Una amicizia vera, fraterna. Questo posso dire di Sanio Panfili e di me nei lunghi anni di comune militanza politica, nei lunghi anni di un diverso impegno politico, nelle tante occasioni di azioni istituzionali ed amministrative a Gubbio ed in Regione. Imparammo a conoscerci ed apprezzarci grazie all’azione formativa, pedagogica di sua zia Maria Eda intelligente militante comunista ed amministratrice comunale sin dagli anni ‘50, che contribuì al formarsi della nostra identità personale e del nostro impegno politico. Grazie a lei nel 1973, dopo il trionfo elettorale del PCI, quando fu il momento di individuare i componenti della nuova Giunta, Sanio fu scelto per proseguire nella linea di ringiovanimento del gruppo dirigente iniziata nel 1968 quando mi fu affidato, avevo 24anni, il gravoso compito di sindaco. Sanio si ritrovò, giovane ingegnere, a dirigere in particolare il progetto di recupero e di riqualificazione del quartiere di San Martino, parte essenziale del centro storico di Gubbio. Quella sua capacità davanti ad un compito così impegnativo e nell’assenza di riferimenti nazionali fu la dimostrazione di avere una risorsa a cui affidare, senza incertezze, l’incarico di sindaco quando io fui eletto in Regione. Sanio ha ben amministrato, gli eugubini lo riconfermarono due volte nel ‘79 e nell’83 a quella carica! Espresse ad alto livello le sue qualità anche quando fu eletto presidente del Consiglio regionale, proprio negli anni  nei quali l’Assemblea visse la scomparsa del gruppo PCI con la divisione tra PDS e RC,  l’arresto di due consiglieri regionai, il travaglio istituzionale sino, per fortuna, alla elezione di Claudio Carnieri a presidente della Regione. Nel duro dibattito interno al PCI sulla intenzione di Occhetto di disfarsi del soggetto politico che era tanta parte dei lavoratori e del popolo italiano Sanio ed io facemmo scelte diverse, la nostra amicizia restò salda ed immutata. In molte occasioni, in questo ultimi anni, ci siamo ritrovati a parlare di quel tempo, ormai alle nostre spalle, nel quale le nostre identità, le nostre certezze, le nostre speranze erano la forte spinta ad agire, ad essere parte propulsiva della classe lavoratrice senza se e senza ma. L’oggi in cui ci ritrovavamo era un ben misero  risultato di scelte politiche mai da dimenticare per i guasti che ha prodotto, per le ferite che ha inferto a tanti italiani, per un futuro rubato alle nuove generazioni. Sanio, nonostante tutto, era rimasto nel PDS e poi nel PD, con la speranza di contribuire a non far perdere almeno gli ultimi elementi culturali ed identitari che venivano dalla storia del PCI, forse animato dalla speranza che in qualche modo si riaprisse una prospettiva di azione politica che tornasse a parlare con la gente, con i lavoratori, con i giovani. Sono sicuro che sino all’ultimo questo è stato il suo impegno. Un’amicizia fraterna, un Compagno che è nei nostri cuori.

 

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