“Le donne di Roma” di Annelise Freisenbruch. Recensione di Maria Pellegrini.
Annelise Freisenbruch, giovane scrittrice inglese laureata in lettere classiche al Newnham College di Cambridge e insegnante di latino nella contea del Dorset, ha pubblicato nel 2010 - in una edizione in lingua inglese - un volume sulla vita pubblica e privata delle consorti o madri degli imperatori di Roma - a partire da Livia, moglie di Augusto, fino a Elena, madre di Costantino - dal titolo “The first ladies of Rome. The women behind the Caesar”, tradotto in italiano “Le donne di Roma”, sottotitolo “Potere, sesso, e politica in età imperiale” (Bruno Mondadori ed., pp.338, € 25,00)
Nel tracciare il ritratto delle donne imperiali Annalise Freisenbruch indaga nella loro sfera privata e pubblica avvicinando il lettore alle loro figure tratteggiate basandosi su documenti storici, ma in modo così affascinante e suggestivo che il lettore ha l’impressione quasi di rivivere le loro vicende. L’autrice premette che le biografie delle first lady di cui parlerà «non avrebbero mai avuto nessuna dignità storica se non fosse stato per gli uomini che avevano sposato o per i figli che avevano generato. Le loro biografie erano senza eccezione, costruite nell’ombra e nel riflesso di quelle dei loro compagni».
Vediamo sfilare le donne della dinastia Giulio Claudia ricordate con avvincenti narrazioni. Livia, seconda sposa di Augusto, diviene modello del ruolo tradizionale della donna romana ma è anche molto influente nella vita di Augusto durante i 50 anni del loro matrimonio. Per tutto quel lungo periodo Livia è non solo la prima donna dell’Impero, ma anche la consigliera, la confidente e talvolta la complice più ascoltata e più influente dell’uomo che con la forza delle armi e l’ausilio d’una straordinaria capacità di manovra può essere considerato il vero fondatore dell’Impero.
Dalle fonti antiche (Velleio Patercolo, Tacito, Svetonio, Cassio Dione), e dall’interpretazione che di tali fonti hanno dato gli storici moderni, emergono tuttavia contrastanti giudizi.
Tacito è tra gli storici antichi, decisamente malevolo nei confronti di Livia da lui accusata di “occulti intrighi” per assicurare la successione al trono ai suoi figli Tiberio e Druso nati da un precedente matrimonio. Sono state da lei tramate le morti precoci di Gaio, Lucio, Marcello, nipoti di Augusto (i primi due, figli di Giulia, figlia di Augusto e Scribonia, il terzo, figlio di Ottavia, sorella di Augusto). Anche a proposito della morte di Augusto, Tacito. riporta, definendoli, com’è solito fare, “dicerie”, i sospetti che circolavano addirittura su una implicazione criminale di Livia in quel decesso.
Le due Giulie dette in seguito Giulia maggiore e Giulia minore per distinguere la prima, figlia di Augusto e della sua prima moglie Scribonia, dalla seconda, figlia di Giulia e Agrippa, e quindi nipote di Augusto, non hanno avuto comportamenti virtuosi.
Tacito sintetizza in modo lapidario la loro condanna: «Come la fortuna fu propizia ad Augusto nelle vicende dello Stato, così gli fu avversa in quelle della famiglia per la condotta scostumata della figlia e della nipote, che egli allontanò da Roma punendo i loro amanti con la morte o con l’esilio» (“Annales”, III 24).
Morto Augusto gli succede Tiberio. La madre Livia che lo ha fatto designare dal marito suo successore, intende dividere con lui il potere ma ciò provoca grande conflittualità tra i due. Tiberio mal sopportando le prevaricazioni di una madre così invadente, dopo dodici anni di regno, nel 26 d. C., si ritira a Capri, lasciando il potere nelle mani di Seiano, intrigante comandante dei pretoriani, e di Livia. Ma, dopo il ritiro a Capri, il distacco di Tiberio dalla madre diviene totale. Mentre a Roma imperversa il potere incontrastato di Seiano, Livia vive gli ultimi anni in solitudine nella sua casa sul Palatino, dove muore all’età di ottantasei anni. Tiberio non si degna mai di farle visita durante la malattia che ne causa la morte, né è presente alle esequie
A Tiberio succede Caligola figlio del valoroso Germanico (nipote dell’imperatore Tiberio perché figlio di Druso, fratello di Tiberio) idolatrato dalle legioni e morto in circostanze misteriose dopo aver riportato numerose vittorie sui Germani e per questo accolto con entusiasmo dal popolo. Le sue quattro mogli non suscitano l’interesse degli storici, Freisenbruch, non le considera delle first lady. Dopo la congiura che porta all’uccisione di Caligola, nel 41 d. C., gli succede Claudio in quanto unico membro maschio superstite della dinastia giulio-claudia, e soprattutto in quanto fratello del più famoso Germanico.
La vita coniugale di Claudio è senza dubbio sfortunata. Se fino a cinquant’anni subisce il disprezzo della propria famiglia, in seguito la sua l’immagine è screditata dalle vicende legate alle sue due terribili mogli, prima Messalina, la cui famiglia risale sia per parte di padre che di madre ad Augusto stesso, poi Agrippina Minore, figlia di Germanico e sorella del precedente imperatore Caligola. “Le streghe del Tevere” sono chiamate dall’Autrice, queste ultime due imperatrici giulio-claudie.
Le nozze di Messalina con Claudio sono celebrate sicuramente per motivi di convenienza e secondo la prassi degli usuali intrecci dinastici per rafforzare il potere e cementare le alleanze. La giovanissima e bella Messalina non può certo desiderare il connubio con quel suo procugino molto più vecchio di lei, Alcune monete e un busto di epoca romana la ritraggono bella come la fama vuole; in queste immagini ufficiali, ovviamente, non vi sono tracce di quella sfrenata lussuria per la quale è universalmente - e forse esageratamente - nota. Giovenale nella più lunga e violenta delle sue satire contro le donne, dà un ritratto poco edificante di Messalina narrando che per pura lussuria l’imperatrice fugge di notte dal talamo regale per andare a prostituirsi in un lupanare.
Agrippina è figlia di Germanico e sorella di Caligola. Sposa Domizio Enobarbo da cui ha il figlio, il futuro imperatore Nerone. Il suo carattere ambizioso e volitivo si rivela per la prima volta nel 37, quando, asceso al principato Caligola, lei e le due sorelle, Drusilla e Livilla, cominciano praticamente a regnare insieme al fratello. Tuttavia più tardi, nel gennaio del 41, una nuova congiura organizzata dagli stessi pretoriani ha esito positivo e pone fine alla vita di Caligola a colpi di pugnale. Salito al soglio imperiale, Claudio vuole creare intorno a sé un clima di pacificazione generale proclamando un’amnistia, sospendendo i processi di lesa maestà e richiamando a Roma gli esiliati dei processi precedenti; tornano anche le due nipoti di Claudio, Giulia Agrippina e Giulia Livilla – figlie del grande condottiero Germanico –, implicate nella congiura contro Caligola, e da lui esiliate. Nello stesso anno in cui Claudio è eletto imperatore, la moglie Messalina dà alla luce un figlio maschio, Britannico. Irritata per l’influenza che Agrippina ha sul marito, Messalina prende subito a meditare l’eliminazione di quella pericolosa presenza nel Palazzo, dove lei sola intende essere regina. Agrippina non si lascia intimidire dalle macchinazioni di Messalina.
Anzi, per mandare ad effetto, i suoi piani a proposito dell’avvenire del figlio Domizio, il futuro Nerone, avuto dal precedente matrimonio, prende a circuire lo zio con affettuose premure le quali ottengono che il giovinetto, già amato dal popolo perché nipote di Germanico, susciti affetto e simpatia anche nell’animo di Claudio. Tali manovre tendenti a scavalcare Britannico, il legittimo pretendente alla successione imperiale, scatenano l’ira di Messalina, che per i suoi comportamenti scandalosi nel 48 è uccisa in una congiura di palazzo, ordita dal liberto Narcisso e con il consenso di Claudio. Per Agrippina la via alle nozze con l’imperatore è aperta e avviene presto. Convince l’imperatore ad adottare Nerone. Raggiunto lo scopo che si è prefissa, non ha esitazioni ad eliminare il suo sposo facendogli mangiare un piatto di funghi avvelenati. La via al trono per il figlio diciassettenne Nerone preparata con tanta abilità e spregiudicatezza fa sì che il passaggio di potere da Claudio a Nerone avvenga senza incidenti. Ben accolto dal Senato e dalle coorti pretorie, egli diviene imperatore il 13 ottobre 54 d. C., e governa per i primi anni (il cosiddetto “quinquennio felice”) in concordia con il suo tutore Seneca, ma presto per l’ambizione di Agrippina - che non sopporta di essere messa da parte dal figlio divenuto imperatore grazie alle sue macchinazioni - il conflitto tra madre e figlio giunge al suo drammatico epilogo. La lotta sorda fra loro dura quattro anni e si conclude con l’uccisione di Agrippina da parte del figlio.
Gli ultimi momenti di questa orgogliosa donna sono narrati da Svetonio e riportati dall’Autrice: «Mentre è circondata e cominciano a cadere i primi colpi, raccoglie le ultime energie mentali per pronunciare una delle più grandi battute della storia. Mostrando il ventre al centurione che si prepara a trafiggerlo con la spada urla: “Colpisci qui!” indicando il grembo dal quale è uscito il suo infame discendente. I suoi esecutori la uccidono».
Il volume della Freisenbruch prosegue la sua narrazione tratteggiando virtù e vizi delle donne che affiancano gli altri imperatori. Seguono le first lady della dinastia Flavia che dimostrano come «l’influenza femminile rimane molto forte anche sotto questa dinastia» i cui imperatori sono Vespasiano, Tito, Domiziano.
Vepasiano sposa Flavia Domitilla, ma oltre alla moglie ha numerose concubine, fra le quali la prediletta Cènide divenuta sua compagna quasi ufficiale, oltre che sua abituale accompagnatrice nella lettiga imperiale durante gli spostamenti nella città.
Il figlio Tito, dopo tre matrimonio si lega a Berenice che vive con lei come se siano sposati.
Domiziano sposa Domizia Longina, figlia del grande generale Corbulone. Una donna che non dà un erede alla dinastia dei Flavi e commette più volte adulterio, per questo è ripudiata dal marito ma poi perdonata. Domiziano da lì a poco è ucciso durante una congiura cui partecipa anche Domizia.
Un altro capitolo del volume dal titolo “Le buone imperatrici” segnala le first lady del II secolo. Dopo la dinastia Flavia nel 96 si susseguono “cinque buoni imperatori” come li ha definiti Niccolò Macchiavelli: Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio che secondo l’Autrice governano «in un periodo storico di relativa stabilità, privo di omicidi politici e guerre civili, che vede Roma espandersi al massimo sotto l’aspetto territoriale». Eppure, le loro mogli ricevono poche attenzioni dagli scrittori contemporanei e di loro siamo informati dall’anonima “Historia Augusta”, considerata tarda e inaffidabile, infarcita di notizie false o romanzate e di citazioni inventate.
Faustina Maggiore sposa di Antonino Pio, è raccontata dalla tradizione come donna dai cattivi costumi, ma l’affetto del marito e il fatto che il senato dedica a lei e al marito un tempio fanno pensare a calunnie.
Plotina, sposa di Traiano, è lodata dai contemporanei per la sua cultura, fedeltà, modestia. Alla morte del marito avrebbe favorito l’elezione di Adriano annunciando che è stato adottato da Traiano
Di Sabina, il cui matrimonio con Adriano è stato combinato dalle rispettive famiglie, sono poche le fonti storiche che ne parlano, mentre numerose sono le testimonianze storico-letterarie che riguardano Adriano, e attraverso queste abbiamo notizie della personalità e del ruolo di Sabina accanto al marito. Il biografo Elio Sparziano, uno degli scrittori della “Historia Augusta”, nella “Vita Hadriani”, annota che era capricciosa e intrattabile (“morosa et aspera”)
Faustina Minore sposa di Marco Aurelio è da lui ricordata, adoperando i tradizionali stereotipi del modello ideale femminile, con queste parole “Dolce, amorevole, semplice”. Il loro matrimonio avrebbe garantito la continuità della dinastia, perché la fanciulla rappresenta il passaggio del potere dal padre Antonino Pio al marito Marco Aurelio. Faustina è eccezionalmente prolifica, dà alla luce tredici figli dei quali molti muoiono in tenera età. Cinque femmine raggiungono l’età adulta, dei maschi sopravvive soltanto Commodo,
Un intero capitolo è dedicato a “Giulia Domna, l’imperatrice filosofa” sposa di Settimio Severo. L’Autrice considera «L’ascesa della dinastia severiana guidata da Settimio Severo e Giulia Domna una delle pagine più memorabili della storia di Roma imperiale».
Settimio Severo è il primo imperatore africano e Giulia Domna la prima imperatrice orientale. Nata in Siria, riceve un’educazione letteraria, studia letteratura greca e retorica, s’interessa di filosofia e nel 187 sposa, quando non ha ancora 18 anni, Settimio Severo che nel 185 è rimasto vedovo per la morte di Paccia Marciana, sua prima moglie. Giulia Domna lo segue a Lione dove egli ricopre l’incarico di governatore della Gallia Lugdunense; qui nel 188 nasce il suo primo figlio Lucio Settimio Bassiano, che poi il padre chiama Marco Aurelio Antonino, per suggerire una parentela con la dinastia degli Antonini mentre da imperatore è ricordato come Caracalla, soprannome dovuto al mantello di origine gallica che era solito indossare. Nel 189 la famiglia, trasferita a Roma, è arricchita di un secondo figlio, Geta.
Settimio Severo diviene imperatore dopo un periodo di anarchia militare seguìto alla morte di Commodo, ucciso da una congiura nel 192. Eliminati i concorrenti, il 1 giugno del 193 Settimio Severo si fa designare imperatore dai suoi legionari mentre è in Pannonia; Giulia Domna durante la campagna militare di Settimio Severo contro il rivale Pescennio Nigro in Asia Minore, condivide con il marito l’intera spedizione in condizioni difficili mentre l’esercito marcia contro Nigro fino alla vittoria nel marzo 194.
Giulia Domna è la prima donna del periodo imperiale a esporsi e a dimostrare pubblicamente i suoi interessi per discipline “maschili” come la retorica e la filosofia. «Il caso di Domna può essere visto come una stravaganza permessa all’imperatrice grazie al suo stato altolocato e differente, ma può anche significare che, almeno per le donne di classe sociale privilegiata, gli studi privati in questi campi non sono poi così inaccettabili e rari», scrive Freisenbruch.
Settimio Severo associa alla guida dell’impero i figli Geta e Bassiano. Molto spazio è dato alla famiglia imperiale e a Giulia Domna che, in quanto madre della dinastia dei Severi, assume un ruolo di primo piano. L’idea che si vuole trasmettere, anche attraverso immagini scultoree che rappresentano la famiglia imperiale, è che gli dei hanno scelto alla guida di Roma l’intera famiglia legittimando così la discendenza. Nel 211 Settimio Severo muore ma tra i due figli nascono incomprensioni e ostilità fino al punto che Geta è fatto assassinare dal fratello Bassiano davanti agli occhi della madre.
Rafforzato il proprio potere, Bassiano, divenuto imperatore con il nome voluto dal padre Marco Aurelio Antonino, detto poi Caracalla, rende partecipe delle sue decisioni la madre che lo ha perdonato. Tra loro si stabilisce un rapporto di collaborazione politica molto stretto per cinque anni. Nel 217 Caracalla presso Carre, mentre muove contro i Parti, è ucciso in seguito a una congiura ordita dal prefetto del pretorio Macrino. Quando viene a sapere dell’assassinio, Giulia Domna cerca di uccidersi, ma sopravvive. Inizialmente Macrino, eletto imperatore dai suoi soldati, riconosce il suo ruolo di Augusta a corte, ma in seguito la esilia ad Antiochia, in Siria, e lei si lascia morire rifiutando il cibo, indotta forse degli insegnamenti stoici che considerano il suicidio una scelta morale di fronte alla tirannia.
Le notizie infamanti su adulteri e congiure da lei orditi, sull’incesto col figlio Caracalla, e addirittura sul matrimonio con lui, sono pure falsità divulgate per ragioni politiche dovute alle iniziative del prefetto del pretorio Plauziano per screditare una donna intelligente e colta, che ha aperto le porte della sua corte ai più importanti intellettuali del tempo i quali le attribuiscono l’appellativo di “imperatrice filosofa”.
Forse il capitolo più interessante (perché meno note sono le notizie qui riportate per i lettori appassionati di storia romana) è quello dedicato alle donne dell’età costantiniana e principalmente sull’importante figura di Elena, madre del futuro imperatore Costantino nato dalla sua unione con Costanzo, futuro imperatore di Roma.
Intorno a questa figura di donna nacquero svariate vicende biografiche a volte fantasiose. Se Costanzo la sposa prima o dopo la nascita del loro figlio è uno dei tanti argomenti di discussione. Alcune fonti la definiscono “uxor”, moglie, altre “concubina”. «Il termine non significava partener occasionale o prostituta» precisa Freisenbruch, «ma una relazione monogama e duratura...le dinamiche poco chiare della sua relazione con Costanzo creano una cortina di fumo che finisce per dimostrarsi assai favorevole per le ambizioni di Costantino che probabilmente incoraggia deliberatamente l’alone di mistero». Elena come moglie di Costanzo ricompare in seguito all’instaurazione dell’importante riforma costituzionale che va sotto il nome di tetrarchia (comando di quattro) ideata da Diocleziano (285-305).
Il potere è diviso tra due imperatori chiamati Augusti, uno per la parte occidentale dell’Impero, l’altro per la parte orientale. Gli Augusti sono affiancati da due vice, chiamati Cesari. Quattro donne condividono i doveri e gli impegni dovuti al loro ruolo di mogli dei due Augusti e dei due Cesari. Costanzo detto Costanzo Cloro o Costanzo I non considerando Elena adatta a rivestire il ruolo di moglie di un Augusto, l’abbandona e sposa Teodora. Di Elena non si sa più nulla nei successivi quindici anni. Nel 306 Costanzo muore a York in Britannia e suo figlio Costantino accorso sul luogo è acclamato successore dalle truppe del padre. Gli altri tetrarchi gli permettono di assumere il ruolo di Cesare.
Costantino prende subito le redini del potere nei quartieri generali del padre a Treviri,
A questo punto si presume che Elena sia stata dal figlio invitata a raggiungerlo e numerosi indizi sono citati a favore della presenza a Treviri di Elena, tra i quali il fatto che nel palazzo imperiale si trova un affresco nel quale si suppone che la donna sia raffigurata.
Le vicende della vita di Costantino proseguono fino divenire unico imperatore nel 324 quando riesce a riunificare l’impero sotto il vessillo della cristianità e poi quando nel 330 sposta la capitale a Bisanzio ribattezzata Costantinopoli.
Quanto a Elena sappiamo che all’età di 80 anni, intraprende un viaggio in Terra Santa. Lo scrittore Eusebio registra le tappe fondamentali del suo viaggio. Folle di persone accorrono a salutarla e lei dispensa denaro ai poveri grazie ai fondi imperiali che Costantino ha messo a sua disposizione. Alla sua morte che si tramanda si avvenuta mentre il figlio le è accanto, è posta in un sarcofago in porfido rosso posto in un Mausoleo innalzato a suo nome e ora visibile nei musi vaticani. Sui suoi resti fioriscono altre storie. Le sue spoglie, tolte dal sarcofago di porfido rosso, ora sono racchiuse in un un’urna nella chiesa di santa Maria dell’Aracoeli in Roma.
Intorno alla sua figura s’intrecciarono molti racconti di fatti e invenzioni tra mito e storia. La Chiesa ricordandola come colei che ha rinvenuto nel suo viaggio in Terra Santa la vera croce di Cristo la onora con un giorno di festa dedicato a lei nel Calendario della Chiesa occidentale, il 18 agosto.
La diffusione del cristianesimo nell’impero romano, seguita alla vittoria di Costantino nel 324, ha un impatto permanente suoi ruoli femminili non solo delle Auguste, che si succedono fino alla fine dell’impero nel V secolo, ma delle donne di ogni estrazione e provenienza alle quali è permesso di avere un ruolo all’interno della nuova religione, e la funzione di liberazione per le donne cristiane, svincolate dal dovere del matrimonio, come prima non avveniva.
Il complesso volume qui sinteticamente presentato, è ricco di notizie, approfondimenti su ogni aspetto della vita delle donne che hanno affiancato gli imperatori romani, analizzate anche nelle loro debolezze strumentalizzate spesso per poi denigrarle.
Per le donne che oggi sono in politica o sono partner di uomini politici o di potere, le first lady dell’Impero romano «sono portavoce di una lezione ancora molto importante», così ci suggerisce Annelise Freisenbruch nell’Epilogo del suo volume.
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