La sanità in Umbria di Stefano Vinti
ARTICOLO STEFANO VINTI SANITA’
In breve tempo la destra al governo dell’Umbria ha creato uno squilibrio di bilancio di 200 milioni di euro. La cosa non sorprende considerando l’incredibile girandola di direttori sanitari e l’estraneità dall’Umbria dei vertici politici sanitari che stanno ancora compiendo un lungo periodo di conoscenza delle problematiche territoriali.
I provvedimenti annunciati per rientrare dal deficit (sempre precedentemente smentito) fanno perno sui tagli economici, dalle uscite per spese del personale sanitario, ai tempi di degenza. Il deficit produrrà effetti disastrosi, e non c’è escludere neppure un possibile aumento dell’IRPEF e dell’IRAP regionali. Inoltre il debito, è inutile nasconderlo, avrà un forte impatto sociale e produrrà un danno alle imprese. I conti fuori controllo stanno a significare che esiste una relazione diretta con l’inefficienza del sistema, come purtroppo molti pazienti umbri hanno potuto verificare. I precedenti governi regionali hanno dovuto fronteggiare, tra il 2010 e il 2019, i tagli lineari di Tremonti, del Governo Monti e i vari riequilibri imposti dai governi centrali, e seppur è vero che la fase del COVID ha messo a dura prova il sistema, allo stesso tempo sono state trasferite dal governo centrale una quantità di risorse come mai se ne erano viste.
Ma la Giunta Regionale Tesei non è stata minimamente in grado di garantire i servizi ordinari, necessari e indispensabili per i pazienti. Situazione ancora più aggravata e resa insanabile dalla mancanza di personale medico e infermieristico. Non è inutile, qui, ribadire la vergognosa lunghezza delle liste di attesa in Umbria, tanto da imporre a tanti pazienti di acquistare i servizi presso la sanità privata o recarsi fuori regione. Una necessità che oramai riguarda, addirittura, i malati oncologici. L’annunciata istituzione di una task force da parte della regione sembra più una risposta all’opinione pubblica che una reale volontà politica. La politica sanitaria della destra, ormai palesemente, ed anche coerentemente con il proprio programma elettorale, spinge al rafforzamento della sanità privata, che non ha niente a che vedere con il “modello di integrazione” con il privato della Lombardia (tutto avrei pensato meno che si potesse fare peggio del modello Formigoni), da noi infatti è un processo non governato, dove c’è chi, addirittura, pretende convenzioni con cliniche private che ancora non esistono, assistiamo a un fiorire giornaliero di studi medici e di analisi che garantiscono prestazioni senza prenotazioni, “cliniche” odontoiatriche, ecc. Tralasciando che il nodo centrale per risolvere i problemi della sanità è legato alla medicina del territorio e una forte politica di prevenzione.
Insomma, sempre più il diritto alla cura per i cittadini vacilla (anche a causa dei ticket e della aziendalizzazione sanitaria) e sempre più la sanità diventa un affare e la salute una merce. Solo una radicale svolta a favore della sanità pubblica come bene comune, e il ritorno della centralità del paziente e dei suoi bisogni di salute, può salvarci da un disastro annunciato. Tutto questo resta comunque legato alle decisioni del Governo Meloni relativo al superamento del numero chiuso di Medicina.
Stefano Vinti Associazione Culturale Umbrialeft
(pubblicato da il Corriere dell'Umbria 18 genn 2023)
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