Di Ciuenlai - I comunicati roboanti degli organismi statutari che annunciano grandi e folgoranti vittorie  fanno finta di non sapere che le divisioni di quel partito non sono scomparse col finto congresso, anzi si sono acuite. C’è un pezzo (sicuramente maggioritario) che “divinizza” Bori e un altro (certamente corposo) che non lo riconosce come segretario. Insomma da una parte c’è “l’ombra di un partito” e dall’altra un presunto “partito ombra” (diviso anch’esso), che ha ufficiosamente annunciato che darà vita ad iniziative e manifestazioni autonome, pur non costituendosi  in corrente. Sarà però un partito parallelo che darà battaglia, in maniera diversa,  soprattutto sul territorio.

Una brutta situazione che non è sfuggita alla segretaria nazionale. Letta avrebbe preso atto del “disastro umbro”, ma non sarebbe intervenuto  in prima battuta, perché essendo arrivato da poco era immerso in “cose più importanti” delle vicissitudini di “un quartiere di Roma” (la definizione della nostra Regione attribuita a D’Alema).  Ma passata “a nuttata” il Segretario avrebbe deciso di mettere le mani sul più grande dei disastri politici locali del suo partito.

La pratica sarebbe stata affidata al coordinatore della segreteria nazionale Marco Meloni, per far capire a tutti che è un intervento “di peso” e non di circostanza. L’esponente di primo piano avrebbe già preso contatto con i punti di riferimento di Letta a Perugia e a Terni. Lo scopo sarebbe quello di dare vita ad un piano di ricomposizione. L’obiettivo è il riconoscimento delle parti che oggi si combattono.

Il primo passo toccherebbe al segretario.  Bori dovrebbe richiedere ed affidare la gestione di una così delicata operazione ad un organismo terzo riconosciuto tale dalle parti. Potrebbe essere, appunto, la direzione nazionale, che attraverso la conferenza di organizzazione, già annunciata dall’attuale segretaria,  potrebbe aprire una discussione vera e partecipata da tutte le anime del Pd, superare la finta unanimità congressuale,  con conseguente risistemazione finale dei contenuti e (soprattutto) degli organismi dirigenti e degli incarichi. Il risultato “da portare a casa” sarebbe una investitura avvallata da tutti per Bori e una gestione unitaria e condivisa del partito per gli altri.

Lo scoglio da superare è l’attuale segretario che non sembra incline a concessioni, anche minime. Figuriamoci a bombe come questa che sa tanto di azzeramento della tornata congressuale di questi giorni. Tenendo duro potrebbe riassorbire i ribelli del Trasimeno, ma per il resto sarebbe guerra aperta e con le amministrative alle porte c’è il rischio di guai seri .  

Perdere Assisi, non riuscire a vincere in condizioni irripetibili come quelle di Spoleto , non tenere il comune più grande oggi amministrato in Umbria (Città di Castello) sono tutte cose che possono fare la differenza. Vista la drammatica situazione umbra il Pd può fare risultato solo se da un minimo di idea di unità. Una cosa che non solo rassicura l’elettorato, ma convincerebbe anche i possibili alleati ad entrare in coalizione con i democratici. Ma se invece avremo in ognuno di questi municipi una lista ufficiale e una lista civica di disturbo, “la veggo brutta” diceva il Bastino. E cosa ha da guadagnarci l’attuale segretario da una simile contrapposizione frontale è un mistero.

LETTA A SIENA – Il povero Enrico Rossi era venuto in Umbria a fare il commissario come “passatempo” politico  in attesa di iniziare la campagna elettorale per il collegio vacante di Siena. Poi ha sentito prima il “rumore di Conte” e poi il frastuono, che dico,  il boato di Letta . Eh si sarà, molto probabilmente, proprio il segretario a rappresentare il Pd e i suoi alleati alle suppletive del sud della Toscana. Sarebbe questa la ragione per cui il commissario Pd dell’Umbria, aderendo alle richieste di Zingaretti,  ha sbrigato in “quattro e quattrotto” una situazione che richiedeva riflessione, tempo e una corposa opera di mediazione. Addio Nanni!

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