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Il dato fornitoci ieri dall'Istat sulla diminuzione della produzione industriale ad ottobre nel nostro Paese (-6,7% rispetto all'ottobre 2007, che sale al -6,9% se corretto per i giorni lavorativi) è di quelli che lasciano di ghiaccio perché conferma la gravità particolare della crisi che ha colpito l'Italia rispetto ai nostri partner europei. Un dato che conferma lo stato di forte recensione nel quale ci troviamo immersi e che non accenna a placarsi se proprio ieri lo Svimaz ha previsto un ulteriore calo del nostro Pil nazionale di 0,5 punti, nel 2009 che deve ancora venire (Umbria -0,2); un dato che apre foschi orizzonti per l'occupazione. Di fronte a questo quadro che possiamo tranquillamente definire nero casca l'ottimismo di facciata con il quale Berlusconi ci ha sin qui descritto lo stato della nostra economia ed in particolare quello delle imprese italiane che a suo dire sarebbero solidissime. Un Berlusconi che deve essersi però ricreduto su questo, anche se il suo ripensamento non l'ha dichiarato apertamente perché, si sa, non è uomo da ammettere palesemente i suoi errori di calcolo. Un'ammissione che si palesa però nella considerazione ripetuta ancora una volta ieri che le sorti del nostro Paese sono nelle mani dei consumatori, il che ci preoccupa non poco apparendo come una resa di fronte ad una catastrofe che il suo governo si dimostra incapace di affrontare. Siamo alle solite, il cavaliere che ci governa, sempre lesto ad appropriarsi dei meriti quando le cose vanno bene, allorché non marciano per il verso giusto le responsabilità le scarica sugli altri, in questo caso, appunto, sui consumatori che ci descrive come tanti tapini in preda allo spavento per quanto sta accadendo loro intorno che non si decidono ad allentare i cordoni delle loro borse ed a spendere una buona volta i loro milionari risparmi. Noi, e con noi la Cgil che ha proclamato lo sciopero generale di oggi nella convinzione che le cose stiano diversamente, siamo invece faziosi a tal punto da sostenere che è invece il cavaliere nel torto, avendo profondamente sottovalutato i danni che la crisi internazionale produce al nostro sistema economico e sociale. Eppure, come al solito, lui le aveva sparate grosse all'inizio della tempesta, assicurando che avrebbe messo a disposizione per combattere questa crisi una somma ingentissima. Ricordate, aveva accennato addirittura a 80 miliardi di euro, una cifra esagerata perché assai superiore addirittura a quanto si accingono a mettere sul tavolo (14 miliardi, e in dollari che valgono un po' meno degli euro) gli Stati Uniti, Paese dove questo cataclisma che si è abbattuto sui mercati internazionali ha avuto inizio. Poi, questi infiniti miliardi si sono mano a mano persi per strada scendendo in un primo tempo a poco meno di 13, poi a 7 miliardi fino ad arrivare agli attuali 3,7, una miseria che corrisponde grosso modo allo 0,7% del nostro Pil, quando, tanto per fare un paragone, la Cina, dove pure, malgrado le difficoltà sopravvenute, il Pil continua a crescere assai più che da noi, spenderà allo stesso scopo il 7%. In sostanza Berlusconi ha deciso di investire una miseria per affrontare un'emergenza che è di portata cosmica, scegliendo deliberatamente di far rimanere l'Italia in una situazione di arretratezza che si aggraverà ancora di più quando per gli altri, per quelli che l'hanno affrontata seriamente, la bufera sarà passata, mentre noi ci saremo ancora drammaticamente dentro. E sapete perché ha scelto questa strada ed ora tenta di scaricare tutte le responsabilità di quanto ci sta per succedere su noi consumatori? Per il fatto che le risorse che poteva impiegare in questa circostanza, sostenendo concretamente la domanda, lui le aveva già spese diversamente e tutto quello che c'era in cassa è sparito. Di conseguenza non è rimasto nulla per aiutare le famiglie in difficoltà ad arrivare alla fine del mese, per aumentare gli scarsi redditi dei pensionati, per incrementare gli investimenti sociali tanto utili a chi si trova sulla soglia della povertà o, magari, vi è già precipitato dentro, per incrementare i fondi della cassa integrazione quando sempre più lavoratori vivono la minaccia della perdita dell'occupazione, per dare più fiato alla ricerca di nuove tecnologie e potremmo continuare all'infinito questo elenco di necessità ormai non più rinviabili. La gran parte del gruzzolo disponibile che sarebbe potuta andare ai consumatori più poveri, per aiutarli a spendere di più ed aiutare così i consumi, è andata, invece, ai consumatori più ricchi, quelli con la pancia piena e che per questo non hanno alcuna necessità di spendere di più, che si sono visti togliere l'Ici sulle loro ville. E non è un caso che questo sia stato uno dei primi provvedimenti sbandierati dal governo di centro destra, così amico dei potenti, che ha bruciato perciò, tanto per fare un esempio, il tesoro consegnatogli dalla Banca centrale europea riducendo al 2,5% il tasso di sconto, facendoci risparmiare un mare di miliardi sugli interessi che paghiamo annualmente sul nostro elevato debito pubblico. Poi, per buon prezzo, è sopravvenuto anche il regaluccio fatto ai compratori di Alitalia che, con pochi spiccioli, si sono impossessati della parte lucrosa dell'azienda pubblica, lasciando allo Stato, ovvero a noi cittadini, le attività che sono in rimessa e che saremo chiamati a pagare. "E paga Pantalone!", esclamava sconsolato il buon Toto. Ma per quanto ancora? Condividi