Nelle precedenti due tornate elettorali per il comune di Perugia il centro sinistra ha presentato due candidati di qualità che sono stati sconfitti da un’onda crescente del centro destra mentre intorno a loro si sbriciolava ogni partecipazione di popolo. Stavolta è accaduto esattamente il contrario. Vittoria Ferdinandi sin dal suo esordio ha impersonato la novità e richiamato la partecipazione di tanti che non erano stati attratti dalle precedenti candidature.

Credo che ciò si debba certamente alla personalità della Ferdinandi ma soprattutto al fatto di non essere emersa attraverso estenuanti confronti fra partiti, meno nomenclatura e più radicalità. Da quello che ho raccolto tra i tanti che per la prima volta si sono dati da fare per un candidato di sinistra al Comune, è stato come se avessero capito immediatamente che questa candidata poteva vincere solo se l’avessero aiutata a questo rendeva il loro contributo essenziale e prevalente su ogni logica di potere partitico.

Il governo di una città come Perugia è una cosa complessa e alla Ferdinandi non servono consigli, tranne uno. Non cada nell’amministrativismo ma dia un segnale di vera novità proprio nelle prime settimane del rinnovato governo di Perugia.

La cosa pubblica non può essere abbandonata a se stessa o solo alla educazione dei cittadini. Ci vuole un custode che vigili e fornisca la manutenzione necessaria. Anche la cosa più bella degrada nell’abbandono.

Serve far fare a chi arriva o vive a Perugia l’esperienza della bellezza come salvaguardia.

Il Duecento fu un secolo che, come racconta Bonazzi su Perugia, “nulla di quello che veniva fatto non riusciva altro che bello”.

Non era una virtù dei cittadini ma del governo della città che aveva una struttura dotata di poteri, che impediva la crescita di quanto non era coerente con il suo contorno. Questa attitudine fu persa per sempre a vantaggio di una visione che valutava solo l’interesse dell’opera in sé priva del suo contesto. Fino agli obbrobri dei palazzinari e delle tangenti.

Mi ero proposto di non dare consigli e invece li do, sotto forma di esempi.

Il cambiamento politico si Perugia porta inevitabilmente l’attenzione sulla regione. Suggerirei di non accelerare i tempi e soprattutto di non avviare il solito maneggio partitico che tanto somiglia a un patto di potere.

Perugia ci dice che la sinistra può tornare a vincere. Non ci dice come se non nel senso di cui diceva San Tommaso parlando di Dio. “Poiché noi non possiamo conoscere Dio con la ragione non possiamo dire che cosa sia ma solo cosa non è”.

La candidatura per le regionali deve nascere dall’ascoltato più che che dal preconfezionato. Dovrà soprattutto dire come fare a trasformare la Regione da costo per i cittadini a risorsa per essi. Dovrà connettersi con le grandi questioni europee, visti i nuovi poteri intestati dalla Autonomia differenziata. Non si potrà essere agnostici sulla guerra e sulla pace , sulla povertà crescente e sulla disuguaglianza che nasce dalla precarietà strutturale del mercato del lavoro.

Infine niente primarie. Almeno niente primarie di coalizione Un rito inutile di importazione che nasconde dietro forme apparentemente democratiche la volontà di prevaricazione.

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