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Lo sconvolgente risultato elettorale getta dunque in una luce di incertezza il futuro dei partiti e dei soggetti costituenti l’ex Arcobaleno e di altre forze, come lo SDI, componenti la sinistra diversa dal PD. L’Assemblea nazionale di Sinistra democratica intende rivolgere un monito e lanciare un vero e proprio grido di allarme sul fatto che questa incertezza rischia di tradursi, per tutti, nella drammatica realtà di una comune scomparsa o condanna alla “ininfluenza” politica se (come, purtroppo, sembra concretamente profilarsi!) la sinistra, nel solco, è proprio il caso di dirlo, delle sue peggiori tradizioni, reagirà alla crisi, non con un comune sforzo di responsabilità e comprensione, ma con nuovi processi di divisione, frammentazione, competizione reciproca. Dai congressi delle diverse formazioni emergono diverse e contrastanti strategie e proposte politiche, delle quali si stenta letteralmente a tenerne il conto, (la costituente comunista, Rifondazione per oggi e domani, la costituente di sinistra, la costituente socialista, quella verde, solo per citare le “maggiori” tendenze) e che, dietro il proclamato obiettivo dell’unità, finiscono oggettivamente e inevitabilmente per confliggere tra loro e contendersi un bacino elettorale ridotto all’osso, per di più con la comune ambizione, o presunzione, di poterne essere, ciascuna, la forza monopolizzatrice. In questo modo, al disastro si aggiungerebbe il disastro. Sinistra democratica non intende, con la sua proposta, aggiungere una “parzialità” (e quindi un altro elemento di divisione) alle molte che caratterizzano questo dibattito interno alle diverse formazioni della Sinistra. Ci anima lo spirito di una tradizione e di una cultura politica unitaria, che ha fatto dell’equilibrio e della saggezza i suoi elementi costitutivi e che costituisce, a ben vedere, la nostra principale risorsa politica. Il fallimento della specifica esperienza dell’Arcobaleno non annulla il valore, l’esigenza e la domanda di riunificazione della sinistra che animava quel progetto, sul quale non può essere, certo, caricata la responsabilità della sconfitta elettorale. Se non si vuole attribuire al voto degli elettori il significato di una bocciatura della prospettiva di unità della sinistra, del tutto illusoria appare l’idea che un ritorno alla frammentazione possa consentire il ripristino del bacino elettorale originale di ciascuno dei partiti della sinistra e di quest’ultima nel suo complesso. E’ certo erroneo, da biasimare e non accettabile il ripiegarsi e cercare il riparo di vecchie pratiche e simbologie identitarie, ma è altrettanto evidente che la riformulazione della cultura di una nuova sinistra deve evitare astrattezze, presunzioni liquidatorie e il miraggio di un nuovismo senza fondamenta, oltre a proporsi come un lavoro di lunga lena e come studio di grande cimento intellettuale. Sinistra Democratica per il socialismo europeo torna dunque ad avanzare, in forma inclusiva per tutte le forze della sinistra diversa dal PD, la proposta e l’obiettivo di una ricomposizione unitaria e lo fa indicando la forma, unica, nella quale, oggi, essa è realisticamente possibile: quella di una formazione politica che converge su un programma politico e su di un vincolo cogente di unità d’azione e, contemporaneamente, prevede una fase nella quale le diverse culture della sinistra, oggi realisticamente non unificabili, possano convivere in forma distinta e anche competitiva tra loro, in vista del passaggio ad una fase superiore, in cui prenda corpo una cultura di sintesi, rinnovata e unificata. Si può parlare di un partito organizzato per aree, di una stringente forma federativa o di che altro, prospettive che, a seconda dell’angolo visuale, possono essere giudicate già consumate o vecchie o troppo avanzate rispetto alla diaspora attuale, ma che costituiscono il minimo di condizione necessaria, anche se non sufficiente, ad evitare la scomparsa della sinistra. L’innovazione profonda rispetto all’esperienza dell’Arcobaleno si deve realizzare su due piani.: nel modo di essere della nuova formazione unitaria e nel suo programma politico. E’necessario un processo fondativo che deve, sul serio, partire dalla base, affermare un regime di vita interno democratico, coinvolgente e partecipativo, mettendo al bando, tra i gruppi dirigenti, logiche lideristiche, oligarchiche e pratiche di “casta”. L’avvio di questo processo deve essere il primo atto di una riforma della politica e del ritorno alla “buona politica” della sinistra. Il programma politico deve guardare con realismo all’Italia di oggi e, con realismo, misurarsi con i suoi problemi, avendo dunque un carattere innovativo e, nel contempo, “popolare”. Nell’immagine e nella pratica deve trattarsi di una formazione, con un forte radicamento tra le classi lavoratrici, che non può dire di no a tutto e che, insieme a quelle per i diritti civili e le nuove soggettività, deve avere proposte e politiche convincenti per la sicurezza, l’economia, l’impresa, l’energia e tutti i più acuti e sentiti problemi di oggi. L’asse politico della nuova formazione della sinistra dovrà essere calibrato sull’esigenza di mettere in campo da subito, di fronte alle incertezze del PD, col massimo di apertura a tutte le forze disponibili, un’opposizione efficace e determinata al governo Berlusconi e al suo tentativo di stravolgere la costituzione materiale e formale dell’Italia. L’asse strategico, finalizzato alla ricostruzione di un centro sinistra profondamente ripensato, dovrà puntare a riproporre, in prospettiva un rapporto col PD, senza frenesia e subalternità e senza le illusioni di scorciatoie rispetto alla esigenza della sinistra di ricostruire e consolidare un proprio vasto insediamento sociale e politico, di instaurare un rapporto dialettico e polemico finalizzato ad un mutamento degli attuali, sbilanciati rapporti di forza e a chiedere allo stesso PD limpidezza e coerenza di scelte e comportamenti in vista di possibili alleanze per le elezioni amministrative del prossimo anno. Condividi