C’è un male oscuro, nell’Università di Perugia, che fa continuare la grave emorragia di iscritti nonostante l’Ateneo umbro risulti, tra quelli di grande dimensione (sono considerate tali le Università tra 20mila e 40mila iscritti), il primo nel punteggio medio relativo a tutta una serie di servizi. Perché, se è vero che il calo di iscritti ha riguardato in questi anni molte università italiane, quello relativo all’Università di Perugia è stato ed è tra i più forti, con il rischio concreto di finire sotto i 20mila iscritti, che farebbe scendere di categoria l’Ateneo umbro, da quelli di “grande dimensione” a quelli di “media dimensione” (tra 10mila e 20 mila iscritti). Insomma, roba da allarme rosso.

Questi dati ufficiali è la prima volta in assoluto che vengono fuori, perché l’Università di Perugia si è sempre limitata a fornire l’andamento delle immatricolazioni, che da 4 anni hanno un andamento in crescita, mentre come detto è in calo quello complessivo degli iscritti (circa mille in meno l’anno). E questi dati spiegano il perché: il numero degli immatricolati negli ultimi 4 anni è cresciuto, ma evidentemente le uscite (per abbandono, spostamento in altri Atenei e uscite per conseguimento della laurea) sono state di più, facendo flettere gravemente il numero degli iscritti e portandolo sulla soglia del ‘declassamento’ da grande a medio Ateneo.

E il quadro si fa ancora pù fosco se si considera che la situazione degli iscritti appare assai grave anche per l’Università per stranieri di Perugia, di cui a breve presenteremo i dati specifici.

Un calo continuo

Basta fare alcuni confronti tra i dati ufficiali del ministero dell’Università, istruzione e ricerca scientifica – Miur - (http://anagrafe.miur.it/php5/home.php) per rendersi conto con chiarezza della situazione. In sintesi, se si guarda all’ultimo triennio (dall’anno accademico 2012-2013 a quello 2015-2016) il calo percentuale di iscritti nell’Università di Perugia è del 13,4% (da 25mila 388 a 21mila 979, -3mila 359), il quinto peggiore tra i 48 Atenei italiani, pubblici e privati, con più di 10mila iscritti ed esclusi gli Atenei telematici. Da notare che, nello stesso periodo, nel complesso degli Atenei italiani – compresi quelli telematici – il calo degli iscritti è stato del 3%, da 1.719.791 a 1.688.472. La flessine registrata dall’Ateneo umbro, in soldoni, è stata oltre quattro volte quella media nazionale.

Risultato peggiore se il confronto si fa tra l’ultimo anno accademico prima della crisi (il 2007-2008) e l’ultimo per il quale il Miur fornisce i dati ufficiali, il 2015-2016: in questi 8 anni l’Università di Perugia è scesa da 29mila 519 a 21mila 979 iscritti (-7mila 540), marcando -25,5% contro un calo medio nazionale del 2,5%. In questo caso l’Ateneo umbro presenta il nono peggior risultato tra i 48 Atenei con più di 10mila iscritti.

Per inciso, nell’ulrimo decennio il risultato migliore in termini di iscritti dell’Ateneo umbro è quello relativo all’anno accademico 2007-2008 (29mila 519 iscritti). Da quel momento l’Università di Perugia ha perso e continua a perdere, in media, circa mille iscritti l’anno.

Il rischio di ‘declassamento’

Se il numero complessivo degli iscritti dovesse scendere sotto i 20mila, l’Università di Perugia passarebbe dalla categoria ‘Grandi Atenei’ a quella ‘Medi Atenei’, con tutto quello che ne consegue. In questo senso preoccupano molto le cifre, non ufficiose, che circolano nell’Ateneo circa il fatto che, nell’anno accademico 2016-2017 (come visto, i dati ufficiali del Miur si fermano all’ano accademico precedente, il 2015-2016), nonostante un buon andamento delle immatricolazioni il numero degli iscritti sian sceso intorno 19mila 500 a causa appunto di abbandoni, trasferimenti ad altre università e normali uscite per conseguimento della laurea. Si tratta tuttavia, come detto, di un dato preoccupante su cui al momento non c’è alcuna conferma e che l’Università di Perugia, se fosse errato, farebbe bene a smentire il prima possibile.

Immatricolazioni

Le notizie che arrivano dai dati ufficiali del Miur sono invece positive sul fronte immatricolazioni che, dopo un calo costante fino all’anno accademico 2013-2014, quando toccarono iminimo di 3mila 370, circa 1.600 in meno rispetto a cinque anni prima, sono tornate a salire anno dopo anno. L’ultimo dato ufficiale del Ministero parla di 3mila 654 immatricolazioni nell’anno accademico 2015-2016. Nell’anno accademico in corso, il 2016-2017, l’Università di Perugia avrebbe poi registrato un aumento di oltre il 42%, con 1.830 immatricolati in più grazie alla scelta di rendere aperti orsi che prima, invece, erano a numero chiuso. Una crescita, tuttavia, che non è riuscita e non riesce a frenare il grave calo delle iscrizioni, ben oltre quanto avvenuto a livello nazionale.

Il male oscuro

Un male oscuro, quello che sembra avere l’Università di Perugia in termini di iscrizioni, che è ancora tutta da indagare a da risolvere. Mancano, al momento, sia una diagnosi che una cura condivise. Dati che stonano rispetto al fatto che l’Università di Perugia ormai da tre anni risulta in testa, tra i grandi Atenei tra tra 20mila e 40mila iscritti, nella classifica del Censis che assegna a ciascuna Università un punteggio medio in termini di strutture, servizi, borse, comunicazione e servizi digitali, internazionalizzazione (la voce migliorata di più nell’ultimo rapporto del Censis).

E allora da che deriva il male oscuro? Perché il calo degli iscritti ben oltre la media nazionale? La questione da indagare, vista la buona qualità dei servizi certificata dal Censis, è quella della qualità scientifica media degli insegnamenti, che appare cruciale in un mondo in cui il valore legale del titolo di studio conta sempre meno (in molti Paese ormai non conta più del tutto), mentre conta invece ‘dove’ si è laureati, nel senso della ‘reputation’ dell’insegnmento scientifico garantito da ciascun Ateneo. Ed è questo l’aspetto che analizzaremo nella prossima puntata, che potrebbe fornire inedite chiavi di lettura della situazione dell’Università di Perugia.

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