Il Consiglio di Stato nei giorni scorsi ha sentenziato che non si possono mettere tickets sulla libera attività che i medici svolgono sfruttando gli ospedali pubblici.

Con le visite in intramoenia, il medico pubblico esercita la libera professione, a circa 150 euro a visita e guarda caso le liste di attesa si sono  progressivamente allungate a dismisura.
 
Nel 2011, il governo Berlusconi introdusse una tassa di 10 euro aggiuntivi per ogni ricetta.

La giunta regionale dell'Umbria ritenne ingiusto e iniquo questo nuovo tributo che andava a colpire pazienti con redditi anche molto diversi e, siccome quelle risorse andavano recuperate in altro modo perché erano state tagliate dal fondo sanitario nazionale, decise di recuperarle con una tassa a carico dei medici, tra il 29 e il 20%, anche per tentare di frapporsi ad una pratica che aveva assunto dimensioni preoccupanti.

Da allora si è scatenata negli anni una lotta acerrima contro il ticket sulla libera professione esercitata nelle strutture pubbliche, con protagonisti tutti i sindacati confederali, di categoria, corporativi, anche qualche associazione di consumatori e la solita canea liberista e di destra.

Una vera e propria lotta di classe della corporazione medica che è riuscita, con questa sentenza del Consiglio di Stato, a riportare a casa il risultato.

Quella del Consiglio di stato è una sentenza ingiusta e sbagliata.

Adesso che succede, paghiamo 10 euro in più per ogni ricetta?

La lotta di classe non è andata in pensione, solo che oggi la fanno i ricchi contro i poveri.

Stefano Vinti,
assemblea  nazionale Sinistra Italiana

Condividi