L'opinione di Primo Tenca: un'altra Perugia è possibile
Come spesso accade, ad ogni latitudine, le promesse elettorali diventano aria fritta. Perugia non si sottrae a questo andazzo, che sembra quasi una maledizione e questo sostanzialmente per due evidenti ragioni: ogni candidato sindaco, presenta il suo programma elettorale, promettendo mari e monti, ben sapendo che questo non è possibile, soprattutto per le note difficoltà di bilancio.
La seconda ragione è quella di un elettorato, poco attento, poco informato, che tende a votare più con la pancia che con la testa.
Questo si è visto chiaramente, nella nostra città, in occasione delle ultime elezioni.
Dopo cinque anni di scialba amministrazione, dove nessuno dei progetti enunciati è stato portato in porto, nemmeno quelli iniziati dalle precedenti amministrazioni di sinistra.
Ma nonostante ciò, la giunta di centrodestra ha ottenuto di nuovo il consenso degli elettori.
È altresì vero che se andiamo a vedere nei particolari, gran parte del consenso è venuto da situazioni che hanno poco a che vedere con un giudizio sul governo cittadino, che invece a mio parere è stato molto negativo.
Non è stato rieletto il vicesindaco uscente, non sono stati rieletti due assessori e illustri consiglieri della passata legislatura, non hanno preso nemmeno i voti dei parenti.
A conferma di quanto sopra detto, la lega che non esisteva nel passato consiglio, è ora la forza maggiore, con sei consiglieri.
Certo non per il passato buongoverno, ma solo per un voto di opinione, legato a tutt’altre questioni, come immigrazione e sicurezza. Due bufale, se poi si vanno a vedere i risultati concreti del nostro assessore leghista alla sicurezza, che però ha almeno un pregio: non gira armato, con il colpo in canna.
Ma torniamo al governo cittadino: stiamo ancora aspettando l’auditorium di S. Francesco al Prato, per il Turreno che, ricordiamolo, è stato regalato al comune dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Per il quale la passata giunta regionale aveva trovato un importante finanziamento, dopo sette anni, che nel tempo di oggi sono un eternità, non abbiamo nemmeno un progetto per il suo riutilizzo. C’è da rimanere sconcertati.
Le strade che il sindaco Romizi ci aveva promesso come biliardi, sono in uno stato disastroso per grandissima parte. Stessa cosa si può dire della manutenzione ordinaria di aree verdi, aiuole e marciapiedi. Si salvano solo quelle prese in cura dalle associazioni.
La biblioteca agli arconi, sembra sia finita, ma, dopo lo scempio di quel manufatto, non si sa ancora come farla funzionare.
Stesso discorso per il mercato coperto, ci si lavora da sei anni, ma non è ancora terminato.
Sembra che a fine estate torneranno i pochi operatori rimasti, trasferiti a Piazza del Circo. Saranno sistemati nella terrazza e anche qui non si è capito il criterio di questa scelta.
Poi rimane tutto il resto, dove devono essere ancora fatte tutte le opere secondarie di impiantistica e le rifiniture. Questo a carico di un gruppo di imprenditori, che poi per le spese sostenute si rifarà sul comune, non pagando l’affitto per circa trenta anni. La cordata è pronta da tempo, ma ci sono ancora problemi burocratici da risolvere. A guidare gli imprenditori che hanno vinto la gara, è Roberto Leonardi, persona capace e di buona volontà.
Del gruppo fanno parte: Coldiretti, Confcommercio, Confcooperative, Farchioni spa, BPE srl, Antonio Boco, Fondamenti srl e il Collino di Todi.
Leonardi pensa ad una “palestra per il bene comune”, all’interno del nostro bellissimo centro storico.
Certo sarà una scommessa dura da vincere, noi non possiamo che augurargli buona fortuna, certo che la politica portata avanti in questi anni non renderà facile la sua realizzazione. La nostra immediata periferia è stata sommersa da altri ipermercati, che si sono aggiunti ai centri commerciali già esistenti da tempo. Tenendo conto della rete commerciale del centro, a cominciare da Umbrò, che già da sola è più che soddisfacente per i pochi residenti rimasti, dal lato commerciale la vedo complicata, a meno che non chiuderanno le attività presenti, comunque staremo a vedere.
Un altra promessa tradita: non costruiremo più nuove metrature, si è costruito ancora in larga misura, anche dove si poteva pensare ad un recupero di pregio, penso per esempio agli ex tabacchi di via cortonese, progettati da Nervi. Sono stati demoliti per costruire altri appartamenti, in una città dove ce ne sono migliaia sfitti, si sono demolite due villette in via XX settembre, per costruire un enorme edificio, proprio sopra la frana di Fontivegge.
Ci sono poi i grandi progetti di innovazione , presentati per dare un segnale di discontinuità con le passate amministrazioni.
Proprio di fronte alla stazione, anni fa venne inaugurato in pompa magna, uno spazio di coworking, chiamato anche binario 5, voluto dall’assessore Fioroni e presentato come l’inizio della rinascita di Fontivegge.
Si mise in piedi con un cospicuo finanziamento di 440,000 euro, dato dalla fondazione cassa di risparmio. Doveva diventare una Silicon Valley perugina, ma è stato un totale fallimento. Ora è chiuso, al suo posto si è insediata la Biblioteca delle Nuvole.
Potrei continuare ma mi fermo qui. Quello che si evidenzia da tutte queste scelte, sono sostanzialmente due questioni: il cemento continua ad essere l’unica politica portata avanti e questo di per se è già una sconfitta per la città. Poi direi la cosa più preoccupante è che non esiste un progetto serio per la Perugia del futuro, si continua a vivacchiare dentro una profonda crisi, che è prima di tutto una mancanza di idee che guardino alla città nel suo insieme.
Il progetto della cittadella giudiziaria all’ex carcere, trova molte resistenze, di studiosi ed operatori economici, si teme che ciò comporterà un ulteriore svuotamento del centro.
Soprattutto se in quella sede si trasferiranno gli studi degli avvocati, che sono rimasti una delle poche attività presente in gran numero. A questo si aggiungerebbe il deserto della notte e del fine settimana, quando gli uffici saranno chiusi.
Su questa struttura ha fatto uno studio molto interessante il Prof. Paolo Belardi, non ho qui il tempo per raccontarlo, ma ci sono idee sicuramente innovative e condivisibili.
Quali errori sono stati fatti? Si poteva agire diversamente? Posso provare ad elencarne alcuni: intanto si è fatto un progetto qua e uno la, senza avere un idea di insieme. Che senso ha spendere una montagna di soldi per fare un auditorium a S. Francesco al Prato di 550 posti con un acustica pessima, quando esiste il Morlacchi a due passi. Poi il Pavone, il Turreno ed il Lilli?
Non era meglio fare solo un opera di consolidamento e poi darlo in gestione all’Accademia di Belle Arti? Poteva diventare un insieme tutto dedicato all’arte moderna, con grandi spazi per le attività degli studenti. Siamo una delle capitali italiane della musica, ma non abbiamo uno spazio fisso per i grandi concerti. Allestire ogni anno l’arena S. Giuliana per Umbria jazz, costa un vero patrimonio, visto che la pista di atletica andava rifatta, perché non farla a Pian di Massiano, invece di rifarla nello stesso posto?
Si poteva costruire una struttura fissa permanente per fare i concerti, ma anche le grandi fiere, penso per esempio a Eurochocolate.
Inoltre tutto il parco si poteva rendere fruibile ai cittadini come grande polmone verde dentro il centro storico. Abbiamo speso tanti, ma tanti soldi, per il minimetrò, parcheggi a corona e scale mobili, eppure il centro storico seguita ad essere invaso dalle auto, si è praticamente cancellata la zona a traffico limitato, poi però ci si candida a capitale verde europea, non si capisce con quale coerenza, infatti siamo arrivati ultimi.
Invece di costruire il minimetrò, non si poteva ristrutturare da tempo, la ferrovia centrale umbra e farne un vera metropolitana di superficie, con una stazione in pieno centro?
Abbiamo un patrimonio storico artistico immenso, ma in larga parte non valorizzato come dovrebbe. Si è preferito inventarsi una posticcia manifestazione in costume, che non ha portato nulla alla città, invece di dedicarsi di concerto con le associazioni alla scoperta di luoghi bellissimi tenuti sempre chiusi. Sono proprio le associazioni e il volontariato di tante donne ed uomini, che hanno evitato il tracollo in questi anni.
Non penso solo al centro storico, ma anche alle nostre periferie, nel nostro territorio si svolgono circa 50 sagre, sono un patrimonio da tutti i punti di vista, un fatto economico importante, che poi si riversa nei paesi in forma di strutture polivalenti, cura delle aree verdi, ma sono soprattutto un grande fatto sociale, che crea dialogo e condivisione.
Ci sono poi quelle dei borghi storici, animate soprattutto dai residenti rimasti, costituiscono una fonte continua di idee e di iniziative, le più disparate.
Sono un presidio costante del territorio, hanno sollecitato le amministrazioni ad un recupero del patrimonio storico artistico e anche di quello privato.
Hanno messo in piedi iniziative culturali di ogni tipo: le conferenze ormai storiche di Porta Susanna, le notti bianche al Borgo Bello, hanno ridato vita ad una zona in pieno declino, penso a via della Viola, con Fiorivano le Viole. Borgo S. Antonio a Porta Pesa, rimessa in sesto di antichi oratori, la festa di S. Antonio, le manifestazioni per il 14 settembre.
Vivi il borgo a Porta S. Angelo, dove in circa 30 anni si è risanato tutto il borgo, l’orto urbano, la spesa solidale, più altre belle iniziative in comunione con l’ass. Ya Basta e la società di mutuo soccorso. La cura del parco e molto altro.
Infine si sono pure preoccupate di rimettere in piedi una serie di manifestazioni a ricordo del XX giugno, ricorrenza che era stata quasi dimenticata.
Anche qui grazie alla mutuo soccorso, alla famiglia perugina, società del Bartoccio, circolo Ponte D’Oddi, borgo bello, società del gotto e altre che hanno dato il loro fattivo contributo.
Non si tratta di guardare solo all’indietro, ma di rinnovare un identità cittadina forte, che abbia memoria del proprio passato e guardi al futuro con questa consapevolezza.
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