Ateneo di Perugia, il Tar restituisce 'l'onore' a 90 docenti
Il Tar dell’Umbria demolisce il decreto del rettore dell’Università di Perugia, emanato il il 20 marzo dello scorso anno, con cui era stata chiesta la restituzione a circa 90 docenti la restituzione delle somme percepite come incentivo ‘una tantum’, previsto da una legge nazionale del 2010 per gli anni 2011, 2012 e 2013. Il motivo della restituzione era che, nelle autocertificazioni inviate dai docenti come previsto dal bando emanato dall’Ateneo, erano state indicate come presenze anche le assenze giustificate ai consigli di facoltà e a quelli di dipartimento. Il bando prevedeva infatti che, per avere diritto all’incentivo, un docente avesse partecipato al 60% delle presenze ai consigli di facoltà (poi sciolti con la cosiddetta ‘riforma Gelmini’) e al 50% delle presenze dei consigli di dipartimento.
Insomma, la assenze giustificate per il Rettore non andavano computate come presenze e da qui la richiesta di restituzione ai docenti che, in virtù dell’inserimento dell’assenza giustificata come presenza, superavano i due limiti posti dal bando.
La vicenda scatenò vivaci polemiche e finì anche sui media nazionali (Report gli dedicò ad esempio un ampio servizio) e che certo nonfece brillare l’immagine dell’Università di Perugia. Si parlò di docenti ‘furbetti’ e così via.
In aggiunta, ma su questo punto la sentenza del Tar dell’Umbria non entra, molti avevano anche arricciato il naso davanti al fatto che l’Ateneo umbro avesse scelto come punteggio per gli incentivi che, afferma la normativa nazionale, debbono essere legati al merito, quello relativo alla partecipazione ai consigli di facoltà e di Dipartimento. Una scelta legale, perché la normativa è di manica molto larga nel lasciare su questo autonomia ai singoli Atenei, ma che sul piano logico appare davvero discutibile. A nostro avviso, tutta la vicenda è stato un errore (l’illegittimità rilevata dal Tar dell’Umbria nel chiedere la restituzioni dei soldi erogati in base alle autocertificazione dei docenti) nell’errore (che c’entra col merito la partecipazione ai consigli?)
Arrivando al punto, il Tar dell’Umbria ha invece accolto il ricorso della professoressa Margherita Raveraira, che nel suo esposto ha documentato come il decreto con cui il Rettore chiedeva la restituzioni dell’incentivo fosse illegittimo da vari punti di vista. E il Tar le ha dato ragione.
Ora, visto che i docenti che erano stati chiamato a restituire le somme lo avevano fatto e che adesso sono forti di questa sentenza, che non è tuttavia definitiva perché l’Università potrebbe ricorrere al Consiglio di Stato, a dover rirestituire il denaro è l’Ateneo perugino.
“(…) A sua volta – afferma tra l’altro la sentenza del Tar del Lazio in accoglimento del ricorso della professoressa Raveraira - l’art. 79 del Regolamento Generale di Ateneo prevede al fine del quorum per la valida formazione dei consessi la rilevanza delle assenze giustificate, si da ingenerare nel silenzio del bando l’affidamento di numerosi docenti circa la valenza anche ai fini dell’incentivo de quo. L’art. 56 comma 2 dello Statuto d’Ateneo, parimenti, consente ai componenti degli organi collegiali dell’Università di giustificare la propria assenza alle riunioni. Deve allo stesso modo escludersi - diversamente da quanto argomentato dalla difesa erariale - che una simile previsione potesse desumersi dal modulo di domanda allegato A al D.R. 1789/2014, dal momento che la pur prevista casella da barrare da parte dei docenti inerente la presenza alle sedute del Consiglio di Dipartimento e di Facoltà per il triennio 2008/2010 nulla dice in punto di non computabilità delle assenze giustificate, confermando il silenzio del bando su tal specifico e decisivo punto”.
E ancora: “Il silenzio del bando sulla computabilità o meno delle assenze giustificate è poi comprovato dalla stessa attività integrativa postuma effettuata dalla dottoressa (...), la quale non avrebbe avuto alcun senso ove il bando avesse già contemplato tal requisito. Ritiene il Collegio del tutto irrilevante la comunicazione effettuata il 9 dicembre 2014 tramite email ordinaria, completamente inidonea ad interpretare in via autentica né tantomeno ad integrare il contenuto del bando approvato con D.R. 1789 del 2014”.
Va detto poi che, mesi fa, la Corte dei conti aveva riconosciuto ai docenti l’assenza di dolo.
Insomma, si allunga la serie di sconfitte dell’Università di Perugia nelle aule dei tribunali amministrativi. E la morale è che, quella sui professori ‘furbetti’, è stata una tempesta in un bicchiere d’acqua. Che, secondo la sentenza del Tar, era pure vuoto.
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