L'arancione fa discutere a sinistra
di Checchino Antonini
Ha smosso le acque a sinistra l'appello cosiddetto dei 70, "Cambiare si può", perché nasca una lista per le prossime politiche che sia nettamente contro il governo Monti e quei trattati europei che stabiliscono vent'anni di recessione per i popoli del Sud dell'Europa. Sullo spazio del web frequentato dalla sinistra che un tempo si diceva radicale, i 70 sembrano aver fatto elaborare in fretta il "lutto" per il divorzio tra i soci fondatori della Fds.
Sembra che questo scorcio di 2012 assista allo sprigionarsi di energie come non era successo nelle ultime stagioni. Vuoi per l'approssimarsi della stagione elettorale, vuoi per dei fermenti sociali che la piazza del No Monti day ha contribuito a esprimere e che nella giornata di mobilitazione europea del prossimo 14 novembre potrebbero manifestarsi di nuovo ampliando ulteriormente la partecipazione, vuoi per la definitiva archiviazione, in alcuni settori, della tentazione per le primarie, cosa a cui alludevano esperienze di breve durata come Uniti per l'alternativa.
«Ottimo l'appello - dice Paolo Ferrero, segretario Prc - sia per i suoi contenuti che per la proposta di una lista antiliberista unitaria, che proponga una alternativa chiara al governo Monti - è il punto di partenza del processo costituente di questa lista, un processo che condividiamo e in cui ci sentiamo pienamente impegnati».
«Condivido il contenuto e lo spirito dell'appello per centrare "l'obiettivo di presentare alle elezioni del 2013 una lista di cittadinanza politica, radicalmente democratica, alternativa al governo Monti, alle politiche liberiste che lo caratterizzano e alle forze che lo sostengono"», scrive su facebook il sindaco di Napoli Luigi de Magistris citando proprio uno stralcio dell'appello il cui primo firmatario è Luciano Gallino, sociologo torinese cui si deve, tra l'altro, uno dei testi più utili a decifrare il carattere della crisi finanziaria.
«Le soggettività esistenti saranno utili se si metteranno al servizio e poi in discussione rispetto a quanto sarà dato dal flusso dei movimenti - scrive, più "cauto", Salvatore Cannavò dalle pagine del sito vicino a Sinistra critica (ilmegafonoquotidiano.it) - non saranno, nessuno dei soggetti oggi in campo, il fulcro attorno al quale nascerà il nuovo. Almeno fino a quando non cambieranno in profondità: nei linguaggi, nella cultura politica, nei simboli, nei gruppi dirigenti - per quanto tempo ancora dovremo vedere le piazze arringate da chi ha cominciato a far politica negli anni 60? - nelle forme della politica, nei messaggi inviati all'esterno».
Infine Giorgio Cremaschi, della Rete 28 aprile, l'opposizione interna Cgil, e uno dei volti più noti del comitato No debito: «E' un fatto interessante quell'appello - spiega a Popoff - a un certo punto bisognerà che tutte quelle forze che provano a costruire un'alternativa a Monti si incontrino e trovino una piattaforma comune. Per esempio quelle forze con cui abbiamo dato vita alla piazza del 27 ottobre e che si vedranno in assemblea nazionale il 15 dicembre. Ma è positivo che il quadro si stia chiarendo». Cremaschi pensa a un altro pezzo della Fiom, quello che, per bocca del torinese Airaudo ha dichiarato al manifesto che il suo posto è nel centrosinistra. L'appello dei 70 è piuttosto chiaro, invece, nel prendere le distanze da quel pianeta abitato anche da Sel ma dominato dalla carta d'intenti del Pd che, affermando la totale internità alle logiche del fiscal compact, rende vano qualsiasi agire politico al di fuori delle pastoie del pareggio di bilancio.
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