Insomma, il Pd ha vinto o no queste elezioni amministrative? Ha ragione Matteo Renzi ad esultare per il risultato colto dal partito di cui è segretario a livello nazionale? Ed hanno ragione la presidente Catiuscia Marini e il segretario regionale Dem, Giacomo Lonelli, a fare altrettanto per quello umbro?

Noi riscontriamo un po’ di fretta e di scarsa prudenza nell’assumere queste posizioni quando ancora si debbono celebrare i ballottaggi che ci forniranno un quadro sicuramente più realistico della situazione politica umbra e del Paese. Diciamo questo non solo in ossequio al famoso detto veneto “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco” (che tradotto in italiano più classico sta per “Non vendere la pelle del’orso prima di averlo ucciso!”) bensì avendo presente la situazione di partenza di questa consultazione elettorale e immaginando quella che, al momento, appare la sua più logica conclusione.

Ebbene, il rottamatore fiorentino ha molto “acutamente” sostenuto che il primo turno avrebbe premiato il suo partito visto che ha eletto 2 sindaci contro 1 solo del centro destra. Ora, a parte che uno dei due vincitori è il palermitato Leoluca Orlando che solo a sentirsi definire sindaco dem gli viene la schiuma alla bocca, si deve riflettere sul fatto che anche il primo cittadino del capoluogo siculo, che ha raccolto il 46,2% dei suffragi, sarebbe ora costretto al ballottaggio se non avesse usufruito di una legge elettorale del tutto particolare che abbassa nell’isola al 40% il quorum per essere eletti il primo turno. Il suo è da considerara quindi un buon risultato, ma non certo un’impresa.

Seconda considerazione: come al solito Renzi, per piegare i fatti in suo favore, evita ogni tipo di raffronto logico: per essere più chiari non pone mai in relazione il prima con il dopo ed il prima in questo caso è che domenica scorsa si è votato in 25 capoluoghi di provincia, 18 dei quali vedevano al governo il suo partito. Ebbene, i due confermati al primo turno figuravano fra questi 18, per cui il Pd non ha conquistato un bel nulla, bensì ha realizzato il minimo indispensabile, tanto più che la volta scorsa i Comuni presi al primo turno dal centro sinistra erano assai di più.

Il segretario nazionale dem evita poi di dirci che in ben 10 delle restanti 16 città che governava il centro sinistra, i suoi candidati vanno ora al ballottaggio in seconda posizione perché la prima piazza se la sono guadagnata i loro avversari, nella maggior parte dei casi esponenti del centro destra. E’ questo il caso, tanto per fare qualche esempio, di molti capoluoghi piemontesi e lombardi che potrebbero ora cambiare casacca, di Piacenza in Emilia, di Lucca in Toscana, e, ahinoi, di Genova e La Spezia in Liguria, da tempo immemorabile roccaforti della sinistra e che paiono proprio ad un passo dalla caduta.

E’ veniamo all’Umbria. La Marini, prima, e Leonelli, di seguito, hanno “gongolato” (tanto per riprendere un termine caro a Beppe Grillo) per il buon risultato colto dai dem nella nostra regione. Ora, lasciamo stare i piccoli comuni al di sotto dei 15.000 abitanti dove si sono confrontate fra loro liste civiche che è assai difficile fare coincidere con i tradizionali partiti politici (se non forse Deruta dove il Pd correva con il proprio simbolo ed ha mancato la riconquista di quel Comune) per concentrare la nostra attenzione sui due principali, ovvero Narni e Todi.

Nel primo caso il centro sinistra si è già riconfermato con De Rebotti che tornerà a fare il primo cittadino con il consenso degli elettori che gli hanno confermato la fiducia al 52,02%. Una percentuale un po’ inferiore rispetto al passato, ma ci può stare visto che questa volta Rifondazione Comunista correva per conto suo. Tutto bene, dunque, ma come abbiamo detto si tratta di una riconferma e non dunque di una acquisizione.

Resta Todi e qui la situazione non è altrettano tranquillizzante. Il sindaco uscente Rossini ha sfiorato al primo turno il 40% (per la precisione si è fermato al 39,83%), dunque ancora ben distante dal fatidico 50% e questa non è certo una buona notizia, né per lui né per il centro sinistra.

E’ vero, il suo avversario più diretto è al momento lontano, al 24,02%,  a 15.8 punti sotto ma, fatti un po’ i conti non si tratta di uno svantaggio incolmabile. Intanto perché al ballottaggio l’ex primo cittadino del centro destra potrà contare sul serbatoio di voti che gli assicurano la Lega Nord (9,04%) e Casapound (4,81%) e poi, se non bastasse va messo in conto il più consistente 15,26% raccolto dal cosiddetto terzo incomodo, ovvero Pizzichini, non nuovo ad accordarsi con il centro destra, come quando, eletto nello schieramento di centrosinistra, pose all’epoca inopinatamente fine all’”anatra zoppa” che rallentava l’amministrazione Ruggiano (che non disponeva di una maggioranza consiliare), traslocando armi e bagagli dalla sua parte.

Da non trascurare, infine, il 7,01% dei voti raccolti dal M5S, fra i quali sarà arduo per Rossini andare a pescare.

In conclusione, mentre il candidato sindaco del Pd pare essere ormai in riserva e ben lontano dall primo distributore, il serbatoio asciutto del suo più diretto contendente sembra pronto ad accogliere un nuovo pieno ed allora per il Pd sarebbero dolori. Altro che esultanza!

Intendiamoci, le nostre sono solo delle ipotesi da verificare alla prova dei fatti e non certo verità assolute. E, tanto per chiudere con un altro detto popolare, “chi vivrà vedrà!”. In fondo per conoscere la fine di questa storia non c’è poi molto da attendere.

ap

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