanda di sinistra, di centrosinistra, perché c'è domanda di protezione sociale e di lavoro. Perchè l'Umbria può e deve conoscere, anche con urgenza, segnali di innovazione e anche discontinuità. Ma se queste risposte non arrivano da una forza come il Pd, se non riusciamo ad avere il coraggio necessario, la volontà di mettersi in gioco, di anteporre il NOI all'IO, allora le risposte le daranno altri, i nostri avversari. Come sta avvenendo da qualche tempo.  Mi riferisco alla destra della Lega e al caos populista di 5 Stelle, che come vediamo da quello che succede al Governo del Paese o in città come Roma, porterebbero la nostra regione in una china pericolosa. Stanno portando l'Italia verso un burrone. Con lucida incoscienza. E incompetenza. Anche l'Umbria, una realtà piccola ma significativa, sconterebbe ricadute pericolose. E poi in questa regione il PD può contare ancora su una rete importante di amministratori giovani e capaci, legati alle proprie comunità e tanti militanti ed elettori preoccupati per la crisi della Sinistra in Europa e in Italia e per i rigurgiti egoistici, xenofobi, di intolleranza, di chiusure, per le incompetenze al potere. La recente Marcia della pace Perugia-Assisi è stata in questo senso un segnale di importante vitalità e freschezza di una parte rilevante della società, soprattutto di giovani.

Intanto però escono  Sondaggi che ribaltano il mondo umbro (destra al 41 e cs al 26) nuove, amministrazioni che da 7 8 anni ogni elezione passano “al nemico” . Sembra il bollettino di una crisi irreversibile. Non le pare? E' il segno che, da anni, le rendite di posizione non bastano più. Non esiste più un voto di appartenenza. E il capitale, se non fatto fruttare, se non investito con coraggio e coerenza, deperisce. Oggi c'è forte mobilità elettorale. Ricordiamo qualche dato: il Pd di Veltroni nel 2008 prese 12.200.000 voti, con il 33,4%. Nel 2018 siamo scesi a 6 milioni, dopo aver perduto pesantemente, di seguito, tornate elettorali amministrative e regionali. E il referendum....E anche nel 2014, quando il Pd di Renzi ottenne il record percentuale del 41%, lo fece con 11.100.000 voti, cioè un milione in meno del 2008. Ricordiamo? Lo stesso giorno si votava anche per molti comuni: milioni di cittadini di quei comuni entrarono nella cabina con due schede. Alle europee fecero la croce sul Pd, alle comunali no. Allo spoglio, a quel 41% fece riscontro un 23/25% delle amministrative. Anche in Umbria perdemmo in  città importanti (Perugia, Spoleto, ci salvammo a Gubbio perché una parte non ufficiale del Pd rappresentò una alternativa   di centrosinistra e civica alle destre. Dico questo per dire che c'è grande mobilità elettorale. Che voti si possono perdere, ma che - imparando con umiltà le lezioni e correggendo gli  errori - si possono anche recuperare. Ma dobbiamo cambiare molte cose.

Lei parla di un PD che non esiste. In Umbria, il suo partito, appare legato alle “famiglie”. Ma nessuna di queste, oggi, sembra più in grado di governarlo. Oggi se qualcuno ha bisogno di parlare col “partito” non saprebbe a chi rivolgersi. L’impressione è che sia più una sigla al servizio di alcuni che un partito al servizio di tutti.  Questo è un punto fondamentale per me. Vede, le correnti c'erano anche nel PCI, nella DC, nel PSI. Però - pur in mezzo ad asprezze a volte non certo esemplari - a prevalere era una cornice comune, un progetto comune. Io sono stato, prima del PD,  nel PCI-PDS-DS. Anche lì c'erano le aree. Ma erano aree di forte dibattito politico. Berlinguer, Amendola, Ingrao, Napolitano...  Berlinguer aveva due esponenti come Amendola e Ingrao leader della "destra" e della "sinistra" interna che spesso divergevano - nelle discussioni interne - dalla sua linea. Quando però nel 1976 dovette fare il nome del primo Presidente comunista della Camera, non fece quello di un suo fedele, ma quello di Amendola (che rifiutò) e poi quello di Ingrao, che esercitò con grandissima autorevolezza quel ruolo. E i Napolitano, i Chiaromonte, facevano i Presidenti dei gruppi parlamentari. O quando nella DC prevaleva Moro, gli Andreotti, i Fanfani ricoprivano posizioni eminenti, e viceversa. Nel Pd - a tutti i livelli -  non ci sono correnti, ma correntismo, troppo spesso personalismi deteriori. Troppo spesso il PD finisce sui titoli dei giornali con associate queste parole: "rissa", "scontro", "divisione". "resa dei conti", "ultimatum", "ricorsi". Il problema è che queste cose non avvengono su politiche, ma su lotte per gli incarichi, etc. Vede, il potere è fondamentale, è necessario detenerlo per cambiare le cose, per migliorare la vita delle comunità, ma il potere, per questo, è un mezzo. Troppo spesso sembra che dalle nostre parti sia invece un fine per il quale ingaggiare battaglie sanguinose. Ma i cittadini si chiedono: ma perché questi litigano tanto per gli incarichi? E noi diventiamo meno credibili. Quello che voglio dire è che accanto a correzioni programmatiche, politiche, di analisi della realtà, dobbiamo far toccare con mano, ogni giorno, che ci sono forze che fanno politica per la comunità, non per se stessi, Per il futuro di tutti, non per il nostro personale. Non diamo sempre quanto dovremmo  questa impressione e questi scontri hanno anche contribuito ad aggravare la nostra situazione in realtà come Terni, Umbertide, Spoleto.

Cristofani lamenta poca discussione sui perché di questo disastro e vuole un segretario subito. Ha ragione? Sono d'accordo con Cristofani. Con qualche sottolineatura. Le cause delle nostre sconfitte sono europee, nazionali e anche locali. Nel senso che il trend umbro non è diverso da quello dell'Emilia, della Toscana, delle  Marche. C'è però un elemento da non sottovalutare. Se è vero che in ogni Paese democratico (e nelle Regioni) chi governa nei tempi di crisi perde le elezioni, è anche vero che noi dobbiamo  porci il problema di come provare a invertire questa tendenza. A livello nazionale ed europeo è necessario attrezzare al più presto risposte contro destre che vogliono demolire una Europa che va cambiata radicalmente, ma non abbattuta. Dalla fine dell'Europa guadagnerebbero forse Putin e Trump, non l'Italia. Dal dominio degli Stati nazionali e dai muri l'Italia uscirebbe debole e forse a pezzi. E gli strati più deboli, le famiglie, le imprese e soprattutto i giovani vedrebbero drammaticamente peggiorata la propria condizione, le proprie prospettive di lavoro, di vita. E i poveri aumenterebbero. Ma è evidente che anche in Umbria dobbiamo essere noi - in maniera coraggiosa e aperta - a veder insieme i risultati positivi raggiunti (che ci sono) ma anche i limiti, gli errori, le pigrizie, le chiusure. E avere la forza - insieme - di introdurre rapidamente i necessari cambiamenti. Quanto all'urgenza di un segretario, io avverto soprattutto l'urgenza di una cosa che si chiama gruppo dirigente. Aperto, unito, diffuso. Plurale. Fatto di esperienze più mature e da altre più giovani. Con radici consolidate e voglia di nuovi terreni e nuovi linguaggi tipici delle generazioni più giovani cui spetta a noi passare il testimone. E spetta loro dimostrare di meritarselo sul campo.

Lei si è offerto con “spirito di servizio”. Ma la sua disponibilità è stata letta come un ritorno della vecchia guardia. Insomma la “nuova guardia” si fida solo dei “suoi” e non molla l’osso. Non è anche questo un segnale di decadenza culturale?  Guardi, in una situazione difficile, con diverse macerie, da ricostruire, mi è stato chiesto da tantissime parti di dare una mano. Io, come tutti, ho i miei limiti e i miei pregi. E penso che siamo tutti utili e nessuno indispensabile. Mi è stato detto: in un momento come questo servirebbe una persona che abbia una certa esperienza, che creda nel Partito Democratico e nel centrosinistra, che  dia molto rilievo alle radici ideali e ai valori, alla memoria. Naturalmente non per guardare indietro con lo specchietto retrovisore, ma per costruire un nuovo futuro su basi solide, non sull'argilla o su idee poco profonde. (Mi accontenterei di una cosa a metà tra i chilometrici articoli di Rinascita  e la frettolosità superficiale della dittatura del tweet).  Ci vorrebbe - mi è stato detto - uno che creda  alla necessità di riscoprire una cosa semplice e bella che si chiama "partito aperto", che viva ogni giorno la vita vera dei cittadini, a partire da quelli più deboli e fragili, che cerchi di rapportarsi con tutta la società umbra. Ogni giorno. Come partito e non solo con lo strumento del governo locale. Che provi a rimettere insieme gruppi dirigenti troppo spesso divisi, a livello regionale e nelle città, specialmente in quelle che andranno al voto a primavera. Che aiuti a consolidare e a irrobustire  nuove generazioni. E infine che provi ad aprire questo partito, ad spalancare porte e finestre. Io ho risposto: sentite, ho impegni significativi. Faccio il Responsabile nazionale Giustizia del Pd. Sto in Commissione antimafia. Però capisco che l'Umbria è la mia regione e se mi si chiede una mano in questo senso, non posso tirarmi indietro, evidentemente rinunciando a qualche esperienza per me molto gratificante. E ho aggiunto e ripeto qui che chi sarà chiamato a guidare il partito dovrà chiamarsi fuori dalla corsa per la candidatura al vertice della Regione. Dovrà essere arbitro, allenatore, non giocatore. Così avrà più credibilità e autorevolezza. E autonomia. E in ogni caso, io mi batterò in qualsiasi ruolo, come cerco di fare adesso, per una idea di Politica e di partito in cui credo.

Il centrosinistra non è una formula morta? Se per centrosinistra si intende una sommatoria di sigle e siglette sì. Se a queste si aggiungono tante forze della società, tante associazioni, tante realtà civiche, tante forze del lavoro,  del volontariato, della cultura, delle nuove generazioni digitali e così via, una nuova idea e nuove affermazioni del centrosinistra sono possibili.

Ricominciare o aggiustare questo è il problema? Per me sarebbe stato meglio fare i congressi regionali dopo quello nazionale che - si spera - dovrebbe definire i nuovi orizzonti ideali, politici e programmatici del PD che per me dovrebbe  ripartire - con i necessari aggiornamenti e correzioni (anche legati all'analisi della globalizzazione che, insieme a grandi opportunità, ha prodotto anche drammatiche diseguaglianze allargando le povertà) dalle origini, dal Lingotto di Veltroni, dal suo discorso all'Italia di Spello. A livello nazionale è stato deciso di celebrare prima i congressi regionali. E così sarà. In tanti abbiamo chiesto e  auspichiamo che non ci si limiti a una conta tra candidati, senza respiro politico e programmatico. Per questo abbiamo condiviso l'idea di far precedere in Umbria candidature, votazioni etc. da un serio  momento programmatico, aperto a forze vive della società regionale, che possa rappresentare la cornice entro la quale i candidati che ci saranno potranno ritrovarsi. Su una base comune che ognuno potrà interpretare con le sue idee e caratteristiche politiche. Non so se servirà a evitare rischi di "conte" ed eserciti (sempre più piccoli) contrapposti. Però dobbiamo provarci, con umiltà. E dobbiamo farlo discutendo anche con "asprezza" politica, ma sui contenuti. Se si vuole litigare su altro, se si pensa che l'avversario interno sia un nemico da abbattere, il congresso servirà a poco, anzi, sará un danno che si aggiunge ai danni.  E la casa finirà di bruciare. Ma a rimetterci, da una sinistra, da un centrosinistra rasi al suolo, sarebbero l'Umbria e i suoi cittadini.

 

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