L’eserto di economia Giacomo Ferrari (“Corriere della Sera 29 dicembre,  p. 31) titola ISTAT, in 10 anni dipendenti pubblici aumentati del 2,5%. 

Si tratta, se fosse vera, di una bella notizia, che meriterebbe di essere  pubblicata sul supplemento dedicato appunto alle “buone notizie” del  medesimo quotidiano. Senonchè il titolo non corrisponde (succede spesso in redazione) al  contenuto. Il lettore frettoloso non se ne accorge. Leggendo l’articolo (e  potendo anche il report ISTAT sul sito dell’istituto di statistica) si scopre che  il dato complessivo del 2,5% va scorporato per risultare corretto: a fronte di  un incremento del 58,9 di contratti a termine (+145 mila unità), c’è stato un  calo del 2,8% di quelli a tempo indeterminato (-73 mila). E, come abbiamo  visto per il Ministero dell’Interno, i contratti di somministrazione (così si  chiamano in burocratese) non sono stati rinnovati. 

La Pubblica Amministrazione, in specie i Ministeri, vivono sotto organico da  dieci anni, con il rischio di offrire un servizio inferiore alle attese (vedi Sanità)  o addirittura nessun servizio. I contratti a termine non risolvono il problema,  semmai lo aggravano: per formare un dipendente pubblico ci vogliono anni,  altro che storie. Del resto la Legge di Bilancio 2023 definisce “grave” la scopertura di  organico negli uffici giudiziari (comma 867) ed ha autorizzato il Ministero ad  assumere cento funzionari “al fine di rafforzate l’offerta trattamentale  nell’ambito degli istituti penitenziari” (comma 858). 

Resta il fatto che la stessa Legge rinvia al 2024 l’assunzione di altro personale  nel Comparto Funzioni Centrali - che ha appena rinnovato il Contratto  2019/2021 - rendendo vani gli auspici sindacali (comma 891). 

Mario Centini

 

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