L'Umbria vive ormai una condizione di depressione permanente.
Si continua a discutere di crisi dell’Umbria, qualcuno si azzarda ancora a negarla, ma siccome un vecchio adagio recita: ”nomina sunt consequentia rerum” cerchiamo di vapire veramente di cosa stiamo parlando.
La Treccani definisce il termine “crisi” come una difficoltà più o meno grave, ma comunque legata ad un concetto di temporaneità. E’ questa la categoria concettuale entro la quale possiamo inquadrare i processi economici e sociali dell’Umbria?
Vediamo.
Prima dell’inizio della cosiddetta “crisi”(2008), la nostra regione aveva un alto tasso di occupazione e uno dei migliori indici di coesione sociale del Paese. Un tessuto di welfare inclusivo sul terreno sociale e sanitario, che ha fatto dell’Umbria un eccellenza.
Oggi, nel 2017 il tasso di occupazione è sceso al 61,3%, rispetto al 65,2% del 2008 abbiamo perso il 16,5% del PIL e il prodotto pro/capite è sceso a 22.400 euro (in termini reali –5.000 euro, -617 euro a testa). I posti di lavoro cancellati sono stati 35 mila, di cui 15 mila nel 2016. La tendenza in atto non indica nessun miglioramento, basta pensare al dato INPS, che indica la nostra regione come maglia nera nel crollo delle assunzioni a tempo indeterminato (-46,1%) e con i voucher, che nel 2016 hanno ampiamente superato quota 2 milioni.
Se questi sono i numeri sul terreno economico e del lavoro, non va meglio sul versante sociale. L’ISTAT ha evidenziato, nel suo ultimo rapporto, che il 28,5% degli umbri è a rischio povertà e il 10,4% vive una situazione di grave difficoltà. Parliamo di oltre 80mila persone!
Come se non bastasse, perdiamo sempre piu’ abitanti (- 5.600 in 2 anni). E come ci insegna il demografo Alessandro Rosina la demografia è l’altra faccia dell’economia.
Per affrontare questa situazione, non serve tentare di minimizzarla o edulcorarla, ma bisogna invece guardare in faccia la realtà, per mettere in campo un progetto alternativo. Tutto questo è necessario ed è anche possibile se si acquista la consapevolezza che non dobbiamo affrontare una semplice “crisi” ma una vera e propria ”depressione permanente”. Del resto questo è il termine che l’economista Paul Krugman ha utilizzato per descrivere la situazione economica dell’Europa con le attuali politiche dell’austerity.
L‘Umbria ha difficoltà sicuramente non inferiori a quelle del vecchio Continente. E la stessa Italia vive una delle situazioni piu’ difficili. Come ha ricordato recentemente Pierluigi Ciocca, ex vicedirettore generale di Bankitalia, il nostro paese produce l’8% in meno rispetto al 2007, i consumi sono del 5% aldisotto, l’occupazione è a meno 3% e gli investimenti si sono ridotti del 28%. Quindi la presa d’atto di una necessaria radicalità nell’analisi è la prima condizione per uscirne.
Mario Bravi,
Presidente IRES CGIL Umbria
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