Partite Iva dell’Umbria, il grande inverno. Ne sono scomparse 11.084. In fumo, nel decennio 2009-2019, quasi 269 milioni di euro di reddito annuo. Non solo, ma i dati sul reddito medio - che vede allargarsi il divario a sfavore delle Partite Iva umbre rispetto alla media nazionale, con la regione che è sempre più ultima nel Centro-Nord - rilevano che per loro il futuro è molto più rischioso di quanto non sia per le Partite Iva italiane. Ecco perché.

Rapporto Mediacom043 sull’andamento del reddito reale (complessivo e medio) nelle dichiarazioni dei redditi Irpef nel decennio 2009-2019, delle Partite Iva dell’Umbria. In allegato il pdf della sintesi del Rapporto. Sono allegate 4 tabelle, chi desiderasse riceverle può inviare mess WhatsApp al numero 334/6245400, indicando la proproa mail (il servizio è gratuito).

Mediacom043 è un’agenzia di Big Data che, di propria iniziativa o su commissione, diffonde Rapporti e approfondimenti di taglio economico e sociale, sia a livello nazionale che regionale. È diretta da Giuseppe Castellini. In questo Rapporto sono stati utilizzati dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Avvertenze

I dati dei redditi delle Partite Iva dell’Umbria sono stati tutti forniti dal ministero dell’Economia e delle Finanze, Mediacom043 li ha elaborati.

Si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi Irpef presentate dalle Partite Iva nel 2009 e nel 2019 (riferite all’anno di imposta precedente, quindi 2008 e 2018).

Le partite Iva prese in considerazione sono quelle che hanno presentato la dichiarazione dei redditi.

I dati sono stati trasformati in termini reali, in altre parole sono state aumentate le cifre del 2009 (anno di imposta 2008) per l’inflazione - pari all’11,9% - intercorsa nel decennio 2009-2019 di presentazione delle dichiarazioni dei redditi Irpef. Questo per permettere un confronto corretto tra gli anni presi in considerazione.

Ovviamente, i dati del reddito complessivo e di quello medio sono al lordo della tassazione Irpef.

 

Ed ecco la sintesi del Rapporto.

 

Un primo confronto (tabella 4)

Il primo confronto è quello tra l’andamento del reddito complessivo Irpef 2009-2019 delle Partite Iva dell’Umbria e quello di tutti i contribuenti della regione. Il prezzo pagato dalle Partite Iva umbre è stato infatti molto più alto della media regionale, con il loro reddito complessivo che, in termini reali, è sceso - tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle del 2019 - del 16,2%%, rispetto al -2,5%% di quello di tutti i contribuenti umbri.

Una differenza a sfavore delle Partite Ive dell’Umbria di ben 13,7 punti percentuali, molto più alta di quella che si registra a livello medio nazionale, dove – in termini di caduta del reddito complessivo Irpef delle Partite Iva in confronto con l’andamento medio di tutti i contribuenti – la penalizzazione dei lavoratori autonomi è di 8,49 punti percentuali.

Se, in altre parole, la caduta del reddito complessivo Irpef delle Partite Iva umbre fosse stato in linea con quello medio di tutti i contribuenti della regione, le prime avrebbero dovuto avere oggi un reddito complessivo annuo superiore di oltre 121 milioni di euro rispetto a quello che invece presentano.

E le Partite Iva dell’Umbria sono tra i fanalini di coda tra le regioni, come vedremo meglio dopo, anche per quanto riguarda l’andamento del reddito medio tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle 2019 (relative rispettivamente agli anni di imposta 2008 e 2009).

In 10 anni nella regione sparite 11.084 Partite Iva, c’è stata una dura selezione darwiniana (tabella 1)

Guardando alle dichiarazioni dei redditi Irpef presentate in Umbria dalle Partite Iva nel 2009 e nel 2019, in base ai dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze si può vedere come il loro numero sia sceso da 59mila 594 a 48mila 510 (-11mila 084), con una contrazione del 18,6%, rispetto a una media nazionale di -18,1%.

Questo crollo del loro numero rappresenta una prima spiegazione del calo del reddito complessivo Irpef dei lavoratori autonomi della regione, ma non è la sola. L’altra spiegazione è che, come vedremo più in dettaglio, le Partite Iva sopravvissute in Umbria hanno registrato un miglioramento del loro reddito inferiore di oltre 3,6 volte rispetto a quanto avvenuto nella media nazionale.

Reddito complessivo Partite Iva umbre, crollo del 16,2% tra le dichiarazioni tra il 2009 e il 2019 (tabella 2). In fumo quasi 269 milioni di euro di entrate annue. Nella media nazionale la flessione è stata ‘solo’ del 9,4%.

Confrontando le dichiarazioni Irpef del 2009 e quelle del 2019, le Partite Iva umbre presentano una contrazione del reddito complessivo di 268,459 milioni di euro, passando da oltre 1,652 miliardi di euro dichiarati nel 2009 a 1,384 miliardi dichiarati nelle dichiarazioni 2019. La flessione è del 16,2%, nettamente superiore alla media nazionale (-9,4%) e la seconda peggiore del Centro-Nord dopo quella della Valle d’Aosta (-18%), peggiore anche di regioni del Mezzogiorno come Abruzzo (-7%) e Campania (-9%) tenendo conto che, come si può osservare nella tabella 2, il Mezzogiorno è la circoscrizione territoriale dove il crollo del reddito complessivo delle Partite Iva è stato più pronunciato, con picchi in Basilicata (-19%) e Sardegna (-18,9%).

Reddito medio Partite Iva, in Italia la selezione darwiniana ha determinato per i sopravvissuti un incremento del 10,5% delle entrate. Ma per l’Umbria questo fenomeno è molto meno visibile, con il reddito Irpef medio delle Partite Iva sopravvissute cresciuto solo del 2,9%. È il dato più basso d’Italia che, peraltro, peggiora la situazione di fanalino di coda delle Partite Iva umbre, nel Centro-Nord, in termini di guadagni annui. Si allarga pertanto il divario di reddito medio annuo tra le Partite Iva umbre e quello delle altre regioni. Il che rende possibile un altro e non lieve calo dei lavoratori autonomi della regione e del loro reddito complessivo (Tabella 3).

Il quadro umbro, ed è qui la notizia più preoccupante, è molto diverso da quello italiano se si guarda all’andamento del reddito medio delle Partite Iva finora sopravvissute alla selezione darwiniana.

In Italia, il fatto che tra le dichiarazioni dei redditi Irpef 2009 e quelle 2019 il numero delle Partite Iva sia sceso del 18,1% e quello del loro reddito complessivo del 9,4%, determina che il reddito medio delle Partite Iva sopravvissute sia aumentato del 10,5%. In termini reali, nel 2008 in media una partita Iva italiana presentava un reddito 28mila 830 euro lordi l’anno, mentre nel 2019 tale valore sale a 31mila 850 euro.

Questa dinamica esiste anche in Umbria, ma molto più affievolita. Nella regione, infatti, come visto il numero delle Partite Iva è crollato del 18,6% e il reddito complessivo del 16,2%. Ne consegue che il reddito medio delle Partite Iva sopravvissute in Umbria è cresciuto nel decennio solo del 2,9%, oltre 3,6 volte meno della media nazionale. Si tratta del dato peggiore d’Italia. In termini reali il loro reddito Irpef medio è aumentato da 27mila 730 euro nelle dichiarazioni 2009 a 28mila 530 euro del 2019.

Il che comporta che il reddito medio delle Partite Iva umbre abbia allargato il suo gap sfavorevole rispetto a quello delle Partite Iva di tutte le altre regioni: nel 2009 la media del reddito Irpef complessivo di una Partita Iva era in Umbria inferiore del 3,8% rispetto alla media nazionale (27mila 730 euro contro 28mila 830), mentre nel 2019 tale divario si è allargato al 9,4% (28mila 530 euro contro 31mila 850).

Dalla tabella 3 si può inoltre notare che, se in Umbria il reddito medio una Partita Iva era già nel 2009 quello più basso tra le regioni del Centro-Nord, nel 2019 lo diventa ancora di più.

E qui sta il punto. La selezione darwiniana in Umbria è stata più forte che nella media nazionale, ma ha prodotto un irrobustimento economico delle Partite Iva sopravvissute molto più limitato di quanto non sia avvenuto a livello italiano. In altre parole, in termini di confronto con il quadro italiano le Partite Iva dell’Umbria sono più fragili di quanto non lo fossero dieci anni fa. E questo pone seri rischi di tenuta per il futuro. Perché la loro fragilità le esporrà, in caso di periodi di quadro economico avverso, a cadute del loro numero e del reddito complessivo assai più forte di quanto non avverrebbe nella media nazionale.

Conclusioni

Dal quadro presentato emerge, come detto, che l’inverno delle Partite Iva dell’Umbria potrebbe non essere finito, anche qualora arrivasse la sospirata ripresa. Perché, se non si irrobustiranno e non verranno aiutate ad irrobustirsi, ad ogni quadro economico generale avverso pagherebbero un prezzo più alto – come avvenuto – rispetto alle Partite Iva delle altre regioni. Cosa significa irrobustirsi? Significa accettare senza remore e con coraggio, aiutate e incentivate da una politica economica adeguata a livello nazionale e regionale (ma anche i Comuni possono giocare un ruolo importante), le grandi sfide della digitalizzazione, della sostenibilità, dell’aumento generale della propria competitività, dell’aumento di dimensione media, della patrimonializzazione. Questi sono i nodi ormai noti, che vanno presi di petto. Non è solo una questione di peso fiscale, che pure esiste, ma di cambio di passo sia nella politica economica dei poteri pubblici che nel modo di essere delle Partite Iva. Altrimenti non mancheranno altri inverni particolarmente gelidi e prolungati.

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