Quando i disoccupati hanno testa e capacità politica
La crisi socio-sanitaria in corso oramai da un anno e mezzo, ha prodotto nella nostra città e nella nostra Regione, tra le altre cose, una forte diminuzione dei posti di lavoro ed un importante incremento dei senza lavoro (in particolare degli inattivi, ossia coloro che sono talmente scoraggiati da non cercare più lavoro e quindi non rientrano nelle statistiche relative alla definizione di disoccupato/a) specialmente tra i più giovani.
I dati che ci fornisce l’Aur (Agenzia Umbra Ricerche) nonostante sottostimino la gravità della situazione (a causa del recente sblocco dei licenziamenti i cui effetti emergeranno nel prossimo futuro), indicano chiaramente un incremento delle famiglie in condizioni di povertà assoluta e relativa anche nella nostra Regione.
Riportiamo di seguito alcuni dati della recente relazione economico-sociale dell’Aur “l’Umbria e l’anno più difficile”:
“Dal 2019 al 2020 l’Umbria ha dunque perso quasi 6 mila e 500 occupati, con un tasso di caduta (-1,8%) che ha penalizzato di più la componente maschile, ma che ha lasciato inalterato il tasso di femminilizzazione dell’occupazione (42%). In Italia, il calo è stato un po’ più elevato (-2,0%) e ha colpito più pesantemente le donne (-2,5% contro -1,5%).
Inoltre la regione ha perso 5 mila lavoratori dipendenti, con una decurtazione più accentuata per gli uomini. Sul fronte del lavoro autonomo, diminuito anch’esso ma meno che in Italia (-1,7% contro -2,9%), la perdita è stata di oltre 1.500 occupati, praticamente tutte donne, a fronte di un ampliamento della compagine maschile.
La scure della crisi si è abbattuta in maniera selettiva sul lavoro subordinato, colpendo esclusivamente i contratti a termine e in Umbria con più forza che in Italia (-17,6% e -12,8% rispettivamente): così, nel 2020, 8 mila 800 dipendenti con contratti a termine, svincolati dal blocco dei licenziamenti e per natura suscettibili di mancati rinnovi, hanno perso lavoro.
Le donne sono state più penalizzate (-18,1% contro -17,2% maschile).
Il 2020 è stato anche un anno segnato dalla diminuzione del part time (-5,0% in Umbria, -4,6% in Italia), altra forma contrattuale particolarmente esposta a subire tagli in casi di difficoltà del mercato, con ritmi più sostenuti di quelli verificatasi nei tempi pieni (-0,9% e -1,3%). In valore assoluto, l’Umbria ha perso 3 mila 700 contratti part time e oltre 2 mila 700 a tempo pieno.
La pandemia, che da un punto di vista sanitario ha penalizzato segnatamente gli anziani, sul fronte economico-lavorativo si è abbattuta soprattutto sulle giovani generazioni.
In Umbria hanno perso lavoro 6 mila e 600 giovani con meno di 35 anni – equamente ripartiti tra maschi e femmine – all’incirca tanti quanti ne sono aumentati nel frattempo tra i Neet nella stessa fascia d’età (+25% in Umbria a fronte del 5% dell’Italia). Il dato è allarmante: la diminuzione di occupati under 35 in Umbria ha superato quella degli occupati totali. In particolare, le giovani lavoratrici che hanno perso lavoro hanno superato di un quinto il calo occupazionale registrato tra le donne complessivamente.
Nello specifico, l’emorragia tra i 25-34enni ha superato le 5 mila unità, un po’ più donne che uomini, per un tasso di caduta praticamente doppio rispetto a quello nazionale: per ogni 10 occupati in meno, in Umbria 8 sono giovani di questa età (meno di 4 in Italia), con pesanti ripercussioni sui tassi di occupazione, sia maschile che femminile. In questo caso, il calo delle occupate totali eguaglia quello subito dalle 25-34enni.
Sempre in Umbria, l’emorragia del lavoro femminile è stata estremamente selettiva: molto forte tra le giovani, più di quanto occorso tra i coetanei regionali e le coetanee nazionali, ha risparmiato invece le donne più mature.”
Relativamente al tasso di disoccupazione regionale (8,2 %, leggermente più basso rispetto alla media nazionale) si è registrato un leggero calo in questi due anni, dovuto però semplicemente a un travaso delle persone dallo status di “disoccupati a inattivi”.
“Gli inattivi In Umbria, in un solo anno sono aumentate di circa 3 mila unità (+26,6% a fronte del 12% italiano), portandosi a 14.715, di cui 8.281 donne. Alla base del dichiarato inattivismo nella ricerca di un lavoro hanno influito, probabilmente, un senso di diffuso scoraggiamento derivante da una situazione economica fortemente critica e, sicuramente, dalle limitazioni imposte dalla pandemia.”
Questi pochi dati evidenziano una banalità che però è essenziale ribadire, ovvero il fatto che i lavoratori precari sono sempre i primi a pagare le spese nei momenti di crisi. Nella nostra Regione la situazione non era assolutamente rosea nemmeno prima della pandemia in quanto aveva subito pesantemente gli effetti della crisi finanziaria del 2008, ora la situazione si è aggravata ulteriormente.
Alcuni recenti misure come lo sblocco dei licenziamenti, l’aumento del caro-vita (come dimostrano gli incrementi in luce e gas) e il mancato rifinanziamento del fondo legato alle indennità correlate alle assenze legate al Covid per i lavoratori del settore privato ci confermano che “non siamo sulla stessa barca”.
Dall’altra parte non si intravedono investimenti importanti in sanità pubblica e scuola.
Come nelle crisi precedenti, il copione intrapreso dalla classe politica e imprenditoriale è lo stesso, scaricare i costi sui lavoratori e i disoccupati.
I tanti disoccupati e inattivi ed il 30% di giovani che cercano un lavoro senza riuscirlo a trovare sono dei dati che non possono lasciarci indifferenti ma che richiedono e meritano uno sforzo ed un impegno politico importante.
ANALISI POLITICA
Malgrado la drammaticità della situazione lavorativa nella nostra regione (evidenziata dai dati statistici sull'occupazione) negli ultimi mesi stiamo assistendo all'assurdo teatrino allestito nel tentativo di delegittimare le misure di sostegno ai/alle disoccupati/e come il reddito di cittadinanza, al quale i nostri politici e giornalisti locali si sono uniti appassionatamente. La realtà dei fatti ci dice che, se i padroni ed i loro amici politici sono infastiditi dalle briciole del Rdc che a dir loro “disincentivano i giovani a venire a lavorare”, significa una sola cosa: che loro vorrebbero pagarci ancora di meno.
Di fronte alla sfacciataggine padronale è ora che si opponga una voce ferma e decisa dei disoccupati e delle disoccupate, dei precari e delle precari, dei giovani e dei proletari/e tutti/e della città: noi vogliamo lavorare dignitosamente e voi dovete pagarci quanto ci spetta!
Un anno e mezzo fa, in corrispondenza con l'inizio della pandemia, a Perugia è nato il comitato Perugia Solidale con l'intento di dare un aiuto alle famiglie in difficoltà.
Il percorso di mutualismo conflittuale del comitato ci ha visto affiancare alla pratica di solidarietà attiva (come quella della consegna dei pacchi alimentari, dei corsi di italiano gratuiti, etc) quella della rivendicazione di un lavoro dignitoso per i disoccupati e le disoccupate. Attraverso gli scioperi alla rovescia abbiamo dimostrato, a partire dai parchi pubblici lasciati al degrado, che le possibilità di lavoro ci sono e che affidare lavori di pubblica utilità ai/alle disoccupati/e sarebbe il modo migliore per riqualificare la città sia a livello urbano che a livello sociale.
Un processo di lotta “embrionale” verso la rivendicazione di lavoro e dignità per i disoccupati è quindi già in corso oramai da un anno, legato per lo più alle famiglie beneficiarie ed ai/alle militanti/e del comitato; ora lo sforzo ed il salto di qualità potrebbe essere quello di puntare a lanciare un movimento di lotta cittadino di disoccupati/e. L'innalzamento della disoccupazione e l'abbassamento dei diritti e delle tutele nei luoghi di lavoro porteranno ben presto (ed in parte già hanno portato) ad una guerra tra poveri, tra occupati precari ed esercito di riserva, tra lavoratori dipendenti ed interinali, tra internalizzati e lavoratori in appalto e cosi via. Questo è il gioco dei padroni, ovvero di mettere gli ultimi gli uni contro gli altri, cosi da far scannare i/le proletari/e per le briciole e nel frattempo ingrassarsi con il sangue dei lavoratori.
Crediamo invece che alla guerra tra poveri si debba rispondere con l'unità degli sfruttati, dei lavoratori, dei precari e dei disoccupati in un fronte unico di lotta che riconosca lo Stato ed i padroni come unica controparte. Organizzare un movimento di disoccupati/e organizzati significa anzitutto creare una coscienza di classe, rendersi conto che l'unità può trasformare una condizione di svantaggio in una forza dirompente.
PROPOSTA ORGANIZZATIVA
L'agenda politica locale, in continuità con quella nazionale, orienterà lo stanziamento di centinaia di milioni di euro del Recovery Plan in progetti che verranno presentati come innovativi ed utili alla “ripartenza” del paese a seguito della pandemia.
La Regione Umbria, guidata dalla Tesei, ha già presentato una bozza progettuale contenente le linee di intervento che indicano dove spendere e indirizzare i 3,1 Miliardi richiesti del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Si tratta di 140 pagine di documento in cui non viene mai nominata la parola disoccupato/a.
La stragrande maggioranza delle risorse sono destinate alle imprese, in continuità con la linea nazionale.
Nessuna misura strutturata e organizzata è prevista per chi ha perso il lavoro, al fine di garantirgli un reddito dignitoso. Già oggi le misure previste dalla Regione in tema di rioccupazione e di reinserimento lavorativo sono praticamente nulle: le uniche soluzioni individuate sono gli stage retribuiti a 600 Euro al mese o le offerte (poche) del Centro per l’impiego. Altre Regioni o città invece hanno previsto dei percorsi più strutturati per sostenere il reddito delle persone svantaggiate. Alcuni esempi sono:
Trasporto gratuito per i disoccupati e i precari https://milano.repubblica.it/.../atm_gratis_per.../
Progetti di lavoro di pubblica utilità per i disoccupati (Regione Veneto)
Reddito di dignità (Regione Puglia)
In Umbria, un/a disoccupato/a (soprattutto di lunga durata) brancola nel buio più totale.
Di fronte a questa situazione e tendenza, quelle che sono le fasce di popolazione più fragili, a partire dai/dalle disoccupati/e se vorranno essere ascoltati dovranno imporsi con forza e determinazione ed è in questo senso che intendiamo lavorare.
Gli sportelli sociali che sono stati aperti in vari quartieri della città verranno messi a disposizione per iscriversi alle liste disoccupati/e.
Da queste liste e con le persone che vi si iscriveranno vogliamo far partire un percorso di autorganizzazione e di lotta finalizzato alla rivendicazione verso le istituzioni di tre cose molto semplici:
Vogliamo che parte dei soldi provenienti dal PNRR e dai Fondi europei di riferimento (come il Fondo di Coesione Sociale) siano destinati a prevedere:
-Servizi gratuiti per le persone disoccupate (innalzamento delle soglie di esenzione totale della Tari e delle spese scolastiche, gratuitià del trasporto pubblico cittadino per tutti coloro che hanno un ISEE inferiore a 11.746,68 euro (soglia utilizzata per il gratuito patrocinio).
-Avviamento di numerosi percorsi formativi retribuiti dignitosamente collegati alle esigenze dei LPU (lavori di pubblica utilità) individuati dai vari Comuni.
- approvazione di una legge regionale che preveda e finanzi i Progetti di lavoro di pubblica utilità, con contratti dignitosi per i disoccupati e le disoccupate della città.
Dovrà trattarsi di un percorso che deve essere fatto di concretezza, partecipazione e orizzontalità e che diventi uno strumento per i cittadini e le cittadine di Perugia volto a condizionare l'operato delle istituzioni in favore di un miglioramento delle proprie condizioni di vita.
Le pratiche solidali, affiancate all'organizzazione dei e delle disoccupati/e ed alla lotta dei lavoratori e delle lavoratrici può darci la forza a tutti e tutte di essere protagonisti della vita della nostra città e di non continuare a subire le scelte calate dall'alto, di emanciparci dalla condizione di sfruttati e sfruttate sui luoghi di lavoro, di uscire dalle condizioni di povertà a testa alta, sapendo che l'unica colpa che può avere un povero è quella di credere di meritarselo. Nell'unione: la nostra forza; nel fuoco della lotta: il nostro orgoglio; nella consapevolezza che insieme arriveremo fino alla vittoria: la nostra profonda convinzione. Solo il popolo salva il popolo. Basta piangersi addosso è ora di spezzare le nostre catene!
COMITATO PERUGIA SOLIDALE
MOVIMENTO DI LOTTA DISOCCUPATI/E PERUGIA
Recent comments
11 years 41 weeks ago
11 years 41 weeks ago
11 years 42 weeks ago
11 years 43 weeks ago