PERUGIA - Morti bianche tre trimestri di emergenza in crescita. A confermare l’allarme sono i dati elaborati dall’Osservatorio mestrino aggiornati alla fine di settembre 2011.
Il bilancio parla chiaramente: i decessi sono stati 403 contro i 381 rilevati nello stesso periodo del 2010 con un incremento, quindi, del 5,8 per cento.

La Lombardia continua a tenere le fila delle stragi sul lavoro con 56 vittime (10 in più del mese di agosto), seguita dal Veneto (36), dall’Emilia Romagna (33), dal Piemonte (31), dalla Toscana (30), dalla Sicilia (29), dalla Campania (27), dal Lazio (26), dalla Puglia (23). Quattro i morti in Molise come in Valle D’Aosta, cinque in Basilicata, sette in Umbria, otto in Friuli Venezia Giulia, undici in Sardegna, dodici in Liguria e in Calabria, 13 nelle Marche, 15 in Trentino Alto Adige e 21 in Abruzzo.

Altra graduatoria, poi, giunge dall’Osservatorio di Vega Engineering quando gli esperti calcolano le morti bianche rispetto alla popolazione lavorativa. E infatti a salire sul podio è la Valle D’Aosta dove viene registrato un indice di incidenza sugli occupati pari a 70,9 contro una media nazionale di 23,5; secondo l’Abruzzo (42,5) terzo il Molise (36,1), quarto il Trentino Alto Adige (32,2) e quinta la Basilicata (26,2). Così la sicurezza sembra essere un’emergenza maggiormente sentita nelle regioni più piccole. Tant’è che i dati di incidenza di mortalità più bassi vengono rilevati nel Lazio (11,6) e in Lombardia (13). Ma stanno al di sotto dell’incidenza media nazionale (23,5) anche il Veneto (17), l’Emilia Romagna (16,9), la Toscana (19,1), il Piemonte (16,7) la Campania (16,8), la Puglia (18,6) e la Sicilia (19,8).

Ancora sul fronte delle incidenze, la situazione più sconfortante considerando la popolazione lavorativa per macroaree è quella delle Isole (19,4), seguita dal Nordest (19,1), dal Sud (18,5), dal Centro (18,1) e dal Nordovest che si rivela essere - nel male - quella più ‘virtuosa’ (15).

Nella classifica provinciale per la prima volta ad indossare la maglia nera sono insieme Brescia e Torino dove nei primi nove mesi del 2011 le vittime del lavoro sono state 13; seconde sono Bolzano, Frosinone e Milano (11 decessi), terze sono invece Chieti e Bologna (9). A Napoli e a L’Aquila (8). Sette le vittime a Savona, Lecce, Padova e Roma; sei a Belluno, Macerata, Arezzo, Latina, Cagliari, Catania, Salerno, Varese e Bergamo.
Diversa la situazione quando si considerano le incidenze. Un triste primo posto viene assegnato, quindi, a L’Aquila (71,8), seguita da Aosta (70,9), da Belluno (67,7), da Chieti (64,2), da Frosinone (64,1).
La mortalità in agricoltura continua ad essere pesante con il 38,5 per cento del totale dei decessi sul lavoro, seguiti da quelli in edilizia (22,8 per cento).

Seguono le morti bianche rilevate nei settori: del commercio e nelle attività artigianali. Secondo i dati, disponibili nel sito www.vegaengineering.com, sono il 14,6 per cento del totale. Il 5,5 per cento dei decessi si è verificato nei trasporti, magazzinaggi e comunicazioni, mentre nei servizi il 3,5 per cento. E ancora il 3 per cento nella produzione, distribuzione, manutenzione di energia elettrica, acqua e gas; il 2,2 per cento nello smaltimento rifiuti; l’1,2 nelle industrie estrattive e nella produzione e lavorazione dei metalli e autoveicoli; l’1 per cento nell’industria alimentare.

Analizzando le cause di morte si scopre che la caduta dall’alto continua a rimanere la più frequente con il 24,8 per cento dei decessi sul lavoro. Seconda è il ribaltamento di un veicolo o di un mezzo in movimento (22,1 per cento dei casi); terza lo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti pesanti sulle vittime (18,4 per cento). Per investimento di mezzo semovente è deceduto il 6,7 per cento dei lavoratori e per contatto con organi lavoratori in movimento il 5,5 per cento. Il 4,5 per cento a causa di un tragico contatto con oggetti o mezzi in movimento; per un’esplosione il 3 per cento; per annegamento è deceduto il 2,7 per cento delle vittime, per incendio il 2,5 e per seppellimento o sprofondamento l’1,7 per cento.

Le donne decedute sono 7 in nove mesi, gli stranieri che hanno perso la vita sul lavoro in Italia sono 50, ovvero il 12,5 per cento delle morti bianche del nostro Paese. Si tratta soprattutto di rumeni (44 per cento della popolazione straniera deceduta sul lavoro) e albanesi (12 per cento).
Le fasce d’età più a rischio sono quelle di quarantenni e cinquantenni (178), ovvero il 44,3 per cento delle 403 morti bianche. Ma resta preoccupante anche il numero di vittime tra gli ultrasessantenni (115 persone, pari al 28,6 per cento dei casi).
 

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