di Elio Clero Bertoldi*

PERUGIA - Il triumviro Gaio Giulio Cesare Ottaviano non si macchiò nel Bellum Perusinum di una strage, di un genocidio, di un crimine contro l'umanità, ma "solo" di omicidio plurimo. I giudici (Marina De Robertis, Alberto Bellocchi e David Brunelli) hanno assolto dalla devastazione, dal saccheggio e dall'incendio della città Ottaviano (con la formula "per non aver commesso il fatto") mentre lo hanno riconosciuto "storicamente responsabile" in relazione "al reato di omicidio plurimo, così riqualificato il fatto di cui al capo b) della rubrica (strage), censurandone severamente la condotta, e demandando agli studiosi della storia di rivederne la figura anche alla luce delle risultanze del presente processo".

La motivazione della sentenza - nel processo organizzato dal Rataract Perugia Est, che ha messo in luce una terribile vicenda poco conosciuta quanto importante della storia perugina e non solo (e di questo va dato atto al club ed al suo presidente ingegner Carmine Pacelli)- è molto argomentata ed articolata. Eccola.

"La Corte, nel procedimento penale contro Ottaviano chiamato a rispondere dei reati di a)devastazione e saccheggio e b) strage, in relazione ai fatti del Bellum Perusinum occorsi nel 41-40 a.C. in Perugia,udite le parti e preso atto delle risultanze istruttorie dell'odierno dibattimento, nonché delle note fonti documentali;
premesso che guesta Corte è chiamata ad applicare i principi generali dello "jus gentium" con i criteri e l'esperienza dell'uomo moderno; che nella valutazione dei fatti non si deve tener conto delle cause della guerra e delle discutibili modalità della sua conduzione; che è risultato pacifico che Ottaviano,una volta impadronitosi della città di Perugia dopo la resa di Lucio Antonio, dava ordine di sacrificare almeno trecento senatori perugini, senza operare distinzione tra chi aveva partecipato alle operazioni belliche e chi semplicemente non si era opposto all'ingresso in città dì Lucio Antonio; che viceversa l'imputato salvò la vita non solo a Lucio Antonio e a Fulvia,suoi diretti avversari nella guerra, ma anche tutti i loro soldati;
considerato quindi che l'uccisione dei senatori perugini non fu determinata da motivi strettamente inerenti le operazioni militari, anche perchè l'esercito di Ottaviano non risulta aver subito significative perdite durante l'assedio (vedi testimonianza soldato Tiberio), ma si può giustificare solo nella prospettiva di lanciare un sanguinario monito alla altre città della penisola, dando un esemplare e terroristico avvertimento di quello che sarebbe potuto succedere alle popolazioni italiche se non avessero assecondato i disegni di potere di Ottaviano; che nella stessa prospettiva si spiega perchè il futuro potente decise di salvare l'esercito nemico, trattandolo con calcolata generosità onde farlo schierare dalla sua parte; ritenuto che tale motivazione non giustifica, nemmeno in applicazione dello "jus gentium", in alcun modo l'efferato crimine, consistito in una crudele esecuzione attuata mediante scannamento sull'altare di Cesare e che nessun rilievo attenuante può essere assegnato alla circostanza che dopo i fatti Ottaviano ricostruì interamente la città e all'eventuale consenso, peraltro non provato da parte del Senato all'uccisione; che, tuttavia, non risulta provata la responsabilità per i reati di devastazione e di saccheggio di cui al capo a), da ricondurre verosimilmente ad autonoma iniziativa della soldatesca; per questi motivi assolve l'imputato per i reati di devastazione e saccheggio di cui al capo a) per non aver commesso il fatto; dichiara la responsabilità storica di Ottaviano in relazione al reato di omicidio plurimo, così riqualificato il fatto di cui al capo b) della rubrica, censurandone severamente la condotta, e demandando agli studiosi della storia di rivederne la figura anche alla luce delle risultanze del presente processo".

*da il Corriere dell'Umbria

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