Movimprese, s'appesantiscono i dati sull'impatto del caro-energia sulle imprese
Maxi rincari dell’energia, con i dati Movimprese del IV trimestre si delinea un quadro più pesante del prezzo pagato in Umbria e in Italia: nel giro di un semestre altre 604 aziende umbre si sono rese ‘dormienti’, fermando l’attività. Intanto le chiusure definitive continuano a salire e le nuove iscrizioni a scendere, ma il saldo della natimortalità resta comunque positivo a dimostrazione della vivacità del tessuto produttivo.
Dal II al IV trimestre 2022 (il prezzo del gas ha raggiunto l’apice nell’agosto scorso, prima di scendere restando finora comunque oltre il doppio di quello registrato nel 2018-2019) le imprese attive sono scese di quasi 48mila unità e in Italia e di oltre 600 in Umbria. I motivi di speranza però ci sono.
La dichiarazione
Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria - “Con i dati Movimprese del IV trimestre 2022, che permettono di fare un bilancio dell’intero anno, si delinea sempre meglio l’impatto negativo dei maxi rincari dell’energia sul tessuto produttivo italiano e umbro. Il prezzo finora pagato, come si può vedere dai dati, non è certo di poco conto, perché sono ben 604 le imprese che erano attive e che nel giro di un semestre hanno sospeso l’attività in attesa di tempi migliori. Una parte di esse, peraltro, non è escluso che passi a una chiusura definitiva. Come è da evidenziare che la corsa dei listini energetici comprime in modo importante i margini delle aziende. Ma vorrei evidenziare due fattori positivi. Il primo è che, nonostante tutto, il saldo iscrizioni-cessazioni resta positivo, anche se di poco e con le nuove iscrizioni in flessione e le cessazioni definitive in aumento, a dimostrazione che in Umbria c’è voglia di fare impresa, c’è la forza di tenere duro nei momenti difficili e c’è anche la speranza che l’impatto positivo e cruciale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) apra le porte, nel breve, nel medio e nel lungo periodo, a nuove possibilità. L’altro è che i prezzi dell’energia dai picchi di agosto sono scesi di molto, anche se restano oltre il doppio di quelli 2018-2019. Ciò, soprattutto se il calo del gas dovesse proseguire e se gli incentivi delle Istituzioni al tessuto produttivo saranno convinti ed efficaci, apre alla possibilità che una parte importante delle aziende che si sono rese ‘dormienti’, stoppando l’attività ma non cancellandosi dal Registro Imprese, possano rientrare nel circuito economico”.
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Si appesantisce, con i dati Movimprese relativi al IV trimestre 2022, il prezzo pagato dalle imprese italiane e umbre – in termini di chiusura delle aziende – conseguente al maxi aumento delle bollette dell’energia, che nel III trimestre 2022 ha toccato il suo acme ad agosto, con il prezzo del gas schizzato sul mercato TTF di Amsterdam a 342,72 euro/MWh, rispetto alla forchetta 13,4 – 30,5 euro per MWh del biennio 2018-2019 (ieri quotava 55,245 euro/MWh). Se, infatti, come era stato evidenziato in un precedente report della Camera di Commercio con i dati Movimprese del III trimestre dell’anno, le imprese attive in Umbria erano scese di 444 unità rispetto al trimestre precedente, i dai del IV trimestre mostrano una flessione, rispetto al II trimestre 2022 (quindi in un semestre) di 604 imprese attive (vedere Grafico1)
Sulla stessa linea di tendenza il quadro nazionale (Grafico 2): nel III trimestre 2022 le imprese attive erano scese di 38mila 206 rispetto al trimestre precedente, mentre i dati del semestre evidenziano una flessione di 47mila 849.
E questo è comprensibile, perché un evento shock produce effetti non solo nell’immediato, ma nell’arco di vari trimestri. È auspicabile che il prezzo dell’energia, che tra dicembre e gennaio è oscillato di media intorno ai 60 euro euro/MWh, quindi lontano dal picco di agosto 2022 ma pur sempre oltre il doppio di quanto pagato nel biennio 2018-2019, possa essere assorbito dal sistema imprenditoriale facendo cessare la discesa del numero dele imprese attive, molte delle quali potrebbero tornare all’attività. Perché va chiarito che le imprese attive sono quelle effettivamente operanti: magari le aziende non chiudono, cancellandosi dal Registro delle Imprese tenuto presso le Camere di Commercio, ma congelano la loro attività, nella speranza di poterla riprendere in futuro. Non a caso il numero delle aziende attive differisce sempre da quello delle imprese presenti nel Registro camerale: nel IV trimestre 2022, ad esempio, le imprese registrate in Italia sono 6.019.276, ma quelle attive sono 5.129.335. Così in Umbria, dove nel IV trimestre 2022 le imprese registrate ammontano a 94mila 857, ma quelle attive sono 79mila 828.
La compressione dei margini delle aziende
Gli aumenti dell’energia, peraltro, hanno pesato e pesano non poco sui bilanci delle imprese, in termini di una forte compressione dei margini di profitto anche per quelle aziende che hanno aumentato il fatturato grazie alla ripresa economica del 2021 e 2022, come dimostrato dall’indagine sui bilanci delle imprese – relativa al 2021 – presentata lo scorso 7 dicembre dall’Ente camerale umbro.
A queste cifre va aggiunta almeno una parte del numero delle imprese che hanno chiuso del tutto l’attività
Oltre al calo delle aziende attive, chiamiamole “dormienti”, c’è da registrare anche l’aumento di quelle che hanno cessato l’attività, ossia che si sono cancellate – o che sono state cancellate d’ufficio – dal Registro delle imprese. Secondo i dati Movimprese (che è l'analisi statistica trimestrale della nati-mortalità delle imprese condotta da InfoCamere, per conto dell'Unioncamere, sugli archivi di tutte le Camere di Commercio italiane), in Umbria nel corso del 2022 si sono cancellate dai Registri camerali 3mila 877 aziende, con un incremento rispetto alle 3mila 689 del 2021 e, certamente, una parte di queste cessazioni può essere derivata dai maxi rincari energetici, sebbene sia impossibile determinarne il numero esatto, perché le cessazioni sono costantemente in crescita da vari anni e quindi le cause delle chiusure definitive sono più complesse.
Lo stesso è avvenuto in Italia, dove le cessazioni dal Registro delle imprese sono passate da 246mila 005 del 2021 a 264mila546 del 2022. Anche qui una parte di tale incremento può essere derivato dai maxi rincari.
Ma per fortuna ci sono anche le nuove iscrizioni
Il quadro va certamente completato con le iscrizioni ai Registri camerali, perché se ci sono aziende che muoiono, ci sono anche quelle che nascono, sebbene vada detto subito che, in Italia come in Umbria, la tendenza dell’ultima decade è di una progressiva discesa - salvo che in qualche anno - delle nuove iscrizioni. Che restano comunque, ma sempre più a fatica, superiori alle cessazioni (in Italia le nuove iscrizioni nel 2022 sono state 315mila 264, contro le 332mila 596 del 2021, mentre in Umbria sono state 4mila 077, contro le 4mila 310 del 2021).
Così, come evidenzia Unioncamere, nel 2022 ci sono 48mila imprese in più rispetto al 2021 (di cui 21mila nelle costruzioni), mentre in Umbria ci sono circa 200 aziende in più. Questo, precisa Unioncamere, in un quadro in cui “rallenta la nascita di nuove imprese (-6%) e aumentano le chiusure (+7,5%)”.
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