In piazza: per l'art. 18, contro le ingerenze di Re Giorgio
di Redazione
Oggi dalle 15 manifestazione in Piazza Montecitorio. Contro il governo Monti, per difendere l'articolo 18, e per ricordare a "Re" Giorgio Napolitano che l'Italia è una repubblica, e non una monarchia.
Mentre in tutta Italia gli operai aderenti alla Fiom e gli attivisti dei sindacati di base sono mobilitati contro l'attacco all'articolo 18 e agli ammortizzatori sociali, oggi a partire dalle 15 l'Unione Sindacale di Base, il Comitato No Debito e le organizzazioni della sinistra saranno in Piazza Montecitorio per manifestare contro il governo Monti. Dopo le ingerenze e le pressioni di Giorgio Napolitano sulla leader della Cgil Susanna Camusso affinché firmi subito l'intesa con Governo e Confindustria (come se ne avesse bisogno), dalle forze dell'opposizione sindacale si levano parole dure contro il capo dello Stato.
"Se il Presidente Napolitano, che oggi utilizza tutta la sua autorevolezza sulle forze sociali per arrivare ad un accordo che cancellerà l'art. 18, avesse esercitato altrettanta opera di convincimento per sostenere la necessità di una forte e consistente patrimoniale - dichiara Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo nazionale USB - forse oggi qualche ricco sarebbe un po' meno ricco, qualche povero si vedrebbe un po' meno tartassato e sicuramente non ci sarebbe bisogno di mettere le mani su quei pochi diritti che rimangono ai lavoratori, dopo decenni di taglieggiamenti continui e di travaso di denari dalle tasche di molti a quelle di pochi”. “Avremmo sicuramente preferito quel tipo di ingerenza - sottolinea Tomaselli - a quella a cui oggi assistiamo, in un crescendo di pressioni e di dichiarazioni che arrivano ormai da tutte le parti politiche ed istituzionali e che in modo ingiustificato ed inaccettabile entrano nel merito di argomenti che sono, storicamente, socialmente e giuridicamente, prerogativa dei lavoratori e di chi li rappresenta”.
Aggiunge il dirigente USB: “Certo, vedendo le dichiarazioni dei redditi e delle proprietà dei parlamentari e dei senatori, compreso il Presidente del Consiglio Monti, viene da pensare che difficilmente si sarebbe giunti ad una patrimoniale (...).”. Conclude Tomaselli: “Noi, per uscire dalla crisi, continuiamo invece a sostenere, tra l'altro, la necessità di una forte patrimoniale, il non pagamento del debito, la nazionalizzazione di banche e grandi industrie strategiche per il Paese. Oggi, Signor Presidente Napolitano, saremo in Piazza Montecitorio per sostenere il punto di vista dei lavoratori, e il 31 scenderemo in piazza a Milano in una manifestazione contro il Governo Monti. Saremo forse meno autorevoli di Lei, ma sicuramente ci sentiamo molto vicini alle esigenze di chi lavora”.
Da parte sua il leader della minoranza di sinistra della Fiom Cgil ricorda a Napolitano che l'Italia non è una monarchia: "Abbiamo sentito con fastidio e anche con rabbia le ultime parole del Presidente Napolitano sulla trattativa sindacale sull'articolo 18. (...) Il Presidente della Repubblica si è recentemente rifiutato ancor solo di ricevere i sindaci della Valle Susa in dissenso con la Tav. Non avrebbe fatto nulla di eversivo nell'ascoltarli, ma non lo ha fatto e ha argomentato questa sua scelta con non essere di sua competenza la materia. Allora perché una trattativa sindacale lo è? (...) Il Presidente ieri ha affermato - continua Cremaschi - chiaramente rivolgendosi al sindacato, che di fronte alla crisi non si possono sostenere oltremisura gli interessi particolari.
Non siamo d'accordo. L'articolo 18 non è un interesse particolare, esso tocca alla radice il significato dell'articolo 1 della nostra Costituzione. Quello che sancisce che la democrazia della nostra Repubblica è fondata sui diritti del lavoro e non solo sul diritto al lavoro. La cancellazione dell'articolo 18, alla quale sta provvedendo il governo con i suoi provvedimenti ipocritamente presentati come manutenzione, rappresenta un attacco ai diritti fondamentali di libertà nei luoghi di lavoro. Se questi non sono estesi a tutto il mondo del lavoro, la questione di fondo è come estenderli e generalizzarli e non come toglierli a chi ancora li ha. Così pure la messa in discussione dell'assurda pletora di contratti precari, la garanzia del salario in caso di crisi, non sono beni particolari, ma valori costituzionali, che decidono della qualità sociale e del livello reale della nostra democrazia. Ha sbagliato profondamente nei toni e nel linguaggio il Presidente della Repubblica, secondo noi. E ancor di più l'ha fatto considerando il suo continuo interventismo a sostegno del governo.
Non siamo costituzionalisti, ma qui sentiamo qualcosa di malato che si sta diffondendo nelle nostre istituzioni. Se il Presidente della Repubblica - conclude l'esponente del Comitato No Debito - deve continuamente intervenire a sostegno del governo, non siamo più in una repubblica parlamentare. In ogni caso non siamo nella repubblica definita nella nostra Costituzione. Time tempo fa ha pubblicato una copertina con la foto di Napolitano e la scritta: "King George". E' simpatica l'ironia anglosassone, ma l'Italia non è una monarchia".
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