Perché Bocci non è più così deciso a candidarsi alla presidenza della Regione
Il sottosegretario Gianpiero Bocci, stando ad alcuni suoi fedelissimi, non sarebbe più così sicuro di voler correre, nel 2020, per la presidenza della Regione Umbria. Non scenderà in campo come candidato se il clima tra i cittadini umbri, dopo che già nel 2015 il centrosinistra guidato dal Pd vinse di stretta misura (Marini 42%, Ricci 39 e rotti), segnasse tempesta sopra i dem. Insomma, già l’Umbria è diventata contendibile e ora i rischio è che il centrosinistra parta addirittura battuto in partenza.
Questo per dire come le persone più accorte e politicamente lucide – e nel Pd umbro Bocci oggi sembra tra i pochi ad esserlo – stiano guardando con crescente attenzione e preoccupazione alla condizione politico-elettorale nella regione. Al di là delle dichiarazioni di facciata, in tanti percepiscono la situazione come il ballo sul Titanic e la spia è l’affannosa corsa di tanti esponenti del partito a blindare la propria situazione personale con una bella elezione al Parlamento. Il che non è facile non solo perché il numero degli aspiranti è elevato, ma perché la stagione del Pd pigliatutto - dalla presidenza della Repubblica a quella del consiglio, ai ministri, ai deputati, alla maggioranza dei presidenti di regione e così via – appare finita e i posti si ridurranno. Basti pensare che, stando ai sondaggi di oggi e al sistema elettorale uscito dalla parziale bocciatura dell’Italicum da parte della Corte costituzionale, solo in Parlamento i dem rischiano di scendere dagli attuali 406 (297 deputati e 109 senatori) a circa 250 seggi. E anche nel governo, nel sottogoverno, nelle amministrazioni regionali e locali gli spazi si stringeranno. Tanto per restare all’Umbria, in base agli attuali sondaggi, e nell’ipotesi che si votasse con la legge elettorale così come uscita modificata dalla sentenza della Corte costituzionale, gli eletti del Pd a Camera e Senato potrebbero scendere dagli attuali 8 a 5. Chi può, nel timore che ciò possa avverarsi, cerca di mettersi al riparo e ne vedremo delle belle. Anche perché sulle candidature Pd le carte le darà Renzi e per vari aspiranti potrebbe essere l’unica e ultima occasione di prendere il treno per Roma. Uno spettacolo di personalismi che rende il Pd sempre meno attraente e partecipato.
La temuta ‘tempesta perfetta’ in Umbria
Lo scenario che nel Pd non pochi tengono d’occhio è questo. Nel 2019, quindi un anno prima delle elezioni regionali, si rinoveranno sindaci e consigli comunali di città di primaria importanza, a cominciare da Perugia e Terni. Stando al sentiment diffuso tra tutti gli osservatori, a Perugia Romizi sarà riconfermato con un margine piuttosto largo. E Romizi, da quanto si apprende, si ricandiderà senza dubbio. A Terni viene giudicata possibile una vittoria al Comune dei Cinque stelle. Se ciò avverrà, per i pentastellati sarà il turbo che li lancerà con grande forza verso le elezioni regionali. Una spinta durante la quale i Cinque stelle, a quel punto partito che può davvero governare in Umbria, si doteranno di un ceto amministrativo più adeguato rispetto a quanto non facciano vedere oggi (meno che su Terni, dove i pentastellati già mostrano di avere un ceto dirigente politico-amministrativo più solido). Insomma, il Pd potrebbe arrivare al voto della regionali con Perugia in mano al centrodestra e ai civici e Terni ai cinquestelle. Conoscendo l’opportunismo dei ceti dirigenti umbri, a quel punto poteri che oggi portano voti al Pd si saranno già ricollocati, in forme più o meno manifeste (esattamente come è avvenuto a Perugia, dove una volta sconfitto il Pd è parso sfinito e sfibrato, come se il suo solo nerbo fosse ormai solo la gestione del potere venuta meno la quale è apparso il vuoto). Se questa tempesta perfetta dovesse – malauguratamente per il Pd – avverarsi, Bocci di certo non metterà la testa – un anno dopo - sulla ghigliottina delle elezioni regionali. E, in camera caritatis, già avverte i fedelissimi.
Qualche interesse e qualche indicazione la potranno fornire anche le elezioni comunali del prossimo 11 giugno, nelle quali in Umbria si vota a Todi e Narni. Il centrosinistra parte favorito in entrambi i casi, ma se qualcosa dovesse andare storto l’allarme suonerebbe forte. Soprattutto se perdesse a Todi, che è la città della presidente Marini (anche se alle scorse regionali la città ha dato un nuovo dispiacere alla Marini, preferendola di gran lunga il suo avversario Claudio Ricci, dopo che le aveva voltato le spalle al termine dei suoi 10 anni da sindaco, eleggendo Ruggiano) e dove il sindaco uscente, Rossini, è del Pd.
Insomma, dal voto alle comunali di giugno il Pd in Umbria ha solo da rimettere: se vince, è normale. Se perde, soprattutto a Todi, scatta l’allarme rosso e potrebbero esserci seri contraccolpi anche a livello di maggioranza e giunta regionale, dove la situazione presenta notevoli criticità politiche.
La vera partita, tuttavia, si giocherà alle comunali del 2019 di Perugia e Terni. La sfida per le regionali dell’anno di successivo si giocherà lì. Ecco perché l’accorto Bocci guarda, medita e attende.
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