Con la bocciatura di oggi sembra definitivamente archiviato il progetto di legge Pillon e con esso il tentativo di riportare indietro nel tempo il diritto di famiglia italiano.

Se di questo non possiamo che gioire, ripensando a quanta fatica c’è voluta nel nostro Paese per arrivare a questo punto (il delitto d’onore era nel codice fino al 1981… lo stupro era un reato contro la morale e non contro la persona fino al 1996), ci sembra opportuno far notare che il movimento dei diritti civili, negli ultimi tempi in forte crescita, debba chiarirsi le idee su alcuni argomenti importanti che sono riassumibili nella frase-slogan “giù le mani dal corpo della donna“.

Se è una frase assolutamente condivisibile e riconducibile al più generale principio enunciato da J.S. Mill “Su se stesso, sul suo corpo e sulla sua mente, l’individuo è sovrano” bisogna che le donne riflettano (soprattutto loro, direttamente coinvolte) cosa vuol dire seguire questo principio.

Ad esempio sulla questione della maternità surrogata.

Pillon è stato forse accantonato dalla stessa Lega abbiamo detto, eppure all’interno di questo nuovo movimento per i diritti trasversali e una volta tanto pansessuale (speriamo che nessuna voglia più rispondere alla misoginia con la misandria) in cui le associazioni delle donne e quelle lbgt sono di certo i motori più caldi, abbiamo francamente sentito spesso dei distinguo incomprensibili, ogni qualvolta si voglia allargare la piattaforma delle richieste.

Sembra purtroppo un ritorno a considerare la richiesta dei diritti civili non ancora concessi in maniera diffusa nel mondo occidentale, come una cosa di “nicchia” o come un’espressione del “mercato turbocapitalista” (tanto per citare una delle più infelici espressioni di Diego Fusaro sedicente marxista piacione tanto ascoltato da neofascisti e neostalinisti); viene proprio da dire che in politica non si impara mai dai propri errori.

La maternità surrogata (e non utero in affitto, termine coniato appositamente dai clericali per mettere in cattiva luce la pratica) infatti è semplicemente un patto fra due donne che si mettono d’accordo per cui una porti in grembo il figlio dell’altra.

Perché fanno questo patto? Perché è una cosa tecnicamente possibile da fare e perché certe donne non possono avere figli.

Quando si ha la pretesa di negare una richiesta si devono avere dei motivi che valgano etsi deus non daretur, come si usa in tutte le democrazie evolute. E sia ben chiaro che dire “è contro natura” vale in questo campo quanto dire “dio non lo vuole”. Riassumendo il concetto: quando si vuole negare una richiesta di quello che qualcuno ritiene un suo diritto può esserci solo la giustificazione per cui quella richiesta lede i diritti di un’altra persona o di altre persone e quindi la libertà del richiedente infrange i limiti della convivenza civile.

Abbiamo letto decine di articoli e diversi libri contro la pratica della maternità assistita; alla fine i motivi contrari alla pratica sono di tre tipi:
– quelli francamente ridicoli (memorabile in tal senso l’argomentazione giuridica di Daniela Danna: la gestazione per altri mette a rischio il principio cardine del diritto mater semper certa est);
– quelli che parlano di immoralità/innaturalità;
– quelli che paventano l’instaurarsi di una forma di schiavitù economica verso la donna che mette a disposizione l’utero.

Tralasciamo le prime due categorie e vediamo cosa può generare obiezioni rientranti nell’ultima categoria.

Prendiamo due ipotetiche donne che chiamiamo Franca e Valeria; la seconda, Valeria, per motivi medici non può aver figli. Una volta accertato che fra esse esiste un rapporto paritario per cui sono entrambe libere, in grado di intendere e di volere e senza obblighi nei confronti l’una dell’altra. Si possono venire a creare due casi.

Caso A: Franca e Valeria sono amiche, sorelle, cugine, parenti e in base a questo rapporto Franca mette a disposizione il suo utero per Valeria in nome della solidarietà; porterò il figlio biologico di Valeria, ottenuto con l’inseminazione in provetta del suo ovulo con lo spermatozoo del compagno. Ora, davvero sfidiamo chiunque a trovare un solo motivo democraticamente valido per cui questo non debba essere possibile. Anticipiamo anzi l’obiezione di alcuni difensori dei bambini: “perché il figlio viene tolto alla madre che l’ha portato in grembo”… a parte il fatto che il bambino se non si fa così non nascerebbe quindi non si capisce il senso logico dell’obiezione, in secondo luogo allora bisognerebbe essere contrari alla possibilità di adozione tout court e ci fermiamo qui perché è inutile perdere tempo facendosi trascinare in discussioni totalmente prive di logica.

Caso B: Franca e Valeria non si conoscono ma Franca è disponibile a fare ciò che l’altra le chiede non per solidarietà ma dietro compenso economico. Questo secondo alcuni significa generare un rapporto di schiavitù economica dei benestanti nei confronti delle classi povere.

Ora ammesso e non concesso che questa obiezione abbia un senso, semplicemente si può fare tranquillamente una legge (come in Inghilterra) che consenta il caso A e proibisca il caso B. Sarebbe comunque un passo avanti.

Ammesso e non concesso però perché, ve lo dobbiamo proprio dire, ci viene da ridere pensando al fatto che nella nostra splendida società va benissimo che una donna o un uomo lavorino per 60 ore a settimana per uno stipendio di 500 euro al mese, in un call center, come commessi, come stagisti, come shampisti, come giardinieri, come moderatori di social network, come badanti, come soci di pseudo-cooperative, come raccoglitori di pomodori… però se una donna fertile decide di prendere quindicimila euro per portare nove mesi il bambino di un’altra improvvisamente, ma guarda un po’, ci rendiamo conto che c’è un rischio di schiavitù economica nella nostra società capitalistica. Verrebbe da dire: ma solo quando dovete rompere le scatole a chi vuole decidere autonomamente come gestire il proprio corpo vi svegliate?

“Nessuno può mettere le mani sul corpo della donna”. Esatto… nessuno. Neanche le altre donne, eppure la nostra amica Maria Sole nella sua battaglia per avere un figlio suo anche se è nata senza utero non si trova contro solo Salvini e i leghisti, il che ci può stare, ma anche le donne che gli dicono “Ma perché non lo adotti?” , “Ma perché non fai richiesta per l’affido?”, “Ma perché non compri un cane?”

Esattamente quello che è successo a tante altre nostre amiche che hanno percorso o stanno percorrendo la strada della PMA, loro che un utero ce l’hanno ma non è sufficiente perché di problemi ce ne sono anche altri.

Allora riscriviamolo e impariamolo a memoria “SU SE STESSO, SUL SUO CORPO E SULLA SUA MENTE, L’INDIVIDUO È SOVRANO”.

Altrimenti se fra donne pretendete di stabilire chi fra voi ha comportamenti morali e chi no, non meravigliatevi se poi c’è ancora chi pretende di dirvi come andare vestite.

Alessandro Chiometti

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