MAGIONE - Nella suggestiva atmosfera del castello dei Cavalieri di Malta a Magione torna dal 27 luglio al 1 agosto la pièce teatrale "Congiura al castello". Tra i cortili e le antiche sale del fortilizio del Sovrano ordine militare di Malta, la storia s'intreccia con il teatro in uno spettacolo itinerante che riporterà gli spettatori indietro di cinque secoli, a quando, in questo luogo, sul finire del mese di settembre del 1502, il cardinale Orsini chiamò a raccolta alcuni dei maggiori condottieri e nobili del tempo per tentare di porre fine alle mire espansionistiche di Cesare Borgia.

Attraverso musiche, banchetti, convivi d'amore, si snoda l'intreccio che vedrà il fallimento delle trame per uccidere il potente avversario: un'occasione unica per vivere la magia dell'antico maniero e calarsi nella sanguinosa storia resa immortale da Niccolò Machiavelli ne "Il Principe".

Sono previsti due spettacoli a sera, alle ore 21,30 e alle ore 22,30, con 50 posti disponibili a rappresentazione. E' consigliata la prenotazione presso l'ufficio turistico di Magione di piazza della Repubblica ai numeri telefonici 075.843859 – 339.8402016.

L'evento è realizzato dalla Compagnia teatrale magionese grazie al sostegno del Comune di Magione, della Regione Umbria, degli sponsor “Vpm - Consorzio Valle della Piana di Mugnano” e “Farmacia Calcaterra di Magione”. Si ringrazia per l'ospitalità il Sovrano ordine militare di Malta e l'Associazione turistica Pro Magione per la preziosa collaborazione. Sceneggiatura e regia sono firmate da Giampiero Frondini e Walter Corelli.

LA TRAMA
Le operazioni militari intraprese da Cesare Borgia, che tra il 1500 e il 1502 gli avevano consentito di impossessarsi dell’intera Romagna e parte delle Marche, avevano indotto una serie di altri scontri bellici anche fuori dal territorio romagnolo. La vicenda – dettagliatamente narrata ne “Il Principe” di Niccolò Machiavelli – ruota attorno alla congiura tenutasi «alla Magione», maturata in un contesto vincolato alla potenza del pontefice e del proprio figlio Cesare, detto “Il Valentino”, e alle precarie posizioni politiche in cui venne a trovarsi la potente famiglia Orsini dopo il crollo degli Aragonesi cui era alleata. Caduta che diede via libera ai Borgia per agire contro il casato romano, rendendo ben comprensibili le ragioni che spinsero costoro ed altri nobili dell’Italia centro-settentrionale a congiurare contro il Valentino.

Sul finire del mese di settembre del 1502 il cardinale Giovanni Battista Orsini già si trovava in Magione, presso l’ospedale gerosolimitano di San Giovanni di cui era commendatario. Con lui vi era anche un altro membro della famiglia, Paolo, e ad essi se ne aggiunse un terzo, Francesco, duca – o conte – di Gravina. Agli Orsini si unirono altri nobili e si ritrovarono nella struttura ospedaliera di Magione Gian Paolo Baglioni, signore di Perugia, Antonio da Venafro, uomo di fiducia di Pandolfo Petrucci signore di Siena, Ermes Bentivoglio, figlio di Giovanni signore di Bologna, Vitellozzo Vitelli signore di Città di Castello e Liverotto Eufreducci signore di Fermo.

Nella riunione che seguì il loro arrivo i convenuti stabilirono di allestire un esercito forte di 700 lance, 400 balestrieri e 5mila fanti, dichiarando guerra al Valentino. Forti di questo esercito avrebbero riconquistato il ducato di Urbino ai Montefeltro e, dopo tale operazione, Ermes Bentivoglio e il padre Giovanni avrebbero continuato le ostilità nel territorio imolese, mentre gli altri nel pesarese e nell’urbinate. Questo fu quanto stabilito in quella che è passata alla storia come la dieta – congiura – tenutasi alla Magione, nel perugino.

Le notizie della congiura e delle successive rivolte di Urbino e di Camerino giunsero inaspettate al Valentino che, tuttavia, seppe reagire; riuscì prima a dividere i congiurati e poi, ad uno ad uno a farseli amici. Quattro di essi, Liverotto da Fermo, Vitellozzo Vitelli nonché Paolo e Francesco Orsini accettarono un incontro con il Valentino a Senigallia verso la fine di dicembre del 1502. Fatti accomodare in una sala addobbata a festa, Cesare Borgia si allontanò con una scusa dando così il segnale ai suoi sicari che subito strangolarono Liverotto e Vitellozzo mentre altri soldati catturavano gli Orsini. Condotti come prigionieri a Città della Pieve essi subirono qui lo stesso trattamento. Gian Paolo Baglioni, all’inizio del 1503, si vide costretto ad abbandonare Perugia, ma la morte di Alessandro VI, nell’agosto di quell’anno, decretò la caduta delle fortune del Valentino che si vide costretto alla fuga per riparare in Navarra. Gian Paolo poteva così rientrare nella sua città.

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