La Fontana di Perugia (di Vanni Capoccia)
SULLA FONTANA DI PIAZZA A PERUGIA
Il presentatore Amadeus durante la conferenza stampa per il Concerto di Capodanno tenuto a Perugia nella piazza che dal 1278 ha al suo centro la Fontana Maggiore l’ha invitata a non offendersi per la presenza e i fastidi del cantiere necessario al mastodontico palco sorto al suo fianco, riconoscendole la capacità di nutrire sentimenti da organismo vivente quale effettivamente è. Perché la Fontana (così familiarmente viene chiamata a Perugia) non è che sia uno dei monumenti più conosciuti al mondo ma è uno di quelli che per il significato che hanno continuano nei secoli a vivere e parlare: come il campanile di san Marco a Venezia che vollero ricostruire com’era per seguitare ad ascoltare “El parón de casa”; la Cupola del Brunelleschi a Firenze che continua, come scrisse l’Alberti, a coprire “con sua ombra tutti e’ popoli toscani”; i Budda in Afghanistan fatti saltare in aria dai talebani per impedirgli di ostinarsi a dimostrare che simboli religiosi possono convivere.
La Fontana è un organismo vivente che nasce a monte Pacciano e mostra il suo volto bellissimo nella sua Piazza da dove ha gettato semi in cittadine che come Fabriano sfoggiano fontane ispirate alla sua inarrivabile bellezza. È grazie a questa natura e alla sua “paternità popolare” (Bartoli Langeli) che è rimasta nella sua piazza senza essere sostituita da una copia. Una paternità popolare che va oltre i confini cittadini ma riguarda, lo dice chiaramente con le statue della signora del Lago e del Chiusino, tutto il territorio perugino. Questo consente agli abitanti di Perugia di avere un forte generatore di senso e una meravigliosa, grande e gravosa responsabilità: la consapevolezza del dovere che si ha nei confronti del presente e del futuro della Fontana.
Da oltre settecento anni perugini e perugine si rispecchiano in lei come lei si rappresenta in loro, ciò impone di pensarla tenendola compresente a sé stessi e alla comunità di cui si fa parte. Un fatto non da poco in base al quale se si chiedesse ai perugini se vogliono che la Fontana rimanga nella sua piazza o venga sostituita da una copia farla rimanere dov’è vincerebbe con maggioranza bulgara. Risposta ovvia a una domanda banale se prima di rispondere non immaginassero di entrare in una bolla di silenzio per trovarsi soli davanti alla Fontana. E lì, nel silenzio, prima di tutto chiedersi: Sono consapevole del valore storico, artistico, antropologico, sociale che ha? Mi sono reso conto che mentre ferveva il chiacchiericcio sul concerto sì o no hanno comunicato che la Fontana sta male e avrà bisogno di un consistente restauro? Mi sono chiesto perché dopo appena 22 anni dall’ultimo restauro ne ha bisogno di un altro mentre prima ne erano passati più del doppio? Ho dato il giusto peso a quanto ho saputo? Chi amministra la città vorrà e sarà in grado di coinvolgere la cittadinanza come fecero in passato con “Portiamo acqua alla Fontana”? In futuro avrà bisogno di un restaurò dopo 10 anni e poi dopo 5? E poi?
Sono solo alcune delle domande che inducono lo stato di salute Fontana e il grande cantiere che si è visto incombere su di lei, simili a quelle che suscitarono anni fa il grande palco per Radio Subasio o la massa di persone che radunò Ralph con il suo concerto per Umbria Jazz. Domande di fronte alle quali non ci si può dividere tra i raspanti e beccherini di antica memoria o fare i Ponzio pilato che lasciano andare le cose come vanno perché tanto che sarà mai oppure rifugiarsi dietro frasi del tipo ascoltiamo gli esperti, perché esperto dei propri sentimenti verso la Fontana è solo chi li prova e questo costringe ad essere onesti con sé stessi. Un’onestà che si deve alla Fontana perché lei con i perugini è stata è e sarà sempre onesta.
Insomma la Fontana di Piazza, da più di 700 anni madre e figlia di perugini e perugine, ha una sua psicologia e una funzione generatrice di senso. Ciò comporta per chi amministra la città, per chi rappresenta i cittadini nelle istituzioni, per chi svolge l’indispensabile lavoro del giornalista, per chi sta nelle aule scolastiche e universitarie, per ogni singolo cittadino e cittadina degli obblighi che sono gratificanti e rigeneranti se li si vuol assumere, si è in grado di sostenerli, si è consapevoli di quanto la Fontana ha dato dà e darà ad una comunità che ama tanto. È dalla consapevolezza su cosa si vuole venga fatto per lei e su cosa ancora significhi per sé stessi e la propria città che verrà la risposta alla domanda “vuoi che la Fontana rimanga dov’è? Sì o no”. Domanda non da poco che riguarda l’essenza d’una comunità di persone. Se la risposta sarà sì bisognerà adeguarsi a ciò che comporta un sì. Se sarà no la Fontana assisterà dall’alto della Sala Podiani al vivere della città sempre amorevole verso perugini e perugine ma - è già successo per la Pietra della Giustizia e Grifo e Leone – depotenziata. In Piazza, come loro, sarà sostituita da una copia che per le foto degli sposi, gli eventi, le radunate di tutto quello che a quel punto si vorrà, le guide turistiche, i selfie, le sue foto sotto la neve o da baciata dal sole sarà sufficiente mentre per dare senso a una comunità sarà invece inutile e muta.
Vanni Capoccia
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