Viale Roma è un'opera ottocentesca ma è anche in qualche modo il segno della via romana che, in realtà, sta un po' più in alto e si introduce nella città attraverso il borgo XX Giugno e il corso Cavour o dei Papi. Viale Roma, che va più in basso e quasi in parallelo, non è più il vecchio sentiero di Sant'Anna ma un bel viale alberato dove la auto corrono veloci persino davanti alla scuola e poi si fermano di botto se appare uno spazio sufficiente per parcheggiare, tra un tronco a l'altro, di traverso al sentiero che è uno spazio che apparterrebbe ai pedoni.

La nuova via romana, diciamo così, è diversa da quella superiore perché possiede il primo verde della città, gli orti a terrazza con gli ulivi, le villette diseguali e casuali costruite dopo l'unità e, soprattutto, nel secondo novecento. Gli alberi non appartengono alla città storica, se non qualche presenza sporadica, ma poi la circondano come in un abbraccio quando la città storica smette di essere storica e cerca la campagna oltre le sue mura. Viale Roma è segnata da una doppia fila di alberi che ora, dopo tanto tempo, si sono fatti davvero grandi. Troppo. Si tratta in gran parte di tigli e platani in inverno spogli e scheletrici, tutto il contrario dei lecci maestosi del Frontone. Sempreverdi.

Certo, quando il gruppo Cinque stelle a palazzo dei priori ha accusato il comune di voler tagliare ben settecento alberi tra viale Roma e via Pascoli un po' ci siamo preoccupati, anche perché settecento è un numero piuttosto impegnativo. Tagliare i grandi monumenti viventi che definiscono il paesaggio perugino e ci liberano, per quanto è possibile, dalle polveri sottili sarebbe davvero una cosa sconvolgente. E poi, perché?

I seguaci di Grillo si erano sbagliati, per fortuna, confondendo la parola tagliare con la parola potare. Dunque, ci sarà una potatura e una verifica delle condizioni di salute dei nostri amici così maestosi e così discreti che è precaria per la maggioranza dei casi. Non tanto perché hanno accumulato attorno al loro tronco i segni di tanti decenni passati. Non è la vecchiaia, insomma, semmai l'insipienza dell'uomo la loro malattia. La prima è che quando li hanno piantati, erano piccoli arbusti e la distanza tra l'uno e l'altro sembrava quella giusta. Adesso non è più così. Lo spiegano alla facoltà di agraria, a San Pietro.

L'errore che si continua a commettere è quello -osserva il professor Alberto Palliotti- di rimettere a dimora gli alberi giovani nello stesso posto di quelli eliminati. Meglio lasciare lo spazio vuoto e dare maggiore possibilità agli altri di avere a disposizione più terra e più luce.

Per il resto, i malanni degli alberi sono quasi sempre causati dall'uomo che non riesce a capire di aver di fronte un essere vivente. Gli alberi vanno curati, semplicemente, come si fa con le persone. Basta guardare le tante ferite inferte ai bagolari di viale Indipendenza così come ai tigli di viale Roma. Tagliano i rami tanto per sfoltire e poi non chiudono la ferita con il mastice, non disinfettano. Così, nelle ferite, nel corso del tempo, si creano dei vuoti dove entra l'acqua, il marciume, i funghi. Potare si deve, ma nel modo giusto, come fatto in modo esemplare, a giudizio degli stessi professori di agraria, nella zona di San Ercolano, ai giardinetti.

Perché trattiamo così male gli alberi? Forse l'uomo ha perso con il tempo l'amicizia con gli alberi, non li osserva più mentre crescono né tantomeno se ne prende cura. Anche gli alberi sono diventati oggetti di consumo. La loro presenza è legata quasi sempre a valori venali o di comodo. La legna, il pellet, al massimo l'ombra in estate. E poi in città possono anche dar fastidio. Pian di Massiano poteva diventare il grande parco della città. A Monaco, Parigi, persino a Roma, sono enormi. Pian di Massiano lo è diventato per un pezzettino, ai margini della ferrovia. Per il resto è zona sportiva, di servizi e di uffici e poi, di recente, parcheggio per il minimetrò. Abbiamo pochi parchi e discretamente trascurati. Il verde urbano non è, possiamo ammetterlo, il punto di forza della nostra città.

Potiamoli questi nostri amici di viale Roma, ma come si deve. La loro chioma segna il nostro tempo, come un orologio. Non solo le stagioni, ma gli anni, i secoli. Guardiamo le vecchie cartoline della città ed è dagli alberi che possiamo capire il tempo che passa di fronte alla pietra immutabile e senza tempo delle nostre mura.

Renzo Massarelli

Condividi