PERUGIA - A livello nazionale continua la grande tragedia delle morti sul lavoro, mentre in Umbria - dopo le campagne di sensibilizzazioni fatte dalle Regione - i dati per fortuna sono in controtendenza e la nostra regione esce dal triste prima nel rapporto occupati-morti sul lavoro. I dati sono stati forniti dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering di Mestre.
Continua inesorabilmente ad appesantirsi l’epigrafe delle morti bianche nel nostro Paese. Tant’è che nei primi sei mesi dell’anno a perdere la vita nei luoghi di lavoro sono state 255 persone. Così nonostante i cali occupazionali nonostante la crisi economica, il bilancio si aggrava e soprattutto nel mese di giugno con 52 vittime. Ben al di sopra della media mensile registrata dall’inizio dell’anno (pari a 43 decessi). Rispetto al primo semestre del 2010 poi l’incremento è pari al 17 per cento (lo scorso anno a fine giugno i morti sul lavoro erano 218).
Questa la drammatica realtà raccontata attraverso i numeri dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering di Mestre che da oltre due decenni lavora nel settore della sicurezza nei luoghi di lavoro. Un monitoraggio quotidiano quello di Vega Engineering che consente un’immediata istantanea sull’emergenza.
CLASSIFICA
E la Lombardia continua a mantenere lo sconfortante primato per numero di vittime con 37 casi, seguita dall’Emilia Romagna (22) e da Piemonte e Veneto (21). Vicinissime al podio sono anche Sicilia (20) e Toscana (19). Più di dieci croci sul lavoro si contano anche in Puglia (12), in Campania e in Abruzzo (16).
Ultime in questa tragica graduatoria sono il Molise (2 vittime), la Valle D’Aosta (3), la Basilicata (4), l’Umbria (5) e il Friuli con la Calabria (6).
E ancora: sono otto le morti bianche registrate nelle Marche e in Trentino Alto Adige, nove in Liguria e dieci in Sardegna e nel Lazio.
Analizzando, invece, le morti bianche rispetto alla popolazione “occupata” l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering fa emergere un’altra mappatura del problema. In questo caso infatti a salire in cima alla classifica è la Valle D’Aosta che fa rilevare un indice di incidenza sugli occupati pari a 53,2 contro una media nazionale di 15,6; secondo l’Abruzzo con un indice di 32,4, terza la Basilicata (21), quarto il Molise (18,1) e quinto il Trentino (17,1).
TUTTI I DATI
Sotto la media nazionale come sempre i valori della maggior parte delle regioni che sono in cima alla graduatoria in termini assoluti. Ecco quindi che l’indice della Lombardia è pari a 8,6, a 11,2 quello dell’Emilia Romagna, a 11,3 quello del Piemonte, a 9,9 quello del Veneto.
Sul fronte dell’analisi dell’Osservatorio mestrino per macroaree italiane, il rapporto tra morti bianche e popolazione occupata più elevato viene registrato nelle Isole (14,6), seguito da quello del Nordest (11,3), dal Centro (11,1), dal Sud (10,5) e dal Nordovest (10,2). Milano prosegue a tenere le fila delle province con 11 vittime del lavoro, seguita da Brescia e Torino (8), Bolzano e Bologna (7), L’Aquila, Savona, Chieti e Napoli (6) Rovigo, Messina, Cagliari e Roma (5).  Volgendo nuovamente lo sguardo alle incidenze è L’Aquila a far emergere il risultato peggiore con un indice pari a 53,9, seguita da Aosta (53,2), e da Gorizia (52,4). Quarta è Savona (51,3) e quinta è Rovigo (48,4). L’agricoltura rimane il settore più colpito con il 38 per cento delle morti bianche registrate da Vega Engineering nei primi sei mesi dell’anno (dati disponibili nel sito www.vegaengineering.com), seguita dal settore delle costruzioni (23,1 per cento delle vittime). Sconfortante è poi il confronto tra le morti bianche in agricoltura registrate dagli esperti di Vega Engineering nei primi sei mesi del 2010 (91) con quelle di quest’anno (97). E lo stesso vale per il settore delle Costruzioni: erano 58 lo scorso anno a fine giugno e ora sono 59.
Mentre relativamente meno preoccupanti sono le percentuali delle vittime del lavoro registrate nel commercio all’ingrosso e al dettaglio e nelle attività artigianali (12,5 per cento), nei trasporti, magazzinaggi e comunicazioni (6,3 per cento), nei servizi (4,3 per cento), nella produzione distribuzione manutenzione di energia elettrica, acqua e gas (3,1 per cento); nello smaltimento rifiuti (2,4). E ancora l’1,2 per cento nell’industria alimentare.
La caduta dall’alto, poi, è la prima causa di morte (24,7 per cento del totale delle morti bianche). Ricordiamo che la caduta dall’alto tra gennaio e giugno 2010 aveva provocato la morte di 50 lavoratori e quest’anno le vittime sono 63. Un dato drammatico che testimonia quanto ancora vengano trascurate le misure preventive e di formazione dei lavoratori per i lavori in quota.
Seconda causa di morte è il ribaltamento di un veicolo o di un mezzo in movimento (22 per cento dei casi), terza è lo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti pesanti sulle vittime (20 per cento). Si muore poi per investimento di mezzo semovente (6,3 per cento) e per contatto con oggetti o mezzi in movimento (5,9 per cento) o per contatto con organi lavoratori in movimento (5,5 per cento).
La morte seguita ad un’esplosione riguarda il 2,4 per cento delle croci bianche, l’incendio 1,2, l’1,6 muore poi per contatto elettrico diretto.
Tra le 255 persone che hanno perso la vita al lavoro nei primi sei mesi dell’anno, le donne sono 6 mentre gli stranieri sono 32 (10 solo nel mese di giugno), ovvero il 12,6 per cento del totale. Rumeni ed albanesi sono maggiormente coinvolti nel dramma.
La fascia d’età più a rischio è sempre quella che va dai 40 ai 49 anni con 59 vittime (erano 49 a fine maggio) e rappresentano il 23,3 per cento delle morti bianche. Seguono quindi i cinquantenni (58 vittime) e i trentenni (44). Gli ultrasessantenni deceduti sul lavoro sono 67.
Nell’elaborazione dei giorni della settimana in cui si perde la vita è il martedì a ‘diventare il giorno più nero’ con il 18,4 per cento degli eventi mortali, seguito da lunedì e giovedì (18 per cento). Nel fine settimana: tra venerdì, sabato e domenica continua a consumarsi quasi il 30 per cento delle tragedie.
 

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