Con il “Decreto lavoro”, approvato dal Consiglio dei ministri il primo maggio, si apportano modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a termine, il cosiddetto tempo determinato. Vengono individuate, infatti, nuove causali che legittimano il ricorso al lavoro a termine e che sostituiranno quelle in vigore al momento, fissate dal cosiddetto “Decreto dignità” varato nel 2018 ai tempi del governo M5s-Lega.

“Sono previsti meno vincoli sulle causali che devono essere indicate nei contratti a termine e in somministrazione, che vanno oltre l’anno, fino a 12 mesi non sono richieste, ma con una durata massima di 24 mesi”. A spiegarlo il consulente del lavoro Roberto Girolmoni, titolare dell’agenzia del capoluogo umbro “Soluzione lavoro spa”, che sottolinea: “Queste modifiche consentiranno un uso più flessibile di questa tipologia contrattuale, fermo restando il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi”.

Le casuali per il superamento dei 12 mesi e per i rinnovi sono affidate alle intese tra aziende e sindacati tramite i contratti collettivi o aziendali per “specifiche esigenze”, oppure, in attesa della norma contrattuale, anche a livello individuale fra le parti per “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva”, in ogni caso entro il termine del 30 aprile 2024, o ancora per la sostituzione di altri lavoratori.

“Queste modifiche al decreto legge – puntualizza Girolmoni – sono degli aspetti positivi, in quanto le precedenti casuali erano troppo rigide, al punto da essere inapplicabili. I lavoratori in questo modo avranno la possibilità di continuare a lavorare in vista della stabilizzazione a tempo indeterminato che poi dovrà esserci”.  

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