Vito Nocera DA KEROUAK A TONINO
Quel determinismo per cui ciò che viene sta sempre un po' in ciò che lo precede non sempre e' convincente.
E pero' che nella rivoluzione musicale popolare dei cosiddetti complessi italiani degli anni 60 vi sia una genesi più profonda non c'e' dubbio. I ragazzini, a corto di letture e con scarsa qualità musicale, che nei primi anni 60 popolavano con le loro chitarre sottoscala e cantine il più delle volte non sapevano da dove arrivava ciò che sentivano dentro.
E pero' lo sentivano.
Il Beat, sia esso una cultura o un genere musicale, fu un modo d'essere. Anche gli stessi grandi movimenti sociali del 68 e' da lì che trassero la loro energia. Quelli della beat generation fecero scuola, loro erano intellettuali finissimi e spiazzanti. E le loro domande, a tratti autolesioniste, una grande autocoscienza del mondo su sé stesso, modellarono i tempi.
Di quella grande rivolta intellettuale che veniva dagli Usa ognuno a suo modo ne introietto' qualche spicchio. Come quel rock and roll piu' leggero, contaminato dalle sonorita' piu' diverse, che dall'Inghilterra arrivo' fino a noi.
Le cantine e i localini ne furono invasi. Ad emergere gruppi che hanno segnato la giovinezza di tanti. Equipe 84, Rokes, Dik Dik, Corvi.. Tra loro i Camaleonti.
Il loro front man, come oggi si chiama, finita la primissima fase con Ricki Maiocchi, fu Tonino.
Tra i tre gruppi italiani maggiori il suo fu il meno beat in senso proprio. L' Equipe di Vandelli e i Dik Dik si spingono su frontiere piu' larghe.
La voce metallica di Vandelli conferiva all' Equipe un tocco di internazionalita', mentre i Dik Dik, gruppo piu' collettivo e poetico - con pezzi che inneggiavano alla California o all'isola di Wight - si allacciavano ai grandi miti della contestazione americana.
Tonino fu il cantante romantico di un gruppo beat un po' anomalo. Il loro retroterra era Milano, un ambiente artistico che oscilla tra il cabaret e Celentano.
Tonino sia pure in chiave beat cantava l'amore, spesso disilluso e struggente, quasi sempre perduto.
Non a caso la sua cover principale fu quella Homburg ( l'ora dell'amore ) che i Procol Harum avevano portato al successo.
Lui non aveva la grinta di altri leader dei gruppi. Per cantare uno dei loro più grandi successi, Applausi, ci volle Livio Macchia.
Con la lei che mancava c'era pero' la marea di mani che acclamavano il leader..applausi di gente intorno a me..non avrebbe retto a quel ruolo il mite Tonino.
Il volto timido, sfuggente, la voce dolce, i modi educati e garbati ne facevano un beat particolare.
Anche i capelli non furono quasi mai troppo lunghi. Li aveva allungati con gli anni. Forse per segnare un filo rosso col tempo ora che doveva acconciarsi al revival di piazze minori.
Eppure i Camaleonti e Tonino conobbero clamori e successi. Ma il tempo correva, il mondo cambiava e quell'onda finiva. Ai capelloni e alle loro/nostre ingenue utopie di fratellanza universale si sostituirono teste rasate e sguardi piu' truci. E oggi siamo a un paesaggio sociale pre anni 50 e pre 68. Per Tonino non c'era più posto. Si e' addormentato da solo, un po' come qualche anno fa il caro Paolo Morelli degli Alunni del Sole. Speriamo quella sua faccia triste sia finalmente felice. In fondo in fondo forse beat voleva dire proprio questo: Vincere la solitudine, batterla.
Non ci siamo riusciti ma almeno ci abbiamo provato.
Applausi.
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