di Sandro Roazzi

La produzione industriale a marzo stenta, dice lʼIstat. Il primo trimestre dellʼanno fa peggio del precedente. Ma i dati tendenziali sono migliori, tutti in positivo e gran merito, ma non è una novità, spetta al settore auto che continua a correre con un...turbo-aumento che supera lʼ8%. È un andamento, quello della produzione industriale, che probabilmente tenderà a riequilibrarsi nei prossimi mesi e che si avvale di una tregua sociale di cui si parla poco ma che funziona e, con il rinnovo di grandi contratti, garantisce la continuità produttiva.
Altro scenario si avrebbe se le passate impuntature Confindustria non avessero continuare a frenare le trattative. Invece aziende e categorie sono andate per la loro strada, come avverrà sempre di più in futuro sotto lʼegida delle trasformazioni tecnologiche, il che che prima o poi imporrà probabilmente una seria riflessione sul ruolo della ‘confederalità’ imprenditoriale (e sindacale).
Fare i conti con il lavoro futuro si conferma la vera sfida per tutti i corpi intermedi. E quando il legislatore mostra una volta tanto la capacità di interagire con lo sconvolgimento in atto dellʼeconomia – è il caso del provvedimento sul cosiddetto Job act degli autonomi - ci si accorge che non pochi interrogativi finiranno per riguardare i comportamenti futuri delle parti sociali.
Il disegno di legge, ad esempio, inizia a regolare quei tipi di lavoro subordinato che un numero sempre maggiore di lavoratori svolgono e svolgeranno in parte in azienda ed in parte (o totalmente) a casa.
Un passo dovuto dallʼaccelerazione dellʼinnovazione, ma che richiama anche lʼesigenza di collegare le nuove regole alle relazioni industriali. Ad esempio, siamo sicuri che imprese e lavoratori che sbarcano su quei tipi di lavori assegneranno alle tradizionali rappresentanze, come in passato, il compito di definire diritti e doveri? E come si definiranno problemi di grande impatto come quello dei contributi, dei controlli, del mix eventuale fra lavoro regolato e lavoro. ..grigio? Come si arginerà la possibile discrezionalità sullʼattività, che può portare a fenomeni di piuʼ pesante sfruttamento? E come si risolverà il nodo di una frantumazione degli interessi e delle aspettative professionali? Come giudicare le responsabilità delle aziende su lavori che in buona parte sfuggiranno al loro monitoraggio? Quesiti che busseranno alla porta di volta in volta di imprese e sindacati, ma che preludono a cambiamenti inevitabili. Del resto se il lavoro cambia come possono resistere immutabili modi tradizionali di interpretare la rappresentanza? Anzi, in questa fase le forze sociali si trovano a dover fronteggiare sfide talmente imponenti che finirà per riemergere come priorità la necessità di rafforzare il ruolo politico su quello di servizio. E la partecipazione sarà il ponte necessario per traguardare la rappresentanza verso le nuove modalità del lavoro in una società completamente diversa.

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