di Giorgio Cremaschi

Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualsiasi altro presidente del consiglio, anche virtuale come Bersani, avesse affermato di aver aggravato apposta la crisi per risanare il paese.

Di fronte alla ferocia ed al cinismo di un’ affermazione di questo genere ci sarebbe stata la rivolta dell’opinione pubblica. Che però oggi è governata dal regime unico montiano e quindi la notizia è derubricata a colore. Come quando i giornali di Berlusconi presentavano le sue battutacce come simpatiche piccole gaffes.

 

In realtà c’è davvero qualcosa di inquietante e terribile nelle parole del capo del governo. All’inizio del secolo scorso i poeti futuristi, poi confluiti nel fascismo, sostenevano che la guerra è l’igiene del mondo, seleziona razze e popoli. Oggi Monti sostiene che la crisi devastante che stiamo vivendo serve a far crescere il paese, è la selezione sociale che prepara il rilancio della competitività: chi sarà sopravvissuto al massacro sociale diventerà così forte da reggere qualsiasi spread.

Si chiama darwinismo sociale la filosofia di Monti ed è sempre stata alla base delle più reazionarie delle politiche economiche e sociali.

E’ su queste basi che il presidente del consiglio ha presentato alle ‘parti sociali’ l’ordine di realizzare entro un mese un patto sulla produttività.

Come il suo grande ammiratore Marchionne, Monti sostiene che assicurarsi una maggiore produttività, cioè un maggior sfruttamento del lavoro, attira gli investimenti e garantisce che alla fine ci sia la ripresa.

 

Tuttavia è proprio la Fiat a mostrare clamorosamente la feroce stupidità di questa ricetta: ai lavoratori sono state imposte condizioni di lavoro vergognose, per poi lasciarli a casa perché non si vende e quindi non si produce. E che produttività ci vuole all’Alcoa, quando manca l’intervento pubblico?

Monti si aggrappa all’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 per le sue nuove pretese e chiede di applicarlo severamente. Questo dimostra due cose.

L’accordo del 28 giugno è un accordo sbagliato e punitivo per i lavoratori che ha aperto ed apre la via a tutti i peggiori attacchi ai loro diritti.

In secondo luogo è oramai chiaro che Monti, come in fondo egli stesso rivendica, è parte costituente della crisi italiana e non soluzione ad essa.

Buttare a mare l’accordo del 28 giugno e lottare per far cadere il governo dei ‘tecnici’, questo è ciò che chiediamo alla Cgil e a tutte le forze che affermano di non condividere l’attuale politica economica e sociale.

Fonte: miromega

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