di Stefano Vinti

PERUGIA - L’indizione del referendum greco ha spiazzato un po’ tutti, una scelta che Papandreu rischia di pagar caro, accusato dagli esponenti del padronato di aver provocato la caduta delle borse.
Rifondazione Comunista dell’Umbria pensa, al contrario, che un referendum che consenta ai cittadini di decidere il proprio destino è la cosa più semplice che andrebbe fatta anche in Italia.
Da mesi sentiamo parlare dai telegiornali della speculazione finanziaria contro l’Euro e in particolare contro i titoli di stato della Grecia prima e dell’Italia poi. Per far fronte a questa speculazione il governo Berlusconi ha fatto un paio di manovre in agosto e adesso si appresta a fare ulteriori stangate. Dalla libertà di licenziamento all’allungamento dell’età per andare in pensione, dalla privatizzazione dei servizi pubblici locali alla messa in discussione dei contratti nazionali di lavoro, al taglio dei fondi per l’assistenza sociale.
Tutte queste misure sono state condivise con l’Unione Europea che anzi chiede – insieme alla Banca Centrale Europea – misure più pesanti di taglio della spesa pubblica. Si tratta delle stesse misure che da un anno sono state applicate alla Grecia e che hanno prodotto una pesante recessione e un drastico peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro in quel paese.

È evidente a tutti che queste misure non servono a combattere la speculazione finanziaria, basterebbe, invece, che la BCE, oltre che a prestare i soldi alle banche, li prestasse direttamente anche agli stati membri, cioè comprasse direttamente i titoli degli stati europei. In questo modo gli stati avrebbero il danaro necessario al tasso di interesse ufficiale dell’1,5% e non sarebbero obbligati ad andare a chiedere i soldi agli strozzini. La speculazione cesserebbe immediatamente perché non vi sarebbe più la possibilità di ricattare gli stati da parte degli speculatori.

Dobbiamo però aprire e tenere aperta la possibilità d'incidere con processi democratici rispetto alle scelte che i tecnocrati prendono in sedi sempre più lontane dai parlamenti. Quando gli indignados parlano di democrazia reale, ci dicono una cosa importantissima, ovvero che la dimensione delle scelte che riguardano il destino di un popolo riguarda qualcosa di più che eleggere ogni 5 anni i propri rappresentanti. Ci dicono che la sovranità appartiene al popolo e non alle banche e governi. Un referendum sulle politiche economiche del governo e della UE è la cosa più semplice che andrebbe fatta anche in Italia, e la proposta di Papandreu va accolta e rilanciata anche da noi. Ci diranno che non si può fare, perché nel nostro paese non è ammesso un referendum sulle materie economiche. Chi dirà questo sarà molto probabilmente chi la costituzione ed i principi che afferma la sta distruggendo inserendo la regole del pareggio di bilancio.

Noi siamo fermamente convinti che se il governo non vuole organizzare il referendum lo dobbiamo organizzare dal basso, affinché la crisi economica non continui ad essere l’alibi per speculatori interessati solamente ai profitti a danno delle cittadine e dei cittadini europei che della crisi non hanno alcuna responsabilità.
 

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