di Stefano Vinti // Associazione culturale Umbrialeft

Perugia, 10 agosto - L’Istat nel suo recente rapporto sulle povertà, ci informa che nel 2019 “sono quasi 1,7 milioni le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta con una incidenza pari al 6,4% (il 7,0% nel 2018), per un numero complessivo di quasi 4,6 milioni di cittadini (il 7,7% del totale, rispetto all’8,4% nel 2018). Dopo quattro anni di aumento, si riducono per la prima volta il numero e la quota di famiglie in povertà assoluta pur rimanendo su livelli molto superiori a quelli precedenti la crisi del 2008-2009”.

Quindi, il Reddito di Cittadinanza pur non abolendo la povertà, come aveva annunciato Di Maio, ha avuto un effetto positivo ma ancora distante da essere uno strumento decisivo nella lotta alle diseguaglianze, infatti coinvolge 2.840.053 persone, ma coloro che versano in povertà assoluta sono 4,6 milioni (come scrive L. Filippi sul n.26 del settimanale Left).

Per questo l’associazione ‘Basic Income Network’ (Bin Italia), sostenitrice della lotta per un ‘vero’ reddito di base, ha promosso un appello a “rimettere mano sin da subito alla misura del Reddito di Cittadinanza”. Su quattro elementi fondamentali: l’erogazione monetaria; l’accessibilità; l’individualità; la temporalità.

L’erogazione monetaria dovrebbe arrivare al valore medio della Cassa integrazione.

L’accessibilità dovrebbe essere favorita innalzando i parametri Isee e facendo riferimento all’attuale condizione economica e non a quella certificata dalla dichiarazione dei redditi, che corrisponde a quella dell’anno precedente.

L’individualità, che non deve essere parametrata sul nucleo familiare e non deve avere più come riferimento la condizione lavorativa, ma deve rappresentare “l’esigibilità di un diritto” indipendentemente dal lavoro o dal non lavoro.

Infine, la temporalità. Per ogni nuova emergenza si è aggiunto un nuovo ammortizzatore sociale a tempo. Ma replicare questa logica significa, che una volta superata si torna ad una situazione di diseguaglianza, iniquità e ingiustizia sociale, non dando una risposta strutturale al problema.

La proposta avanzata da Bin Italia, è chiara e condivisibile: “Riformare il Reddito di Cittadinanza, erogato a tutti coloro che non hanno la possibilità di accedere a un reddito netto simile alla media della Cassa integrazione, e che dovrebbe inglobare tutte le altre proposte selettive e settoriali di sostegno al reddito, favorendo un processo di convergenza verso una misura unica, semplificando il modello e ottimizzando anche dal punto di vista gestionale le risorse”.

Tale riformulazione del Reddito di Cittadinanza, insiste Bin Italia, “può diventare uno dei pilastri per immaginare un welfare adeguato alle trasformazioni involutive e regressive che attraverseranno il futuro mercato del lavoro, alla luce delle sperimentazioni in corso in tema di telelavoro, e soprattutto di smart working, del ruolo che assumeranno le nuove tecnologie a partire dalla Intelligenza artificiale e dal ruolo della robotica nei prossimi tempi”.

Riformare il Reddito di Cittadinanza in un’ottica inclusiva e di redistribuzione della ricchezza, per arginare la crisi e avviare una ripartenza che alluda ad un modello di sviluppo e sociale imperniato sulla solidarietà e che apra un ‘fronte di lotta’ vero alla povertà e alle diseguaglianze.

La costruzione di un ‘fronte’ presuppone il confronto e la mobilitazione dei movimenti e dei soggetti politici, in Italia come in Umbria, da subito.

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