L'INPS comunica i dati delle pensioni e dei pensionati italiani al 31 dicembre del 2020.
I pensionati sono 22.717.120, per un ammontare complessivo annuo di 307.690 milioni di euro. 
I beneficiari di prestazioni pensionistiche sono 16.041.202 (+3,8% rispetto al 2019); ognuno di loro percepisce in media 1,4 pensioni, anche di diverso tipo, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Nonostante le donne rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), gli uomini percepiscono il 56% dei redditi pensionistici: l’importo medio dei redditi percepiti dalle donne è infatti inferiore rispetto a quello degli uomini del 27% (16.233 contro 22.351 euro).
Dall’analisi della distribuzione territoriale di pensioni e pensionati si osserva che nelle regioni settentrionali si ha un maggior numero sia di pensioni sia di pensionati (rispettivamente il 47,3% e il 47,8% del totale). Gli importi medi delle pensioni sono più elevati al Nord rispetto al resto dell’Italia (+7,1 punti percentuali rispetto alla media 
Il dato magari non dirà nulla, passera quasi inosservato: più di un terzo degli italiani è pensionato, un terzo è in eta scolastica non lavorativa, 3 milioni sono disoccupati e inoccupati, 3 milioni e 700 mila sono gli italiani che percepiscono il Reddito di Cittadinanza. La domanda è: ma in Italia chi lavora e quanti sono i lavoratori?
Ci apprestiamo a diventare un popolo di anziani e pensionati con il tenue, insignificante problema, di trovare chi alimenti le casse dell'INPS per pagare ogni mese le pensioni, e con l'altrettanto leggero problema di sapere quanto potremmo ancora reggere in una società come questa.
In Umbria le cose non vanno in maniera diversa. Pochi giorni fa, Stefano Vinti nel suo Punto, ospitato da Umbrialeft.it, aveva disegnato un quadro perfetto della situazione, puntando l'attenzione su quella che è la questione sociale della nostra regione, vissuta in maniera anche più pesante rispetto al resto d'Italia. Non solo non c'è lavoro ma gli stipendi, isalari, sono notevolmente più bassi rispetto al nord italia, un divario nemmeno di poco conto.
L'Umbria invecchia rapidamente, una popolazione di anziani pensionati e giovani studenti che viaggiano verso un futuro incerto e con un salario sempre più basso e striminzito.
La questione sociale, il salario orario minimo chiedono risposte alla politica, non solo a chi governa la ragione ma anche alle opposizioni, ai sindacati, a quella sinistra che aveva messo al centro di se stessa l'operaio, il pensionato e il giovane. Così al centro da finire per dimenticarne negli ultii anni.
 

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