Gli Stati Uniti hanno una enorme superiorità su tutti i paesi della terra per la loro supremazia sui mari. Hanno ereditato questa caratteristica dall’impero britannico, sostituendolo come talassocrazia. Questa superiorità strategica non è mai stata seriamente intaccata né dalla Russia né dalla Cina. Se la Cina non si è posta ancora il problema se non marginalmente ciò è dovuto all’interesse cinese rivolto principalmente al suo interno, al suo sviluppo tumultuoso e alla libertà degli scambi garantita dalla globalizzazione. La Russia ha invece subito questa condizione da sempre, sin dalla nascita dell’impero zarista. La lunga guerra con la Svezia e quella eterna con l’impero ottomano sono la testimonianza del tentativo della Russia di liberarsi dalla camicia di forza del suo essere solo una potenza continentale. La rivoluzione d’ottobre e soprattutto la conclusione della seconda guerra mondiale, con la formazione di un sistema di stati cuscinetto, ha permesso all’URSS di rivolgersi al suo sviluppo interno, militare ed economico. Il sistema sovietico ha perso la sfida alla crescita della produttività del lavoro con il capitalismo occidentale non solo per la burocratizzazione del sistema ma soprattutto per l’insufficiente integrazione tra scienza, tecnologia ed economia. Rischio questo evidenziato tra gli altri dalla riflessione sul socialismo della scuola filosofica ed economica cecoslovacca, al tempo della primavera di Praga, e al quale è sfuggita invece la Cina. La consapevolezza di questa inferiorità strategica dell’URSS ( o della Russia) era ben chiara agli USA e si espresse nella cosiddetta “dottrina del contenimento” che è stata la stella polare della politica estera USA fino ad oggi. La cosa è sfuggita di mano nel periodo Gorbachov-Eltsin, quando i Bush dettero per morta la Russia e aprirono le loro casseforti al bottino degli oligarchi. La estensione a est della UE ebbe come conseguenza (non necessaria) l’allargamento equivalente della NATO. Nessuno, nemmeno la Russia, vi prestò molta attenzione ma in questo modo la dottrina del contenimento raggiunse il suo apice. Se vogliamo la chiave di volta di tutto è stata l’ingresso della Turchia nell NATO. Nata per portare le basi aeree americane vicino all’URSS durante la guerra fredda, questa decisione ha chiuso una lunghissima contesa, anche bellica, della Russia col mondo turcofono. Bisanzio non sarebbe mai più tornata alla cristianità. E con essa il Bosforo e il mare. Ora che la Russia, risvegliata da un grande sonno, si senta contenuta e anzi compressa, non deve destare meraviglia. Ci si deve interrogare se terremo il peso sul coperchio della pentola che bolle o non conviene invece allentare la pressione e fare nuove intese strategiche? Tutti direbbero la seconda, ma non è così facile. Nuove intese strategiche è una frase dolce e carezzevole ma vuol dire un nuovo ordine mondiale. Chi pensa che quello di adesso vada bene e non ha una strategia per innovarlo non ci sta e fa orecchie da mercante. Per rompere questa sordità la Russia ha suonato le sue campane. Trattare o contenere? Va da sé che se salta il tappo dell’Ucraina il contenimento è bello che finito. Per questo temo che Putin possa muovere ancora molti pezzi in quella pianura scura e gelata.

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