di Armando Allegretti e Nicola Bossi

PERUGIA – Raffaele Sollecito, con il suo accento pugliese e la voce bassa, ha riempito per lunghi minuti la stanza degli affreschi del Tribunale di Perugia. Deciso come non mai nella ricostruzione di quella notte tragica – il primo novembre del 2007 quando qualcuno accoltellò alla gola Meredith – dove secondo l’accusa fece da spalla ad Amanda e Rudy nell’assassinio più mediatico della storia dell’Umbria, e forse d’Italia. “Per me quello era il periodo più idilliaco degli ultimi anni – ammette con grande nostalgia in aula – dato che a breve avrei discusso la mia tesi di laurea e avevo conosciuto da pochissimo Amanda. Quel fine settimana sarebbe stato il primo dove io e lei potevamo stare da soli. Quei giorni avevamo in testa due cose sole: coccole e carezze”. L’inizio di un amore contrapposto alla fine di una violenza senza motivi che produce morte. Ma Sollecito ha anche la forza di ribellarsi a quella figura di gregario che l’accusa e un collegio di magistrati ha sancito con la condanna di primo grado.

“A Questo Signor Nessuno si chiede l’ergastolo se ci fosse stata anche la pena di morte” afferma in aula “Senza però averlo mai ascoltato in aula. Senza aver mai voluto provare ad ascoltare le sue risposte alle domande legittime della corte”. Ed ostinato respinge con coraggio quel rapporto con Rudy Guede l’unico killer di Meredith effettivamente accertato dai tre gradi di giudizio della Giustizia Italiana. “"Io non ho mai accusato Amanda, come invece l'accusa ha ribadito più volte in questa aula. Nè ho mai accusato o parlato di Rudy Guede - ha continuato Raffaele Sollecito - che non conoscevo né di nome né di viso e quindi non avevo nessun interesse a tirare in ballo. Conosco più la corte che ho visto in 15 sedute che il ragazzo ivoriano". Ammette che la giornata degli interrogatori qualcosa è andato storto per via del clima e della paura e che quelle parole di allora bisogna leggerle "pensando che l'unjca volontà che avevamo era quella di collaborare e tornare a casa”. Si è permesso il lusso Raffaele Sollecito persino di un colpo di teatro: si è slacciato un braccialetto che porta da tempo con scritto Amanda e Raffaele liberi. “Io lo porgo alla Corte perché penso che rappresenti il passato. Ora voglio credere in un futuro diverso. Io e Amanda meritiamo la libertà perché non abbiamo fatto nulla”. L’uomo dagli occhi di ghiaccio, come definito dal magistrato Mignini, si è sciolto in un pianto lento mentre ribadiva: “io non ho fatto mai male a nessuno nella mia vita”.

 

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PERUGIA - Siamo all'atto finale: a Perugia è iniziata l'ultima udienza del processo d'appello per l'omicidio di Meredith Kercher. In aula Amanda Knox e Raffaele Sollecito, condannati in primo grado per il delitto rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere. Il primo a prendere la parola è l'avvocato Luciano Ghirga, che difende Amanda Knox. Poi è stata la volta delle dichiarazioni spontanee di Raffaele Sollecito e della ragazza americana.

"Non ho mai fatto male a nessuno. Mai in tutta la mia vita". Così Raffaele Sollecito, visibilmente emozionato, ha detto prendendo la parola per le dichiarazioni spontanee. "Sono molto teso - ha esordito lo studente pugliese -. Mi piacerebbe riuscire a esprimere tutto quello che sto soffrendo da quattro anni".

Raffaele Sollecito ha chiesto che la Corte d'Assise d'Appello di Perugia dia a lui e ad Amanda Knox ''nuove speranze, un nuovo futuro, che penso meritiamo''. Il giovane ha così concluso le sue dichiarazioni spontanee.

Amanda Knox, dal canto suo, ha ribadito alla Corte d'assise d'appello di Perugia di essere estranea all'omicidio di Meredith Kercher. "Io non ero non ero casa, ero da Raffaele. Se fossi stata in quella casa sarei morta anch'io, insieme a Meredith".

"Non voglio essere privata della mia vita e del mio futuro per qualcosa che non ho fatto. Io sono innocente". Così Amanda Knox, imputata dell'omicidio di Meredith Kercher, ha concluso le sue dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Perugia.

Pochi minuti fa la Corte di Assise d'Appello di Perugia si è ritirata in Camera di consiglio. La sentenza è attesa in serata, non prima delle 20. Il presidente della Corte prima di entrare in Camera di Consiglio ha chiesto rispetto in aula quando ci sarà la lettura della sentenza. "Non c'è spazio per tifoserie contrapposte. Ricordiamoci che è morta una ragazza".

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