Sagra Musicale: quando Maria Callas cantò a Perugia
La storia che in pochi conoscono di Maria Callas a Perugia e del Maestro Francesco Siciliani

La nuova Sagra Musicale Umbra mette tutti d'accordo, una riscoperta e una nuova valorizzazione di un evento che negli anni passati era considerato tra i maggiori d'Europa giocandosi il podio con il Maggio Fiorentino e il Festival di Strasburgo. Siamo negli anni del dopoguerra e Perugia con il Maestro Francesco Siciliani e una sorta di fucina della musica, grazie agli alleati che inaugurano stagioni di grandi concerti alla Stranieri, fucina di talenti. A dirigere quella fucina un uomo come ce ne sono pochissimi al mondo, il Maestro Francesco Silvestri, perugino e figlio di una famiglia calabrese vocata alla musica che a soli sei anni è capace di dirigere l'Orchestra del Morlacchi in una memorabile serata di beneficenza. Clarinetto, violino, pianoforte, spesso da autodidatta, compositore e direttore artistico del San Paolo di Napoli.
A Perugia si rifugiò durante la guerra e alla Stranieri fece il suo quartier generale, ridando vita e vigore alla Sagra Musical Umbra. In quel periodo gli fu presentata una giovane cantate lirica, una soprano, raccomandata dal direttore d'orchestra Tullio Serafin. La cantante era bravissima ma non godeva delle grazie di Arturo Toscanini e del direttore artistico della Scala di Milano, la costringevano al silenzio. Quella cantante era Maria Callas che venne a Perugia per essere ascoltata proprio da Siciliani.
"Non è una soprano, è una straordinaria mezzosoprano" sentenziò il maestro, riconoscendo in lei doti che poche altre cantanti potevano vantare.  La differenza? E' l'estensione vocale, la capacità di essere uno e l'altro, interpretando ruoli difficili e trasformando di continuo le sue capacità.
In quella audizione di metà ottobre del 1948 egli seppe vedere nella Callas la reincarnazione dei grandi soprani drammatici di coloratura ottocenteschi, in grado di ridare valenza drammatica a opere come Lucia di Lammermoor, Norma e I Puritani. Impose quindi al sovrintendente del teatro di inaugurare la stagione imminente con Norma e di scritturare la cantante per tre anni. Ne vinse le resistenze minacciando di tornare al S. Carlo. In meno di un mese la Callas studiò l’opera, esordì il 30 novembre e avviò una carriera trionfale che rivoluzionò l’interpretazione vocale e scenica del melodramma.
La Callas come infinito ringraziamento volle essere a Perugia per la Sagra Musica Umbra, appena otto mesi dopo, nel 1949, dopo la straordinaria Norma alla Scala, Maria Callas si consacrò, proprio alla Sagra Musicale Umbra, il talento che cambiò il modo di interpretare le opere liriche, conquistando il mondo.

Il segreto di Siciliani era di essere egli stesso in primo luogo un artista in potenza: vuoi per talento, vuoi per formazione e studio. Avrebbe potuto essere un pianista o un compositore se la curiosità intellettuale, di forte impronta umanistica, non lo avesse spinto a non precludersi il piacere della scoperta al di fuori di una sola specializzazione professionale. Amava gli artisti, per i quali aveva un fiuto particolare, pressoché infallibile; ma sotto sotto sapeva coglierne con ironia i lati meno gradevoli, quel misto di infantile e di megalomane che è proprio dell’interprete musicale. Li ammirava e insieme li guardava con sospetto. Soprattutto, sapeva manovrarli come nessuno.

Aveva elevato a sistema, fino a farsi un nome proverbiale, il principio della sospensione: non dire mai né di sì né di no. Naturalmente sapeva benissimo fare le sue scelte e influenzarne i risultati, ma in modo che la decisione sembrasse sofferta, incerta proprio per la sua importanza, da ultimo fatale. D’altra parte sapeva convincere come pochi della bontà dei propri consigli, correndone fino in fondo il rischio, salvo ritirarsi in disparte qualunque ne fosse l’esito: che era sovente splendidissimo, e che lui dimenticava subito per passare al successivo. Uno stratega così fine, con una psicologia alquanto complicata, alla cui radice vi era una componente cattolica fortissima e inquieta, era però anche capace di passioni inesauste, di implacabili fedeltà a un’idea o a un autore; allora Siciliani diventava una sorta di missionario a cui l’altrui convincimento non bastava mai, giacché c’era sempre qualcos’altro da aggiungere per approfondirlo e rafforzarlo.

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