Il 'prezzo' del caro energia, le imprese attive in calo in Umbria e in Italia
Movimprese: dal II al III trimestre 2022, quando il prezzo del gas ha raggiunto l’apice,le imprese attive in Umbria sono scese di 444 unità e in Italia di 21mila 794. Se il confronto si fa su base annuale (III trimestre 2022 contro lo stesso trimestre 2021) si hanno -383 imprese attive in Umbria e -41mila 650 in Italia. La dichiarazione del Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni.
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Arrivano i primi dati su quanto, finora, sia costato in Umbria e in Italia – in termini di chiusura delle imprese – il maxi aumento delle bollette dell’energia, che nel III trimestre 2022 ha toccato il suo acme ad agosto con il prezzo del gas schizzato sul mercato TTF di Amsterdam a 342,72 euro/MWh, rispetto alla forchetta 13,4 – 30,5 euro per MWh del biennio 2018-2019.
Il calo delle imprese attive ‘spia’ del contraccolpo dei maxi rincari dell’energia
I dati Movimprese del III trimestre 2022, il trimestre in cui appunto la questione bollette dell’energia è stata più grave, evidenziano che le imprese attive in Umbria sono scese di 444 unità rispetto al trimestre precedente e di 383 rispetto al III trimestre 2021. Un dato importante, quello delle imprese attive, ossia effettivamente operanti, perché magari le aziende non chiudono, cancellandosi dal registro delle imprese tenuto presso le Camere di Commercio, ma congelano la loro attività, nella speranza di poterla riprendere in futuro.
Il ‘prezzo’ dei maxi rincari dell’energia è stato quindi in Umbria di 444 aziende attive in meno su base congiunturale e di 383 se invece il confronto si fa tra III trimestre 2022 e III trimestre 2021. Ma nella realtà è ancora maggiore, se si considera che, se i maxi incrementi non ci fossero stati o se fossero stati meno incisivi, il trend di crescita delle aziende effettivamente operanti nel 2022 non sarebbe andato distante dall’incremento registrato nel 2021, visto il proseguire della crescita del Pil.
Si tratta tuttavia di un solo trimestre e occorrerà attendere i dati del IV trimestre per capire se queste chiusure o congelamenti delle attività siano proseguiti o se invece, con il rientro parziale dei maxi aumenti, la situazione sia cambiata.
Se si guarda al recente passato, situazione ben diversa era quella che si presentava nel III trimestre 2021, quando in Umbria le imprese attive erano cresciute di 167 unità rispetto al trimestre precedente e di ben 564 unità rispetto al III trimestre 2020, quando ancora mordeva forte la pandemia.
Il confronto Umbria-Italia
Le imprese umbre, rispetto all’andamento medio nazionale, mostrano di aver subito un po’ di più il contraccolpo dei maxi aumenti dell’energia su base congiunturale, mentre invece appaiono più resilienti se si guarda al confronto annuale. Infatti le imprese attive nella regione, tra il II e il III trimestre 2022, scendono da 80mila 431 a 79mila 887, con un calo dello 0,55%, contro il -0,42% della media italiana (-21mila 794 imprese attive, quando nel 2021 il bilancio era stato di +47mila 344). Ma se si fa il confronto su base annua, tra il III trimestre 2022 e lo stesso trimestre 2021, il calo del numero delle imprese attive in Umbria è dello 0,48%, contro quello quasi doppio della media nazionale (-0,8%, con la perdita di 47mila 344 effettivamente operanti).
Questo potrebbe voler dire che le aziende umbre hanno assorbito meglio gli aumenti del prezzo delle bollette energetiche – aumenti, va ricordato, iniziati nell’autunno del 2021 - ma che abbiano poi ceduto di più quando i rincari si sono fatti insostenibili.
E certamente questi aumenti hanno pesato e pesano non poco sui bilanci delle imprese, in termini di una forte compressione dei margini di profitto, anche per quelle aziende che hanno aumentato il fatturato grazie a una ripresa economica che nel 2022 è stata comunque rilevante (il dato acquisto della crescita del Pil è del +3,9%, con la previsione di chiudere il 2022 a +3,7%). Come d’altronde era avvenuto nel 2021, quando i fatturati delle imprese sono aumentati in maniera importante grazie a un Pil che nel 2021 fece +6,6%, ma se si va a guardare i margini di profittabilità, dal Margine operativo lordo agli utili, sono risultati compressi causa appunto il forte aumento del costo dell’energia e più in generale delle materie prime.
La base occupazionale delle aziende comunque si amplia, in Umbria come in Italia
Continua invece la crescita di fondo della base occupazionale delle aziende. Se si guarda alle imprese compresenti nel triennio III trimestre 2019-2022 (senza quindi considerare le nuove iscrizioni e le eventuali cancellazioni dal campione), in Umbria le imprese – tra il II trimestre 2021 e lo stesso trimestre 2022 – hanno aumentato il numero degli addetti del 4,2% (un po’ meno del 4,7% della media nazionale, ma ciò si può spiegare con lo sforzo che il sistema imprenditoriale sta facendo dal 2015 per recuperare la notevole perdita di produttività patita durante la Grande recessione). Occorrerà tuttavia vedere cosa accadrà con il presumibile rallentamento dell’economia nel IV trimestre 2022 e soprattutto nel 2023, quando la crescita dovrebbe scendere allo 0,6% rispetto al +3,7%-+3,9% stimato per il 2022.
La dichiarazione
“Le imprese umbre - afferma Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria – hanno dimostrato di saper contenere, con enormi sacrifici in termini conti aziendali, l’impatto dei maxi aumenti dell’energia. Il numero delle aziende attive è sceso ma non come era legittimo temere di fronte al prezzo impazzito dell’energia e agli altri rincari delle materie prime. Tuttavia il fatto che, dopo aver tenuto botta fino al II trimestre 2022, nel III trimestre si sia verificato un incremento non trascurabile delle aziende che, magari non chiudendo, hanno congelato la propria attività in attesa di tempi migliori, è il segnale che non poche attività sono allo stremo, perché i margini di profittabilità aziendale sono davvero scesi al lumicino. E margini di profittabilità ultra compressi significano meno investimenti e meno crescita dell’occupazione, oltre a un’occupazione più fragile e precaria. Per questo servono misure incisive sia sul fronte del contenimento dei costi energetici sia sul fronte del taglio al cuneo fiscale, ridando fiato alle retribuzioni dei lavoratori di fronte a un’inflazione al galoppo”.
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