Da molti anni il Censis e il suo direttore De Rita sostituiscono l'analisi scientifica della realtà con un linguaggio allusivo, sfuggente, che copre la debolezza interpretativa con parole vuote, ermetiche, che non restituiscono nulla della società italiana, salvo i convincimenti del suo direttore.
Ora utilizzare le categorie della razionalità e dell'irrazionalità per dare conto di un paese stremato dalla crisi, privo di soggetti organizzati capaci di far pesare interessi e aspirazioni, di riequilibrare i rapporti di forza nella sfera pubblica è un modo grottesco e privo di qualsiasi filtro interpretativo che poggi sulla natura delle diseguaglianze sociali ed economiche che erodono la stessa democrazia.
Una pretesa illuminista priva di lume, ma solo di giudizi superficiali.
Quando la gran parte degli intervistati individua nella concentrazione del potere una dimensione della realtà non si tratta di una spirale irrazionalista, ma di un sentimento che ha una base oggettiva, diffusa, di massa.
Che questo sentimento non presenti linee chiare, definite in termini di cultura politica e di orientamenti è la conseguenza dei fattori di cui sopra. Sarebbe strano il contrario!
Non si capirebbe nulla del paese che siamo diventati negli ultimi trent'anni se non si tiene conto di questo.
Non ci si può sorprendere se in una società in cui la democrazia è di fatto protetta, per non dire sospesa - in cui governi tecnici si susseguono dopo ogni crisi - possano sorgere movimenti populisti, di protesta, che manifestano la distanza tra paese legale e paese reale e non trovano sbocchi su cui esprimere bisogni e aspettative.
Bollare tutto questo come populismo, irrazionalità, demagogia, riflusso, è un modo per evitare di fare i conti con la realtà e allo stesso tempo è la strada per legittimare lo stato di cose presenti, con argomentazioni normative e senza alcuna analisi dialettica della società.
D'altronde i malanni della nostra democrazia sono anche il prodotto dell'arroccamento di pezzi di apparati che riproducono un discorso pubblico appiattito su un paese proiettato fatalisticamente al lungo declino.
 

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