di Elio Clero Bertoldi.

PERUGIA - É nei momenti di crisi, di difficoltà, di pericolo, che una persona (o un gruppo umano) mostra il suo vero volto, il suo carattere, i suoi sentimenti, la sua tempra. 
Oggi il calcio ha strappato il velo di ipocrisia dietro al quale si muoveva. Il presidente Gabriele Gravina, a nome degli associati, ha annunciato che non verranno pagati gli stipendi ai calciatori a partire dal mese di aprile (pare di capire). “Tagliamo gli stipendi ai calciatori”, taglia corto Gravina.
I presidenti di una volta, definiti “ricchi scemi”, perché investivano nello sport o per amore della propria città (penso in primo luogo, per quanto riguarda Perugia, a Lino Spagnoli, a Spartaco Ghini, al gruppo di dirigenti capitanati da Franco D'Attoma) o per desiderio di gloria (il primo Luciano Gaucci). Loro un provvedimento del genere non l’avrebbero, quasi sicuramente, assunto. 
I dirigenti sportivi dei nostri giorni non solo lo prendono, ma anticipano che non ci dovranno essere “opposizioni” da parte dei dipendenti (calciatori, allenatori e le altre figure). Nemmeno il morbo fosse colpa dei calciatori. 
Qualcuno osserva che i protagonisti del calcio prendono troppo, che sono privilegiati. E, almeno in buona parte il ragionamento risulta veritiero, anche se sono stati loro - i presidenti, dico - a sottoscrivere i contratti. Nessuno ha puntato loro una pistola alla tempia.
Guardiamo tuttavia alla società nel suo complesso: oggi toccherà ai calciatori e domani lor signori, a cascata, lo faranno valere per gli operai, per gli impiegati, per i funzionari. Vi pare giusto?
Il calcio, al di là di questo aspetti, rivela con questa decisione il suo volto più autentico: arrivistico, affaristico, teso solo a far soldi. Altro che gesti di solidarietà (le donazioni di beni o servizi per gli ospedali e comunque per la lotta al Coronavirus). Altro che telefonate ai tifosi chiusi in casa in queste giornate di isolamento forzato. Pensate che siano dettate dalla solidarietà, dalla comprensione, dalla compassione? Alla luce di queste ultime prese di posizione si qualificano soltanto iniziative di marketing, di immagine. Fumo negli occhi. Si chiamano, nel linguaggio degli economisti, “fidelizzazioni” della clientela. Cioè di noi appassionati di calcio. E non basta.
Lor signori chiudono i rubinetti per i loro dipendenti e già sono pronti a bussare , sfacciatamente (l’hanno già anticipato con prese di posizione ufficiali), all’Erario sollecitando sostegni economici per i loro club. Capitalismo aggressivo: privatizzazione dei guadagni (fino ad oggi), socializzazione delle perdite. 
Ma davvero questi pensano che gli italiani abbiano l’anello al naso? La gente, anche i più sfegatati amatori del pallone, non si faranno fregare. E guai se il Governo dovesse abboccare alla trappola. Prima o poi dovremo tornare al voto. E diremo la nostra. 

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