Chiara Frugoni ha dedicato gran parte della sua vita e delle sue energie per raccontare un’epoca tra le più ricche e affascinanti, in contrasto con la visione superficiale con cui è stato trattato molto spesso il Medioevo. Con una scrittura sempre piacevole anche se rigorosa, evitando l’uso di tecnicismi, ha cercato di raccontare al grande pubblico di oggi lo spirito di quei secoli evidenziando i più importanti momenti di trasformazione economica, sociale e culturale, catturando l’attenzione anche grazie al dialogo tra testo e immagini: mosaici, miniature, tavole, affreschi, disegni, tutte a colori e corredate da didascalie.

Nel Prologo del suo ultimo saggio, Donne Medievali, Sole, Indomite, Avventurose (il Mulino, 2021, pp. 405, euro 40,00) Chiara Frugoni così documenta: «Papa Gregorio VII (1073-1085) proibì ai preti di sposarsi; la compagna del sacerdote, prima sua sposa, divenne improvvisamente occasione di peccato da fuggire e da respingere». Nei due capitoli successivi espone come le donne nel medioevo siano state considerate addirittura «una specie a parte rispetto agli uomini» ed anche «delle pedine cedute ai partiti che sembravano più vantaggiosi, spesso date in moglie giovanissime, a volte bambine, passando dall’autorità paterna, dei fratelli e degli zii, a quella del marito».

Non diverso è il ruolo che riserva loro la Chiesa. Nei Vangeli invece alle donne è attribuita dignità e libertà: è Maddalena, unica testimone, ad annunciare ai discepoli la resurrezione del Signore. Due sorelle, Marta e Maria sono presenti in altri episodi a testimonianza del rilievo che hanno le donne nella vita di Cristo. Purtroppo Paolo, colui che si converte alla nuova fede sulla via di Damasco, non ha lo stesso sguardo benevolo per le donne, le descrive inferiori all’uomo, ordina di rimanere a lui sottomesse e di tacere perché è stata Eva, la prima donna a sedurre Adamo e indurlo a trasgredire la legge divina. Anche Tertulliano, scrittore romano e apologeta cristiano, all’inizio del III secolo, ribadisce la colpa di Eva chiamata “porta del diavolo” per aver tentato l’uomo. Nella biografia di un santo è luogo comune il travestimento del diavolo in bella fanciulla che ne mette alla prova la resistenza e la virtù. Questo il messaggio che passa ai suoi fedeli la Chiesa: non propone un modello positivo per le donne perché la figura femminile si divide tra la Maddalena, la grande peccatrice, e Maria, modello irraggiungibile in quanto donna che si sposa e partorisce restando vergine. Uomini e donne sono presentati in modo diverso: gli uni sono peccatori «incapaci di controllare impulsi e sentimenti»; le altre hanno un corpo «che porta inesorabilmente alla trasgressione: non sono un soggetto peccante ma un modo di peccare offerto all’uomo» come Frugoni scrive alla fine dei primi due capitoli introduttivi.

Il destino delle donne nel Medioevo è rimanere in ombra. Tuttavia «nell’indistinto paesaggio medievale femminile è possibile, con un po’ di attenzione, notare sulla condizione femminile nella società dell’epoca alcune eccezioni: donne con una personalità così speciale da lasciare dietro di loro una nitida scia che ripercorsa a ritroso, le porta di nuovo a noi vicine», così è introdotta la vita della prima delle figure femminili scelte da Chiara Frugoni che ne analizza cinque, dotate di una forte personalità: Radegonda, Matilde di Canossa, la Papessa Giovanna, Christine De Pizan e Margherita Datini.

Radegonda (518 - 587), una regina che diventa monaca.  giovanissima quando fatta prigioniera, come bottino di guerra è consegnata a Clotario, figlio del re dei Franchi, che la sposa. Ma Radegonda, come si legge nella Vita del poeta e scrittore Venanzio Fortunato, suo biografo e amico, costretta a un matrimonio non desiderato con un uomo violento, rifiuta ogni rapporto con lui, essendo «più partecipe di Cristo che unita a lui in matrimonio». In una delle miniature che illustrano la narrazione si vede il re che giace da solo disteso con gli occhi aperti nel letto, costretto all’astinenza mentre la regina è sul pavimento per sottolineare il rifiuto di unirsi al marito. Venanzio si sofferma sulla vita umile di Radegonda che si dedica a curare la gente povera del luogo, gli ammalati di lebbra e i più derelitti. Divenuta una tenace penitente, vive in stato di santità. ll ritratto agiografico del poeta suo amico la raffigura come una santa ascetica, incline a mortificazioni corporali. Un’altra biografia, quella di Baudovinia, una monaca vissuta nello stesso monastero, la racconta in modo del tutto diverso restituendo l’immagine di «una donna indomita e di grande autonomia mentale» che riserva la sua inesauribile energia anche ad attività ludiche o culinarie, e trascorre il tempo non solo in preghiera e penitenza ma anche in un’intensa attività politica, taciuta da Venanzio.

Potenti e sole è il titolo del capitolo dedicato a Matilde di Canossa e alla papessa Giovanna. La vita di Matilde (1046 - 1115) si svolge in una condizione di infelicità e solitudine. Per convenienza politica a ventitré anni accetta di sposarsi con il giovanissimo Goffredo il Gobbo, ma quel matrimonio è causa di infelicità per entrambi. Matilde abbandona il marito e si rifugia a Mantova dalla madre.

È una potente feudataria ed ardente sostenitrice del papato nella lotta per le investiture; personaggio di assoluto primo piano che in un’epoca in cui le donne sono considerate di rango inferiore arriva a dominare tutti i territori italici a nord dello Stato Pontificio. La lotta tra Impero e Papato è uno dei grandi temi della storia medievale. Protagonisti di questo scontro sono il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV. In una assemblea a Worm (1076) l’imperatore dichiara il pontefice decaduto. Gregorio VII reagisce scomunicandolo. Matilde si schiera con decisione al fianco del Papa che accoglie nella protetta rocca di Canossa. La scomunica induce Enrico IV a scendere in Italia per parlare personalmente col Pontefice che lo riceve nel gennaio 1077 mentre è ospite nel castello di Matilde. In quell'occasione l’imperatore, per ottenere la revoca della scomunica, è costretto ad attendere davanti al portale d'ingresso del castello per tre giorni e tre notti inginocchiato col capo cosparso di cenere. Matilde dedica gli ultimi anni ad elargire fondi per la costruzione di chiese e monasteri. La narrazione della sua vita ricca di eventi, si conclude con questo riconoscimento «fu una donna ardita, appassionatamente devota alla causa delle Chiesa, alla quale sacrificò ogni altro interesse, potente e sola, un destino subìto e voluto».

La papessa Giovanna, figura letteraria, la cui esistenza è quasi sicuramente una leggenda, raccontata per ben tre secoli, dal 1250 al 1550. Giovinetta si reca ad Atene dove studia in abiti maschili, si finge maschio ed è eletta al soglio papale, ma è smascherata. Durante una processione sacra a Roma partorisce un figlio rivelando la sua natura di donna. Frugoni dà un significato all’invenzione di questa figura femminile: «è una chiara manifestazione dell’ossessione maschile, la paura che la donna, possa esercitare delle prerogative maschili, la paura di un corpo di donna di cui si teme la perversa seduzione».

 

Christine de Pizan (1364-1430) è la quarta figura femminile alla quale è dedicato un capitolo ricco di notizie biografiche. Ha un’infanzia agiata. La famiglia vive a contatto con la corte di Carlo V. e il padre le insegna a leggere e a scrivere e le fa frequentare la grande biblioteca Reale del Lovre. Cresce in un ambiente stimolante, Anche la sua vita matrimoniale è per dieci anni felice, ma la morte del marito, notaio e segretario del re, la getta nella disperazione. Si trova a venticinque anni sola e con tre figli; costretta ad assumersi «la guida di una nave rimasta senza capitano in mezzo alla tempesta» non si demoralizza, ma diventa una donna autonoma e indipendente «capace di mettersi al timone e di portare in salvo se stessa e la famiglia». Non vuole più la protezione e la sicurezza economica di un marito, studia e conquista uno spazio proprio nel mondo affollato di autori maschi, invoca il riconoscimento della dignità delle donne opponendosi «a chi le vuole relegare nell’ambito delle attività domestico o vederle come strumento dell’appagamento sessuale de maschio». Scopre la scrittura, si mantiene svolgendo una professione riservata agli uomini, «prima donna a vivere dei proventi delle opere che compone con grande successo e in pochi anni. Nella Città delle Dame lascia un resoconto molto crudo dell’infelicità delle donne maltrattate «Quante donne ci sono che a causa della crudeltà dei loro mariti, passano una vita matrimoniale disgraziata, in più grave penitenza che se fossero schiave dei Saraceni? Quante botte senza causa né ragione, quante infamie, oltraggi, offese, servitù e ingiurie devono sopportare tante donne senza che nessuna protesti».

Dopo personaggi femminili così influenti ci sorprende la scelta della protagonista dell’ultimo capitolo, una donna semplice Margherita Datini (1360 -?) le cui le vicende quotidiane sono narrate attraverso la fitta corrispondenza che lei scambia con il marito Francesco, un ricco mercante sempre in viaggio, che durante la sua assenza vuole essere informato e a sua volta dare alla moglie consigli sulla gestione della casa e delle proprietà. Margherita è un autodidatta che impara a leggere e scrivere per non servirsi di scrivani e ricorrere ad essi per la sua corrispondenza. Le lettere coprono un lasso di tempo di ventisei anni, dal 1384 al 1410, anno della morte di Francesco. La vita di Margherita è documentata in queste lettere dalle quali. emerge la figura di una donna acuta e intraprendente in un ambito dominato dagli uomini. Nonostante la lontananza, i tradimenti, i figli illegittimi, Francesco ama Margherita tanto da confessare agli amici: «non mi sembra di essere uomo senza di lei».

Emerse dall’anonimato, le figure femminili, la cui vita è narrata da Chiara Frugoni, hanno lasciato una testimonianza importante del loro passaggio nel mondo.

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