Un'esplosione di persone e di colori. Così sarà il pomerigigo del 30 giugno a Perugia. quando il Pride Parade colorerà le strade della città, rivendicando il diritto all'autodeterminazione, ad una cultura libera per lottare contro i nuovi fascismi che si stanno con violenza insinuando anche a Perugia e in Umbria. Il Perugia Pride "la gaia invasione", rivolge un appello a tutte le cittadine e a tutti i cittadini per marciare uniti e dimostrare che è possibile e necessaria una cultura che metta al centro l'individuo, il rispetto dell'identità, delle differenze e delle libere scelte.

Appuntamento Sabato ore 15.00 a Piazza Grimana per dare il via all'invasione più gaia che si sia mai vista.

IL MANIFESTO 

"Ci troviamo oggi in un clima politico e sociale che ha raggiunto pericolose derive che è impossibile non chiamare fasciste. Viviamo sulle nostre pelli la violenza di attacchi alle minoranze e alle categorie discriminate e precarie. L’Umbria deve diventare sede e inizio di un cambiamento culturale forte, di un’unione che animi le strade del suo capoluogo, Perugia. È necessario che il Pride torni a esprimere la sua potente e rivoluzionaria natura storica nella nostra città.

Nato coi Moti di Stonewall, il 28 giugno 1969, dalle ceneri di una comunità distrutta e segregata dall’odio, il Pride è l’urlo di chi decide di opporsi all’oppressore, è la fiamma che arde e abbatte i muri costruiti dentro e fuori i nostri corpi, le nostre identità, le nostre esistenze e le nostre scelte.

– Noi siamo dappertutto –, risuonavano gli slogan nella notte in cui una comunità si guardò negli occhi e decise di dire no alle percosse, no alle morti subite, no al moralismo, no al patriarcato, no al razzismo e al privilegio di una classe dominante creata con la violenta censura di chi esce dallo standard concesso.
Ma quel – noi siamo dappertutto – non è un grido che chiede concessioni. È una posizione forte contro l’imposizione, un canto di libertà che non permetteremo mai venga soffocato.

È necessario che la società civile si risvegli da un intorpidimento culturale che ci sta riportando velocemente a tragedie storiche date dalla paura, dall’ignoranza e dalla capacità di privilegiati potenti di fare leva su questi sentimenti per mantenere il loro ruolo.

Il Pride è da sempre rivoluzione, e questa rivoluzione abbiamo deciso di riportarla per strada, invadendo la nostra città, riprendendocela, casa per casa, persona per persona, nella certezza che una cultura capace di abbattere le discriminazioni sia l’unica in grado di accogliere e celebrare tutte le sue differenti identità.

La gaia invasione è la nostra invasione: l’invasione di chi non ci sta, di chi combatte perché il mondo non sia un insieme di discriminazioni istituzionalizzate, decise e attuate da un vertice misurato sul canone del maschio, eterosessuale, cisgender, bianco, borghese, cattolico.
È un’invasione che strappa questo termine alla matrice razzista e lo fa proprio, lo trasforma in un flusso culturale che riempie le strade di consapevolezza.

Il Pride raccoglie le voci di chi rivendica non l’uguaglianza, che appiattisce le nostre differenze, ma la stessa possibilità di accesso al compimento della propria felicità individuale, abbattendo scalino dopo scalino l’antico privilegio moderno.

Il 30 giugno marceremo per le vie della nostra città, Perugia, che è di molte più persone di quelle che vorrebbero farci credere: è delle indecorose frocie, delle donne, delle persone trans, di chi non ha lavoro, di chi ha attraversato la morte per fuggire dal proprio paese, di chi non ha un tetto, di chi si prostituisce, di chi è disabile, di chi abortisce, di chi ha relazioni non monopartneriali, di chi non si riconosce in nessun genere, di chi è sieropositivo, di chi non è conforme ai canoni estetici imposti dalla nostra società.

Il Pride libera Perugia e i nostri corpi dalle scelte che altri vogliono prendere per noi.
Il Pride è l’urlo che dice “non scegliete per noi”.
È la rivendicazione dell’oscenità contro il moralismo sessuofobico, della libertà sessuale/affettiva e del rispetto di ogni identità contro un sistema che avalla la cultura dello stupro e condanna la sessualità non conforme, anteponendo il giudizio morale all’unica norma realmente fondamentale: il consenso.

La Perugia Pride Parade del 30 giugno 2018 è una celebrazione delle nostre favolose differenze, delle nostre lotte, delle nostre narrazioni, ed è un appello forte a riconoscere il nemico che dopo anni di organizzazione nascosta sta uscendo prepotentemente per marcare il suo odio verso una società libera e accogliente. Il nemico è già nelle nostre case, nelle nostre scuole, nelle nostre amministrazioni, nei nostri mezzi di informazione, e prova a insinuarsi nelle nostre menti facendo leva sulla paura delle differenze. Il Pride, nel suo modo più acceso e colorato, dimostrerà alla società che liberarsi è possibile, che contro la paura una cultura dell’inclusione e dell’apertura all’altr* può vincere grandi sfide sociali, economiche e politiche.

La nostra battaglia parte dalla persona, dalla sua singolarità e dalla sua necessaria accessibilità paritaria alla sua felicità individuale.
Per fare questo c’è bisogno che la cultura delle differenze, del rispetto e dell’inclusività entri nelle scuole e diventi parte fondamentale nella formazione educativa della persona, che comprende anche la sfera sessuale e affettiva. A giovani e studenti chiediamo oggi l’ulteriore sforzo di combattere loro stess* una battaglia contro un’educazione spesso sbagliata, discriminatoria e parziale, non rappresentativa di un mondo variegato. La famiglia di provenienza non può arrogarsi il diritto di educare all’odio e alla discriminazione, non può chiedere che l’educazione pubblica diventi vittima di moralismi e dottrine religiose. Non può mistificare e confondere la libertà di opinione con l’arrogante violenza con cui chiede di perpetrare una linea volta a creare divisioni, a umiliare e fare del male. Come non possono farlo le amministrazioni, che devono muoversi secondo principi di laicità e rispetto verso tutta la propria cittadinanza. Il ruolo delle e dei giovani è rivestito di nuova speranza, di nuova capacità di far prosperare una cultura libera, di valorizzare le differenze e di creare una società illuminata di consapevolezza.

Vogliamo creare un tessuto sociale in cui le persone Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans, Intersex, Queer e Asessuali siano incluse protagoniste delle proprie narrazioni, in cui il divario di genere venga finalmente rimosso, in cui lo stigma e la discriminazione verso le categorie oppresse sia superato uscendo dall’ignoranza, in cui la sistematica violenza sulle donne cessi di essere un crimine legittimato e istituzionalizzato. Vogliamo che il superamento delle varie dinamiche di lesbofobia, omofobia, bifobia, transfobia, misoginia, razzismo venga riconosciuto come obiettivo collettivo fondamentale per lo sviluppo di una società laica e rispettosa di ogni sua identità.

In un clima di forte crisi del mondo lavorativo, diventa ancora più importante inserire delle politiche di welfare che garantiscano un accesso al lavoro libero da discriminazioni di genere, la formazione del personale sulle identità trans, la formazione del personale scolastico per il contrasto al bullismo omo-lesbo-bi-transfobico, l’apertura dei bandi e di concorsi attualmente destinati solo a persone cisgender e solo a formazioni famigliari eterosessuali.

Per il diritto di autodeterminazione dei nostri corpi, vogliamo che l’identità trans venga finalmente depatologizzata, e che le persone trans che lo desiderano possano accedere liberamente alla medicalizzazione tramite il sistema sanitario a cui noi tutt* contribuiamo.
Vogliamo che si cessi la silenziosa violenza con cui le persone intersex vengono mutilate alla nascita, subendo un intervento sul loro corpo quando non hanno la possibilità di decidere per loro. La decisione medica di attribuire chirurgicamente un sesso maschile o femminile alla nascita è figlia di una cultura binaria, che costringe le persone a uniformarsi a quelli che interpreta come unici generi e corpi possibili, privando la persona di poter vivere a pieno se stessa. Vogliamo che si smetta di scegliere per noi sui nostri corpi, per le nostre persone trans e intersex come per le nostre gravidanze. Vogliamo un accesso alla 194 che sia reale e rispettoso della scelta individuale, senza complicazioni date da moralismi e da obiettori di coscienza che devono trovare un’altra carriera o altro posto in cui esercitare, un posto che sia fuori dalle strutture pubbliche e laiche.
Vogliamo superare con la nostra favolosa oscenità i canoni estetici che ci vengono imposti, avere corpi liberi di essere, nella loro nudità senza pudore, un nuovo culto della bellezza e una nuova rappresentazione più vicina alla realtà. Vogliamo che gli spazi siano resi accessibili alle persone disabili, troppo spesso dimenticate e vittime anche di doppie discriminazioni, come nel caso della disabilità di persone LGBTIQA+. Il rispetto dei nostri corpi passa anche attraverso una visione libera delle nostre molteplici sessualità e affettività. È quindi indispensabile pensare e concretizzare l’assistenza sessuale a persone disabili, che dovrebbe essere promossa dal nostro stesso sistema sanitario, invece che costringere le persone più vicine da sole a ricercare altri metodi per raggiungere la soddisfazione della persona disabile.

Vogliamo che le nostre formazioni famigliari vengano riconosciute pienamente, con una genitorialità completa per le coppie omosessuali che hanno figli*, e che nuove politiche di inclusione e informazione vengano adottate per tutte le formazioni famigliari con genitori LGBTIQA+. Vogliamo che il sistema delle adozioni venga rivisto, per rendere l’adozione una possibilità reale e non elitaria, senza attese infinite e costi onerosi, aperta alle persone LGBTIQA+ in relazioni, come a tutte le persone single. Vogliamo che questa nuova fiamma culturale accenda una discussione su altri tipi di formazioni famigliari, che vanno difese dallo stigma di una morale che considera le nostre relazioni lecite solo se ricalcano gli schemi monopartneriali di una tradizione eteronormativa.

Vogliamo che la sessuofobia venga combattuta con un’educazione sessuale priva di giudizio sulle nostre pratiche sessuali, in maniera puntuale, ampia e consapevole. Crediamo che nella consapevolezza e nell’informazione corretta risieda anche la più grande arma contro le IST (Infezioni Sessualmente Trasmissibili). Vogliamo delle nuove campagne capaci di informare senza creare stigma verso le persone sieropositive, dei progetti che illustrino e aprano la strada al contrasto dell’HIV, come la PreP.

Vogliamo una cultura libera, inclusiva di tutte le nostre narrazioni. Vogliamo combattere i meccanismi di censura che stanno trasformando le arti in strumenti di repressione e indottrinamento, con una messa all’indice delle nostre identità e delle esperienze altre rispetto a quelle approvate dai dogmi vigenti. Vogliamo degli strumenti che tutelino le capacità espressive ed educative delle arti, fondamentali per la formazione di individui capaci di rispettare le differenti storie che formano la nostra società.

Vogliamo trasformare l’invasione sulle bocche delle destre xenofobe in un’invasione di colori e differenze, che faccia crescere la speranza di formare una società realmente accogliente, capace di riconoscere e contrastare il razzismo, specialmente quello subdolo, nascosto dietro motivazioni economiche che deumanizzano la persona e la trasformano in un numero di troppo, come in incresciosi episodi già vissuti nella storia dell’Europa moderna. Vogliamo, oltre all’educazione civica, un sistema che realmente si occupi della tutela delle persone migranti, in fuga dai loro paesi per conflitti o discriminazioni e pene, compresa quella di morte, per il loro orientamento sessuale e identità di genere.

Perché quel – noi siamo dappertutto – vale oggi più che mai.
La gaia invasione è iniziata. E non si fermerà."

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