Vorrei fare una premessa a questo mio breve intervento in questa occasione di presentazione del primo catalogo generale delle opere di Colombo Manuelli. La premessa è questa: Come sua allieva, amica, artista avrei potuto usare un linguaggio piu’ intimistico o personale per ricordare la sua vita e le sue opere ma il suo modo di essere militante nell’arte quanto nella politica, mi suggerisce di usarne un’altro di carattere pubblico e d’impegno civile. 

Gramsciano militante Colombo Manuelli di fronte agli avvenimenti storici non si è mai comportato da indifferente. Affermava Gramsci a tal proposito: “Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. (…) L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare (...) 
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. (…) Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. (A. Gramsci 1917)

Proprio in questo tempo indifferente diventa attuale più che mai la biografia artistica, politica ed umana, di Colombo Manuelli, nel suo essere esponente di un movimento che nella Storia dell’Arte, da Delacroix fino alla fine degli anni ‘70 del Novecento, di fronte alle vicende umane, non ha accettato di comportarsi da osservatore distaccato. Un movimento formato e animato da artisti che si sono assunti la responsabilità, il rischio, di una riflessione su quel patrimonio culturale alla cui origine, come scriveva W. Benjamin, non si può non pensare con orrore dal momento che deve la sua esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato ma anche alla schiavitù senza nome dei loro contemporanei. Per Colombo Manuelli la  concezione dell’arte moderna era non neutralizzata e mai neutrale ma sempre in una situazione problematica e aporetica. In questo senso un’arte non-ideologica è probabilmente impossibile. L’arte nel suo prendere posizione mantiene la sua autonomia, quella  funzione essenziale di dire la verità a un mondo-non-vero. Autonomia, artistica/culturale/politica...  questo è il principio che ha ispirato il suo lavoro e il suo insegnamento. Ed è proprio, paradossalmente, l’essere partigiani, l’avere una visione del mondo, un punto di vista a garantire questa autonomia; avere un’autonomia permette un confronto/conflitto con la realtà, permette quel distacco necessario del pensiero critico che diversamente finirebbe per appiattirsi e uniformarsi all’esistente così com’è.

Come ogni artista la sua strada era tracciata ma non si trattava di una linea retta quanto piuttosto di una linea spezzata in più punti nei quali egli si è aperto alle contraddizioni, ai dubbi, alle incertezze del suo stesso operare. La sua arte si è rifiutata di scadere a feticcio, ad un gioco di linguaggio innocuo e senza impegno che rinuncia alla sua funzione critica per posizionarsi in un mercato che fa della politica stessa uno spettacolo. Lui sperimentava su di sé quel metodo con cui grado a grado, strato a strato l’umanità acquista coscienza del proprio valore, del proprio diritto di vivere indipendentemente dagli schemi. Tutto questo sotto la lente di una riflessione intelligente, con un intenso lavorio di critica, di penetrazione culturale, di permeazione di idee attraverso le linee, i segni, la materia, proponendo un sistema comunicativo con l’ambizione di far conservare all’arte il suo rapporto con la verità.

Colombo Manuelli non ha voluto dare un nuovo contenuto all’arte perché questo contenuto per lui non può essere pensato astrattamente, separato dalla forma. Egli aspirava ad uno sconosciuto modo di sentire e vedere la realtà. L’arte per lui è stata una nuova intuizione della vita. Posso testimoniare per conoscenza diretta, ma possono farlo anche tutti e tutte quelli e quelle che l’hanno frequentato, la fatica di questa sua ricerca e pratica di autonomia, perseguita in ogni gesto, in ogni parola, in ogni sua azione, nella sua relazione con gli altri.
In questo era una persona non facile e mai accomodante.

Colombo Manuelli è stato il mio primo maestro, un maestro fuori dagli schemi, che mi ha trasmesso, quella radicalità poetica, quell’andare alla radice delle cose, che ha caratterizzato le mie scelte, e la mia visione del lavoro artistico. Una radicalità appassionata, viva, che si oppone risolutamente ad un arte-feticcio, la stessa che poi in anni successivi ho ritrovato in Nuvolo (di cui il maestro era amico), in Dadamaino e in altri artisti e che oggi sembra evaporata in una concezione della forma artistica e conoscitiva pacificata. 

Di Colombo Manuelli conservo una memoria che non è un dispositivo di difesa dal presente ma che anzi serve a riflettere su di esso. Oggi, vorrei ricordare in particolare, in un momento in cui si ripropone come scrive egli stesso nel testo “Definire l’avanguardia oggi”quella situazione in cui: “L’illusione di risolvere le difficoltà che si incontrano in ogni processo di cambiamento riaggrappandosi alle vecchie certezze, in prospettiva finisce per generare sbandamento, lacerazione e polverizzazione dello stesso tessuto sociale, il quale abbandonato a se stesso può essere facilmente indirizzato verso quel tragico appuntamento di morte che è il riproporsi della guerra”. Dicevo, vorrei ricordare, un’opera che Colombo Manuelli fu invitato a realizzare come segno finale della Marcia della pace (1981) dedicata ad Aldo Capitini. L’opera era composta da un traliccio posto sulla Rocca di Assisi con otto stendardi bianchi che recavano la scritta: OLTRE LE BANDIERE LA PACE…Scritta in cui rimane aperta la questione e l’interrogativo su quali siano le bandiere da oltrepassare per costruire una pace vera…

Ringrazio Aldo Iori ed Enrico Sciamanna per aver realizzato questo accurato lavoro di ricerca critica su Colombo Manuelli. Invito tutti e tutte a leggere i preziosi documenti che sono stati raccolti. Documenti che hanno un doppio valore dal momento che ci permettono anche di riscoprire l’importanza culturale di personalità che questa città non ha mai amato e non ha mai valorizzato. 

(Opera: Segni per la Pace
Settembre - ottobre 1981, a cura del Comitato italiano per il Disarmo, Rocca Paolina, Perugia e Rocca di Assisi (Pg).
Catalogo a cura di Bruno Corà. Testi di Giulio Carlo Argan e Bruno Corà, Perugia 1981.)

Il testo è tratto da: Laboratorio, Artisti a Fossato di Vico
31 marzo - 23 agosto 1992, a cura di Mariano Apa, Fossato di Vico (Pg). Catalogo a cura di Mariano Apa con testi di artisti e critici, Perugia 1992. Nel catalogo Colombo Manuelli interviene con il testo Definire l’avanguardia oggi.) 

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