Autonomia differenziata il Comune di Perugia dice NO
Idee Persone Perugia, già prima di Natale, ha presentato in Consiglio comunale, insieme al Movimento 5 Stelle, un Ordine del giorno incentrato sul dibattito che si è aperto dentro e fuori le istituzioni intorno alle possibili declinazioni del principio di “autonomia” sancito dalla Costituzione. Il ministro Calderoli a tale proposito ha, infatti, presentato un Disegno di legge che, qualora approvato, consentirebbe alle Regioni italiane che ne facessero richiesta di esercitare in modo differenziato sulla base di una semplice intesa con il governo la propria autonomia anche in materie di primario rilievo nazionale, come ad esempio sanità, istruzione, ambiente e salvaguardia del territorio, contrattazione del lavoro.
Un nutrito ed assortito gruppo di giuristi e costituzionalisti ha, per contro, avviato una raccolta di firme per presentare un Disegno di legge di iniziativa popolare che regolamenti questa opzione, riconducendola alla valutazione preliminare del Parlamento e condizionandola al rispetto dei principi di solidarietà ed unità nazionale che erano stati posti alla base del processo che ha portato alla istituzione degli enti regionali.
Il nostro atto, nello specifico, chiedeva alla Giunta comunale, come è stato fatto in altri comuni su iniziativa di consiglieri del M5S e di Alleanza Verdi-Sinistra (gli stessi movimenti politici che si stanno adoperando di più per la raccolta delle firme necessarie a presentare quest’ultimo Disegno di legge), di impegnarsi ad accelerare il dibattito parlamentare su questa materia ed a garantire, sempre e comunque, il rispetto dei principi costituzionali e la loro salvaguardia da spinte autonomistiche che non trovino un fondamento nella stessa carta costituzionale.
Per rafforzarne lo spirito che ne era alla base, spogliato di qualunque sovrastruttura ideologica, avevamo anche organizzato alla Sala dei Notari lo scorso 18 febbraio un convegno, peraltro molto partecipato, che attraverso relazioni autorevoli di tecnici e politici, potesse illustrare meglio ai nostri concittadini i possibili rischi che l’Italia potrebbe subire da una deriva asimmetrica del regionalismo, principio che pure i nostri legislatori hanno fortemente voluto a suo tempo introdurre nel nostro ordinamento.
Decliniamo tutta questa premessa all’imperfetto perché la maggioranza del Consiglio Comunale, compatta come non mai, ha trattato con preoccupante indifferenza questa nostra proposta (forse ispirata dalla posizione tiepidamente favorevole della Presidente Tesei che ha definito la Legge Calderoli una opportunità per la nostra regione), sfuggendo al confronto sui contenuti e limitandosi ad un voto nettamente contrario.
Addirittura in chiusura di dibattito in Consiglio si è evidenziato il beneficio che l’Umbria potrebbe trarre da una gestione autonoma delle fonti idro-elettriche, uno dei pochi ambiti in cui primeggiamo, dimenticando su quanti altri settori sono proprio i principi di equilibrio e solidarietà tra regioni a darci ossigeno. Nessuno, però, sembra conscio dei reali rischi che corre il nostro piccolo territorio, fisiologicamente privo di sbocchi al mare e industrie, nel pieno di una fase economica a dir poco “critica” e, addirittura, in difficoltà a garantire i “livelli minimi delle prestazioni” (indicatore primario dell’ordinamento regionale ordinario) ad esempio nel settore della sanità.
Nessuno pare aprire gli occhi ed interrogarsi di fronte ad una simile prospettiva, tanto più in un capoluogo che non ha nemmeno un suo Santo cui appellarsi (ai vari Francesco, Chiara, Benedetto, Rita, Romualdo, Ubaldo noi oggi possiamo contrapporre solo Santopadre) e tanto meno nei partiti della maggioranza di governo che fanno dell’identità nazionale e dell’unità di patria i propri principi fondanti.
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