E' di questi giorni la mobilitazione di sindaci, associazioni di categoria, cittadini e della stessa politica contro l'introduzione dei pedaggi sui raccordi stradali che toccano grandi e medie città.
Appaiono serie e condivisibili le considerazioni di tanti amministratori che segnalano la completa insostenibilità di una gabella per coloro che sono costretti ad utilizzare tratti di strade che hanno la funzione non tanto di grande arteria autostradale per lunghe percorrenze quanto di viabilità periferica di collegamento alla rete urbana.
In Umbria la questione, da anni rilanciata per la E45, tocca il raccordo Perugia-Bettolle che, collegando la stessa E45 all'autostrada A1, assolve anche il compito di organizzare l'accesso, seppure con fatica, alla città capoluogo di Regione.
I pedaggi dovrebbero servire a racimolare i soldi necessari alla manutenzione ordinaria, quasi completamente assente, e straordinaria, da anni ormai latitante, delle nostre strade.
Il mantenimento, in molti casi il recupero, di standard almeno sufficienti di sicurezza su strade, autostrade, ferrovie, è un serio ed annoso problema.
Nei trasporti e più in generale nella mobilità, come in altri campi, lo smantellamento di politiche di programmazione chiare, comprensibili, trasparenti e coerenti con previsioni di medio e lungo periodo, comincia a produrre effetti devastanti.
Lo stato italiano ha ceduto ai soliti noti, agli amici degli amici, ai tanti capitani d'industria la rete delle autostrade. Lor signori, gli stessi che hanno spostato le produzioni nei paesi dove il lavoro senza garanzie e diritti costa poco, stanno realizzando guadagni miliardari col solito gioco che destina i profitti di gestione ai privati e scarica sullo stato, su tutti noi, i costi degli investimenti.
Ora, in un paese che fa derivare le sue entrate soltanto dai redditi da lavoro dipendenti, mancano i soldi per “tappare” le buche e la fiscalità generale non riesce ad assicurare più i servizi minimi alla persona.
Dieci giorni or sono ci siamo ritrovati, insieme a tanti amministratori di quei territori, a festeggiare la riapertura di un cantiere umbro della Perugia-Ancona, un'opera che si trascina da anni e per la quale vengono destinati finanziamenti con il contagocce.
Ed allora ecco la gabella, il pedaggio, esattamente come veniva richiesto dal feudatario ai contadini che trasportavano merci utilizzando le strade che lui aveva costruito.
La privatizzazione speculativa insieme alla mancanza di programmazione è la causa di questa situazione.
Ed è la stessa situazione che riguarda la rete ferroviaria: investimenti pubblici per l'alta velocità, quella remunerativa e competitiva col trasporto aereo, su cui fanno miliardi i soci privati entrati nelle società di gestione.
Nella nostra regione è acceso il dibattito sull'ipotesi di variante al raddoppio della Orte-Falconara, secondo un progetto che sembra più funzionale ed attuale del precedente.
Ma è lecito domandarsi come e quando, nel contesto sopra descritto, potranno arrivare i finanziamenti per la realizzazione di questa indispensabile opera, preferibilmente nella nuova sede.
L'Italia è un paese nel quale, ormai da decenni, le questioni di grande rilevanza sociale ed economica, che, per questo, dovrebbero essere guidati da una strategia enunciata e da una seria programmazione, sono affrontati sempre in emergenza, con l'affanno di trovare risposte immediate a problemi urgenti.
Sembra quasi che questa condizione sia stata assunta da molti di noi come ineluttabile, intrinseca ad una specifica modalità d'essere degli italiani.
E tutto è diventato e diventa emergenza: il lavoro, i rifiuti, la salute, l'istruzione, e via dicendo.
Niente sembra sfuggire alla logica dell'emergenza.
Nemmeno la conservazione e la protezione del territorio, anche a fronte degli eventi naturali.
Piove, città intere si allagano, frane e smottamenti interrompono strade e vite umane e ce la prendiamo con le stagioni.
C'è un terremoto, crollano edifici, non solo storici ma anche di recente costruzione, e la colpa è della natura, che , si sa, spesso è matrigna e cattiva.
Mai che si parli di questi fenomeni come il risultato di decenni di devastazione ambientale, di edificazione dissennata, di sperpero di denaro in cementificazione di regioni intere e corsi d'acqua, di opere inutili realizzate, per di più, con tecniche obsolete e metodi speculativi.
E' il risultato della cessione della gestione democratica del territorio alla logica del guadagno immediato e più alto possibile da realizzare nel quadro liberista del mercato senza regole, dove l'investimento, qualunque esso sia, è prioritario su tutto e non può essere sottoposto a regole e controlli che ormai sono dai più indicati come “lacci e laccioli”, freni delle sorti progressive del capitalismo avanzato.
Ed allora: se è giusto, e lo è, protestare contro la gabella-pedaggio; se è doveroso denunciare i ritardi e le mancanze dei finanziamenti necessari per la realizzazione di infrastrutture indispensabili per l'Umbria; è altrettanto e, forse di più, giusto e doveroso ribellarsi alla cessione del nostro territorio per la realizzazione di una grande opera che non serve all'Umbria ma che l'Umbria devasta, il gasdotto Brindisi-Minerbio.
La politica, tutta e trasversalmente, che in questi giorni ha preso una ferma posizione sull'ipotesi di introdurre il pedaggio sul raccordo Perugia-Bettolle, deve prendere una altrettanto chiara posizione rispetto a questo progetto della Snam.
Non possiamo consentire a logiche speculative e parassitarie di tar-tassare i cittadini umbri.
Non dobbiamo consentire che il territorio regionale, la vera, unica e durevole, risorsa umbra venga svenduto alla speculazione di una grande azienda che ha deciso unilateralmente di far passare qui, in aree economicamente sottosviluppate ma ambientalmente straordinaria, il tubo che, portando gas dal sud Italia al nord Europa, farà fare guadagni a quell'azienda, e solo ad essa, miliardari. La ricaduta che quest'opera avrà in Umbria sarà solo quella di rimanere permanentemente e, pensando alla sismicità dell'Appennino, pericolosamente ferita.
L'auspicio è che i rappresentanti delle istituzioni e dei partiti che si sono espressi contro il pedaggio, prendano contezza dei costi ben più alti che il gasdotto presenterà all'Umbria ed agli umbri e, di conseguenza, unisca la propria voce alla nostra per ottenere che la Regione Umbria riveda quanto prima la sua posizione favorevole alla realizzazione del gasdotto lungo la dorsale appenninica.

Il Vice Presidente del Consiglio Regionale
Orfeo Goracci

 

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