La sentenza del commissario agli usi civici di Roma con cui si riconosce il buon diritto delle richieste avanzate dal consiglio provvisorio della Comunanza agraria rappresenta un ulteriore passo verso il riconoscimento definitivo dell'iniziativa con cui tanti nostri concittadini hanno inteso riportare all'attenzione della città la questione degli usi civici e a nuova vita il sodalizio di Appennino Gualdese, per la migliore tutela della nostra montagna, quale patrimonio collettivo della nostra comunità.

Questa sentenza che tra le altre cose auspica una conciliazione con la pubblica amministrazione locale rappresenta anche un fallimento delle modalità con cui la Giunta di Morroni, Vecchiarelli, Gramaccia e Vitali ha trattato la questione, con un'opera di discredito minuziosamente messa in campo contro i cittadini. Un atteggiamento di irragionevole ed irresponsabile ostilità nei loro confronti e di totale chiusura verso l'ascolto, il coinvolgimento e la partecipazione della comunità civile. 

La sinistra per Gualdo ribadisce la sua vicinanza nei confronti delle ragioni e delle richieste dei cittadini e si batterà affinché la nuova Amministrazione comunale che uscirà vincitrice dalle urne del 25 maggio garantisca un approccio nuovo alla questione, riconoscendo il diritto rivendicato dalla Comunanza agraria e lavori ad una conciliazione che possa garantire appieno l'interesse collettivo.

La Comunanza agraria non è un rigurgito di mondo antico, ormai perduto ed acerrimo nemico della civilizzazione e del progresso contro cui si scaglierebbero dei “buoni” selvaggi, degli inguaribili sognatori, dei testardi amanti di un’idea meramente bucolica della natura e della sua fruizione od i soliti dogmatici ambientalisti del fronte più ottuso dei no ad ogni intervento di antropizzazione del territorio.

L'iniziativa degli utenti va al contrario salutata come positiva e degna di attenzione da parte delle istituzioni pubbliche locali e della politica, se non altro perché denota attenzione e spirito critico sui temi della difesa dell’ambiente e sugli interrogativi che si pongono in relazione alla sostenibilità dello sviluppo e al rilancio della nostra economia e perché è figlia di un impegno civile che può segnare una rinnovata stagione di partecipazione democratica nella nostra Città, altrimenti segnata da un progressivo ritrarsi dei cittadini dalla vita pubblica e dal deterioramento delle relazioni sociali.

Perché iniziative come questa generino effettivamente una nuova cultura del “bene comune” rapportata al governo ed all’amministrazione del territorio ed una sensibilità diffusa sulle questioni epocali della conversione ecologica e sociale dell’economia, è necessario che la politica si ponga in posizione di ascolto e di interlocuzione.

Quando si muovono i cittadini e, soprattutto, quando essi tendono a riappropriarsi direttamente dei loro diritti è sempre un bene e il sistema della rappresentanza politica non può girarsi dall’altra parte, dimostrando di non saper trarre alcuna lezione dagli accadimenti del passato, ancorché più recente.

 Nel caso della comunanza agraria, non ci sfugge certo che ci troviamo di fronte alla riproposizione di una forma associativa per la difesa della montagna e per la conservazione del territorio che alligna le sue radici ai tempi più remoti e che trae fonte dal riconoscimento giuridico dei demani collettivi ad uso della comunità. Ma tale elemento non è di per sé disdicevole e non assume un carattere “regressivo”, non certo nel contesto attuale delle politiche economiche, energetiche ed ambientali nella nostra Città e di fronte a scelte che hanno duramente provato o possono ulteriormente provare la qualità del nostro ambiente montano e quella della vita dei cittadini, peraltro compiute con modalità estranee al conseguimento di obiettivi di interesse generale e senza particolari precauzioni di futuro.

Parimenti, essa assume un carattere estremamente positivo anche al cospetto della situazione generale del nostro Paese, con il suo passato e con il suo presente di saccheggio del territorio e di economia di rapina, alla più che probabile vigilia della più vasta operazione di privatizzazione dei beni comuni mai tentata in precedenza. La comunanza agraria può senz'altro esercitare un ruolo benefico come antidoto efficace contro la svendita indiscriminata del patrimonio pubblico appannaggio delle comunità locali, contro un ulteriore mercificazione del suolo e del sottosuolo e contro l’utilizzo venale e mercantile del territorio.

La comunanza agraria dell’Appennino gualdese per un più compiuto riconoscimento degli usi civici e collettivi nella nostra montagna e dei nostri boschi può dunque diventare quella che abbiamo fin dal primo momento definito la nuova “banca” popolare gualdese dei beni comuni, una cassaforte che serva a mettere in sicurezza i beni comuni del nostro territorio, a metterli al riparo da ulteriori tentativi di sfruttamento distruttivo ed insostenibile e a presidiare l’interesse generale della collettività contro il profitto di pochi.

L’auspicabile e definitivo riconoscimento giuridico di questa iniziativa può pertanto riaprire tutte le partite in cui la nostra comunità ha assistito alla spoliazione del territorio senza alcuna ricaduta benefica su se stessa, come nel caso delle cave, e può fornire un inedito contributo per rivedere la materia dello sfruttamento a fini commerciali dell’acqua e della sostenibilità delle nostre sorgenti, può aiutare ad eleggere come prioritarie le migliori scelte per una riconversione in chiave ambientale, turistica e culturale della nostra economia e può svolgere una funzione preventiva e precauzionale affinché scelte di dubbia validità come la realizzazione di centrali a biomasse possano essere impedite.

La comunanza agraria è dunque la benvenuta tra le tutte quelle forze che a vario titolo rialzano la testa nella nostra Città per rafforzare la lotta per i beni comuni. Auspichiamo che essa possa svolgere quel ruolo che i suoi fautori le hanno assegnato e ad essa daremo voce e sostegno nella nuova Amministrazione comunale.

Il Capolista
Gianluca Graciolini

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