Una popolazione che invecchia pone una lunga serie di problemi sociali, obbligando i governi ad assumere misure di programmazione mirate a contenere gli effetti della crescita non solo in termini di previdenza sociale, ma anche in tema di sanità. Le statistiche, da questo punto di vista sono illuminanti: la durata della vita media si protrae regolarmente di anno in anno dall’ultimo dopoguerra, sia per gli uomini che per le donne, grazie ai progressi della medicina e alla prevenzione, alle tecniche mediche e ai farmaci. I risultati devono essere considerati una conquista sociale, ottenuti grazie a un’assistenza sanitaria che ha posto al centro la persona, attivando misure di prevenzione a carico del sistema.

Le recenti decisioni ministeriali che mirano a ridurre il ricorso gratuito ad alcuni esami preoccupano, configurandosi come un’inversione di tendenza. La sanità non investe solo un aspetto economico, ma costituisce un diritto del cittadino alla salute nel rispetto dell'universalità delle prestazioni mediche e dell' uguaglianza dei trattamenti. Risparmiare in un settore particolarmente oneroso è sacrosanto, ma non si può farlo tagliando tout-court sulle prestazioni. Esistono aspetti del problema che, rispetto ai contenuti delle misure ministeriali in tema di spending review, sono prioritari e meritano di essere salvaguardati  per garantire, appunto, uguaglianza e parità di diritti fra i cittadini.

E’ assodato che il concetto di prevenzione sia ormai diffuso fra gli utenti e altrettanto evidenti sono i risultati ottenuti. Non è, quindi, evitando la prevenzione che si possono ottenere vantaggi (li pagheremmo in termini di degenze e cure), ma sull’organizzazione e sulle modalità assistenziali. Il ricorso ai ticket può essere razionalizzato, magari aumentato in termini di costi a carico dell’utenza sulla base del reddito personale, fatte salve le categorie riconosciute a rischio. Semmai, il problema si pone in termini opposti: intensificare gli accertamenti diagnostici ampliando la disponibilità del sistema sanitario in orari notturni, utilizzando strutture e macchinari nelle ventiquattro ore e ridurre drasticamente le liste d’attesa.

E’ sull'organizzazione che occorre intervenire per un razionale abbattimento dei tempi, non nel limitare il ricorso alle analisi. In tale ottica, si potrebbero contenere maggiormente i tempi di degenza, razionalizzare le lungodegenze, pensare a una assistenza domiciliare a pagamento etc. Assodato che la prevenzione è la ricetta per la miglior tutela della salute, questa non può essere praticata indiscriminatamente, dal momento che significherebbe gravare in maniera disuguale sulle disponibilità dei cittadini. Le prestazioni mediche ritenute non necessarie e che pesano sul bilancio del servizio sanitario nazionale, devono per buona parte gravare sui portafogli dei beneficiari del servizio, per quanto una selezione in materia deve essere praticata dal medico curante, al quale non mancheranno motivazioni per far desistere gli assistiti da inutili esami.

Occorre , ugualmente, che esista una coscienza civica che suggerisca di evitare spese superflue a carico della comunità, così come la necessità di formare i cittadini ad acquisire una cultura della sanità, a partire dalle scuole, presso le quali è possibile operare in termini di informazioni sulla salute e sulla prevenzione, dotando gli istituti delle risorse finanziarie a sviluppare progetti di formazione. La decisione del ministro della Sanità Lorenzin di presentare ieri ai sindacati medici un elenco di prescrizioni che potrebbero diventare a pagamento, potrebbe entrare in una logica corretta, purché la cosa non crei discriminazioni e si incida una volta per tutte sulla razionalizzazione del sistema sanitario.

Giocondo Talamonti

Condividi