Il territorio dell'Alto Chiascio sta dunque diventando il terreno di prova per sperimentare quel cambio di destinazione d'uso della nostra regione su cui anche recentemente abbiamo lanciato l'allarme. Dopo il fallimento dei tentativi a Gualdo e dopo la ribellione dei cittadini di Casacastalda è ora la volta di Fossato di Vico, l'ultimo dei comuni ad essere stato eletto a sito per ospitare una centrale a biomasse.

Le strategie, i meccanismi ed i percorsi per centrare l'affare sono identici. Prima si individua il lotto di terra dove non insiste alcun vincolo di natura urbanistica, poi si procede all'acquisto nel mentre  si prendono accordi col potere politico-amministrativo ed infine si presenta il progetto per la realizzazione dell'impianto. Il giochino così ricorrente si rende naturalmente possibile solo grazie ad alcune precondizioni: la certezza che la pubblica amministrazione locale dismetta in partenza ogni prerogativa di governo del territorio e di programmazione dello sviluppo, rinunci ad ogni opportuna valutazione d'ordine economico, sociale ed ambientale ed eviti accuratamente qualsiasi passaggio informativo e partecipativo con la popolazione.

Così è successo e sta succedendo anche a Fossato di Vico, dove si sarebbe preteso che la realizzazione di una centrale a biomasse nella zona industriale ovest potesse essere sottoposta al solo vaglio della solita conferenza dei servizi, con la speranza di mettere i cittadini di fronte al fatto compiuto.

L'opacità, la scarsa trasparenza e la partecipazione preventiva negata alla popolazione con cui nella nostra regione stanno proliferando questo genere di iniziative sono tra le cause principali che generano l'ostilità delle popolazioni locali.

Hanno dunque fatto bene i cittadini di Fossato di Vico ad insorgere contro questa possibilità perchè essa porta con sé più di un rischio, soprattutto dopo l'accelerazione che l'assessore regionale Rometti ha inteso dare in questa direzione. Con la delibera 494 del 7 maggio 2012 si cancellano infatti le precedenti disposizioni inserite nel regolamento regionale sulle rinnovabili che per le biomasse avevano selezionato gli obiettivi di realizzazione delle sole centrali piccole e a filiera corta. Nel nuovo provvedimento, oltre alla riduzione della distanza delle centrali dai centri abitati da 500 a 300 metri, si tolgono anche le limitazioni sulle distanze di approvvigionamento grazie all’escamotage della mancata fissazione del limite di 6 chili di CO2 prodotta per ogni tonnellata di biomassa trasportata.

Grazie alle maglie larghe di queste nuove disposizioni e con buona pace della battaglia per la riduzione delle emissioni di CO2, anche per l'eventuale centrale a biomasse di Fossato di Vico si potrebbe tranquillamente ricorrere all’approvvigionamento transcontinentale di materia prima che giungerebbe così in gran quantità dall’Africa, il Sud America e l’Asia, ovvero da quei continenti dove si è già prodotto uno sfruttamento intensivo dei terreni agricoli o delle foreste per colture utili alla produzione di biocarburanti o per la gestione degli impianti a biomasse, compromettendo spesso la biodiversità e sottraendo il territorio alla stessa produzione di cibo per il fabbisogno locale. Una situazione su cui ha preso recentemente posizione finanche l’Agenzia statunitense per la protezione ambientale (EPA) proclamando per queste stesse ragioni l’esclusione dell’olio di palma dall’elenco dei combustibili rinnovabili per gli standard di quel Paese.

Parimenti, volendo ragionare proprio nell'ottica delle rinnovabili, le emissioni di CO2 che si produrrebbero con il reperimento, la lavorazione, il trasporto e il processo di combustione finale della materia prima sarebbero tante e tali da non giustificare il ricorso alla realizzazione delle centrali a biomasse grandi e a filiera lunga: si produrrebbe anzi un saldo ambientale negativo.

Basterebbe questo per motivare l'opposizione della popolazione locale all'impianto, per pretendere un approccio più serio sulle rinnovabili e per evitare che con la scusa della green economy si possa dare vita anche nel nostro territorio ad una rincorsa verso attività lucrative che se ne fregano dell’ambiente e della sostenibilità e si preoccupano solo di accaparrarsi gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili che in realtà non sono tali.

Per la centrale di Fossato di Vico valgano poi le stesse considerazioni che abbiamo fatto per la nostra Città: con il conforto dei dati oggettivi e scientifici messi a disposizione da associazioni e comitati, la disponibilità effettiva e l’utilizzo sostenibile della materia prima in loco non sarebbero mai sufficienti a rispondere al fabbisogno di una centrale a biomasse così come progettata nel vicino Comune e l’apertura alle nuove possibilità può nascondere in realtà le mire per la realizzazione delle bioraffinerie per la produzione di biocarburanti.

Non solo: ultimamente l'intera materia è sottoposta a forti accelerazioni grazie ad alcuni provvedimenti legislativi varati dal governo Monti. Nel cosiddetto Decreto Sviluppo di Passera sono per esempio previste disposizioni che semplificano gli iter autorizzativi per la costruzione delle centrali, annoverandole tra le opere di rilevanza nazionale e per ciò stesso potendo concedere i nulla osta anche in presenza della contrarietà degli Enti locali e delle popolazioni interessate. Lo stesso Decreto Clini che consente di bruciare i rifiuti nei cementifici o negli impianti che avrebbero altrettante caratteristiche come un giorno potrebbe essere quello di Fossato di Vico costituisce nella prospettiva una minaccia ulteriore ed un ulteriore rischio.

Senza un progetto definito, dettagliato e trasparente, senza un piano industriale chiaro, senza una valutazione di impatto ambientale fondata sulla partecipazione diretta della popolazione e sul confronto dei dati e senza alcuna precauzione sociale, è sacrosanta la lotta che i cittadini di Fossato di Vico hanno ingaggiato contro la realizzazione della centrale ed è odioso dipingerli come mossi dal solito pregiudizio ideologico o, peggio, dall'ignoranza e dalla “superstizione”.

Non si lascino dunque ingannare dai ritornelli sulla semplificazione amministrativa ecc.. Se il Sindaco, la Giunta e il Consiglio comunale non intenderanno porre alcun ascolto alle loro ragioni o se  hanno già deciso di rinunciare ai poteri che gli sono stati conferiti dal popolo, il popolo si riprenda quei poteri e li eserciti direttamente, impedendo che si possa consumare un altro furto di democrazia e che si possa pregiudicare l'ambiente e la salute dei cittadini, solo per arricchire qualche speculatore che fa finta di intraprendere sull’economia verde e sostenibile.

Ad oggi non è dato conoscere quali siano le ragioni che hanno portato la politica e la pubblica amministrazione locale ad una così piatta accondiscendenza per un simile progetto che è buono solo per chi ne trae profitto e incentivi. Speriamo almeno che ci si astenga dal ricorrere al consueto motivetto delle opportunità occupazionali che esso creerebbe o, peggio, al ricatto più grande, quello che ti fa scegliere tra il lavoro e la salute. Non ci si provi, non nello stesso territorio in cui c'è una multinazionale che il mese di luglio ha fatto fare gli straordinari ai suoi dipendenti e nel mese di settembre si accinge a chiudere i battenti ed andarsene altrove a produrre le stesse merci.

Sarebbe un'ennesima presa in giro di una politica che ha evitato accuratamente di pretendere l'intervento del governo sulla vertenza Faber ed ha infine fatto calare il silenzio sulla certezza che oltre cento di quegli operai sono prossimi alla cassaintegrazione e alla disoccupazione.

Due o tre posti di lavoro contro cento non giustificano il refrain. Siamo stati chiamati da alcuni dei cittadini impegnati nel comitato civico ad intervenire sull'argomento: la Sinistra per Gualdo sostiene le loro ragioni e si impegnerà affinchè nessun centrale a biomasse possa essere installata nel territorio dell'Alto Chiascio contro o senza il parere delle popolazioni.

GIANLUCA GRACIOLINI

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